Quest’anno il Ramadan, il periodo di digiuno che dura un mese e che ogni musulmano deve rispettare, comincia proprio in questi giorni, il 21 agosto, e cade in un momento in cui il caldo, specie in alcune zone dell’Italia, si fa sentire, con conseguenze negative per coloro che lavorano all’aperto, come nei campi, a raccogliere pomodori, verdura, frutta e ortaggi. Si dirà che i contadini hanno sempre lavorato sotto il sole, ma qui non si tratta di condizioni normali, perché ai musulmani è proibito non solo digiunare, ma anche bere, oltre che astenersi dal fare sesso.
Si capisce, perciò, come lavorare sotto il sole senza poter bere un bicchiere d’acqua abbia sollevato più di un dubbio presso i rappresentanti di Confagricoltura, Coldiretti e sindacati confederali, i quali, nel mantovano, si sono riuniti in un Comitato per la sicurezza in agricoltura ed hanno elaborato un documento che sarà diffuso tra le imprese agricole e che è rivolto in modo particolare ai lavoratori stagionali musulmani.
In sintesi, nel documento si dice che durante le ore di lavoro bisogna assumere abbondante acqua, prima e durante l’attività lavorativa.
Fin qui nulla di male.
I guai cominciano quando si fa riferimento esplicitamente ai lavoratori musulmani precisando che chi lavora in giorni ed orari particolarmente caldi e umidi è obbligato – è questo il termine che ha infastidito le associazioni musulmane – ad assumere acqua, pena la sospensione temporanea dell’attività lavorativa, oppure – ed è questo che ha aumentato il livello della protesta – pena l’interruzione del rapporto in caso di recidiva, secondo le norme contrattuali e le leggi vigenti”.
Ben Mansur, rappresentante delle associazioni musulmane, obietta: “Questo provvedimento non deve essere applicato fino in fondo, e la parola “obbligato” non va bene: nessuno può obbligare una persona a interrompere il digiuno, anche se la salute della persona viene prima di qualsiasi cosa, anche del digiuno del Ramadan. La valutazione del rischio però deve essere lasciata al diretto interessato.
Comunque non è mai successo che qualcuno si sia sentito male durante il Ramadan per questi motivi. Un anno fa è morto un uomo nei campi, ma era un indiano, non un musulmano che seguiva il Ramadan”.
Il comitato per la sicurezza in agricoltura a Mantova replica con argomenti apparentemente inoppugnabili: “L’Azienda Usl dice che la responsabilità della salute del lavoratore è del datore di lavoro, per questo abbiamo sollevato la questione: magari la prospettiva del licenziamento può suonare provocatoria, ma serve per spostare la responsabilità sulla persona che si rifiuta di bere. Se si sente male e finisce al pronto soccorso non vogliamo essere chiamati a risponderne noi”.
A questo punto c’è da precisare che durante il Ramadan, che terminerà il 19 settembre, i musulmani devono digiunare dall’alba al tramonto, ma dal tramonto all’alba possono fare quello che vogliono, quindi possono bere a volontà. I rischi, insomma, sono limitati, perché nella notte si possono recuperare i liquidi e i sali persi durante il giorno con la sudorazione. Però il problema esiste lo stesso, perché nei momenti di calura non si può rimanere più di tre ore senza toccare acqua, anche se si è fatto il pieno all’alba.
Certo, possono essere messi in atto degli accorgimenti, tipo bagnarsi le braccia e la testa, ma è innegabile che il problema esiste e sono gli stessi rappresentanti sindacali e delle imprese agricole a svelarne la vera natura: “Credo che nei casi estremi, se si rifiutano di bere, si potrà arrivare alla sospensione dal lavoro, anche perché una persona in quelle condizioni non lavora bene. Dopo due-tre ore al sole nei campi senza prendere un po’ d’acqua non si sta più in piedi, e la resa scende”.
Insomma, i rappresentanti delle imprese agricole e, cosa nuova, dei sindacati, più che della salute dei lavoratori si preoccupano della resa, ciò di cui non si sono mai preoccupati ad esempio nel pubblico impiego, nella scuola, nella magistratura e via dicendo.
È pur vero, comunque, che il problema è più di diversità e di rigidità religiosa che di altro. Tra le cinque preghiere giornaliere e la stanchezza dovuta alla mancanza di idratazione, si finisce per lavorare poco e danneggiare il raccolto.
Per parte dei musulmani, bisognerebbe mostrare meno rigidità, sia perché si lavora in un Paese non musulmano e sia perché le regole quando sono troppo rigide finiscono per creare solo problemi.
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