Per il Ministero degli affari esteri il raggruppamento dei consolati è un metodo per rendere il sistema più efficiente. La quinta svizzera ritiene invece che questa scelta comporta una diminuzione della presenza elvetica all’estero.
Il raggruppamento di 20 consolati da parte del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) non è stato ben accolto dagli svizzeri residenti all’estero. L’ambasciatore Gerhard Brügger, direttore della nuova Direzione consolare (DC), un organo del DFAE avviato nel mese di giugno di quest’anno, spiega cosa ha motivato il suo dipartimento a compiere questo passo. «La decisione è maturata in seguito ad un’attenta analisi a cui il DFAE ha sottoposto la rete di rappresentanze svizzere all’estero», spiega Brügger in un’intervista scritta condotta da swissinfo. «In tale contesto, è per esempio emerso che in alcuni luoghi, la richiesta di servizi consolari è particolarmente bassa. Pertanto, il mantenimento di un consolato non è più giustificata», continua Brügger. «Sostanzialmente, è comprensibile che il DFAE voglia e debba gestire e razionalizzare al meglio le proprie risorse», afferma Rudolf Wyder, direttore dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) a swissinfo.ch. Tuttavia, tra i rappresentanti della quinta svizzera si è fatta avanti l’opinione che il DFAE stia andando nella direzione sbagliata raggruppando i consolati. «La Svizzera è sempre meno presente a livello consolare. Questo è un fatto che ha sollevato un grande malcontento nella comunità degli svizzeri all’estero e presso il Consiglio degli svizzeri all’estero», sottolinea Wyder
Linea giusta
Nella sua presa di posizione, Brügger ribatte affermando che l’esperienza fatta con i centri regionali la cui attività è già stata avviata (Hispaniola, Pristina, Pretoria, Bucarest, L’Aia e Stoccolma) «indica che ci troviamo sostanzialmente sulla strada giusta». Wyder, invece, afferma che tutt’al più si può parlare di ragioni di natura economica. «Ma la comunità svizzera sul posto non percepisce tale cambiamento in questo modo. Piuttosto, constata il fatto che i servizi forniti non esistono più oppure sono disponibili solo a lunga distanza. Oppure che la Svizzera, quando vengono chiusi consolati generali come quello di Amburgo o di Bordeaux, improvvisamente scompare dall’orizzonte».
«Abbandonati al nostro destino»
Secondo Wyder sempre più svizzeri residenti all’estero hanno l’impressione che la Svizzera non si interessi più a loro e abbandoni al loro destino gli ‘ambasciatori della Svizzera’, come li chiama volentieri il DFAE. «Il contatto con la quinta svizzera non viene interrotto. Gli ambasciatori che si trovano nelle loro vicinanze garantiranno il mantenimento del legame con la Svizzera», risponde Brügger alle paure della comunità elvetica all’estero. Wyder ritiene tuttavia che questo argomento sia un po’ ‘artificioso’. «I compiti diplomatici sono di natura politica. Mentre i consoli si concentrano, tra l’altro, sul contatto con la comunità svizzera». Si tratta di due livelli diversi, i consoli svolgono un ruolo particolare che i diplomatici non potranno mai sostituire. Wyder è preoccupato dal fatto che negli ultimi 20 anni, la metà dei consolati di carriera sono stati chiusi. «Nello stesso periodo, la popolazione svizzera residente all’estero è aumentata del 50%. Queste due tendenze sono diametralmente opposte». Pertanto, l’OSE vuole cercare un dialogo più «intenso e costruttivo» con il DFAE e intervenire presso il mondo politico affinché le risorse del dipartimento siano di nuovo aumentate per «rimanere presenti all’estero in risposta alla crescita delle comunità elvetiche».
Collaborazione con stati Schengen
Uno degli argomenti del DFAE per motivare i nuovi centri regionali è il cambiamento dei canali di comunicazione. Molti servizi possono essere offerti tramite e-mail oppure in Internet. «Organizziamo le attività in modo tale che, in regola, non sia necessario presentarsi di persona al centro consolare. I servizi offerti possono essere ottenuti in altri posti oppure gestiti via Internet o per posta», scrive Brügger. Anche Wyder pensa che queste siano delle alternative valide che seguono la tendenza odierna. Tuttavia, per quanto riguarda l’e-government, la Svizzera è tra gli ultimi della classe. «In questo caso, il carro viene messo prima dei buoi. Ovvero, prima sono chiusi i consolati e poi si inizia a offrire servizi a distanza». Secondo l’OSE dovrebbe piuttosto essere il contrario: «prima occorre sviluppare l’e-government. Solo dopo, poco a poco, si può ridurre la presenza sul terreno», sottolinea Wyder. Un altro punto importante è inoltre verificare la collaborazione con altri stati Schengen come viene già fatto nell’ambito dei visti. «Non ci sono ragioni per cui non si può collaborare con altri stati, per esempio per quanto riguarda il rilevamento di dati biometrici per i passaporti», afferma convinto Wyder.
Mistero consolati mobili
Anche se molti servizi possono essere offerti sotto forma elettronica, per esempio il rilevamento di dati per un passaporto biometrico deve avvenire ancora personalmente. Brügger annuncia che nel prossimo anno anche la Svizzera intende introdurre delle stazioni di registrazione mobili per sostenere il raggruppamento dei consolati. Le soluzioni di questo tipo sono già in uso per diversi altri paesi. «Un consolato mobile può assolvere tutte le funzioni e il suo utilizzo viene deciso in base alle necessità e alle possibilità», spiega il responsabile della Direzione consolare. Per il presidente dell’OSE Rudolf Wyder, il consolato mobile può sicuramente colmare certe lacune, ma al momento si tratta solamente di progetti futuri. Non si sa nemmeno dove sarà istituita la prima unità. «In ogni caso, un team mobile non è in grado di sostituire la presenza di un consolato in un determinato paese», conclude Wyder.
Foto e testo: swissinfo.ch, Christian Raaflaub