Acolloquio con Rita Borsellino, eletta alle ultime elezioni europee per la circoscrizione Sicilia-Sardegna nelle liste del PD, che racconta come è nata la sua candidatura e illustra le priorità del suo programma per affermare e difendere i valori della sua terra
229.981: più che con le parole, sarebbe il caso di iniziare con i numeri. Un ottimo risultato…
E anche una grande responsabilità perché, come dicono alcuni dei miei ragazzi, è l’1 che fa la differenza, nel senso che ogni voto è stato importante, ogni voto è stato il segno di una fiducia che mi è stata data ed io devo rispondere ad ognuna di quelle 229.981 persone; questo è un risultato collettivo, e se l’abbiamo ottenuto è perché abbiamo lavorato bene e insieme, a lungo, senza scoraggiarci neanche davanti alle difficoltà o ai risultati negativi che pure ci sono stati.
Prima di entrare nel merito prettamente politico, una nota secondaria ma non certo trascurabile: queste elezioni europee hanno visto, rispetto al passato, una maggiore affermazione delle donne, tanto in Sicilia quanto altrove; si va verso un’Europa più femminile…
C’è stata una certa lungimiranza dei partiti che hanno candidato non solo più donne, perché il fatto di candidare più donne che poi magari sono ineleggibili è una presa in giro che sinceramente io non accetto, ma che, piuttosto, hanno avuto la capacità di individuare delle donne, delle candidature al femminile che fossero possibili per l’elezione; il fatto di avere scelto, per esempio, di mettere me come capo lista, nonostante fossi indipendente, è stato un segnale chiaro ed importante di apertura; di questo devo dare atto al partito.
Veniamo al programma elettorale, “Un’Europa dei giovani”, scritto insieme ad alcuni giovani che fanno politica o che sono comunque impegnati nel sociale e nel civile; i giovani hanno un ruolo fondamentale in questo suo nuovo percorso: sono stati determinanti per la sua candidatura e lo saranno anche in futuro, stando alle sue prime affermazioni…
Sicuramente; ma questa è una cosa che viene da lontano perché i giovani, fin dalle mie prime esperienze politiche sono stati protagonisti essenziali.
Non dimentichiamo quella che io ritengo l’esperienza assolutamente migliore, quella del treno “Rita Express”, auto gestito da questi ragazzi che riuscirono a fare una straordinaria rete di sostegno alla mia candidatura alla Presidenza della Regione, divenendo protagonisti di quel percorso.
È un rapporto che esisteva da prima, una fiducia che si è consolidata nel tempo; anche se quella non fu un’esperienza vincente, fu comunque importantissima perchè diede la misura del come, effettivamente, si poteva lavorare insieme; da allora quell’esperienza è continuata e non è un caso se adesso, nel 2009, sono stati i giovani a chiedere la mia candidatura; quando salutai i ragazzi del Rita Express che tristemente tornavano nelle loro sedi gli dissi: “Adesso voi ripartite, però io resto qui e continuo a lavorare, quindi ci vediamo di nuovo qui”.
Ed è stato di buon auspicio; li ho ritrovati in una dimensione sicuramente diversa, già inseriti in qualche modo nel mondo della politica; hanno strutturato questa mia candidatura e anche la campagna elettorale; e quindi è naturale che quella stessa idea che aveva portato alla mia candidatura fosse ora l’idea centrale del programma. I giovani sono già europei, parlano e capiscono il linguaggio europeo; è questa dimensione che bisogna valorizzare.
La sua esperienza unita all’entusiasmo e alle capacità dei giovani: un connubio che non può non essere positivo, no?
È straordinario, io credo che non sarei stata capace di fare una cosa di questo genere se non fosse nata e si fosse strutturata in questo modo, perché loro hanno dato a me l’entusiasmo per potere fare una cosa difficile, complessa e anche faticosa…
Lei si dichiarava stanca, aveva affermato di non voler più fare politica attiva.
Sì, avevo deciso così, volevo continuare con Un’altra Storia, (l’Associazione politica fondata dalla Borsellino, ndr) strutturare bene quel progetto, ma come politica attiva avevo veramente deciso di finire lì, era stata un’esperienza importante che però apparteneva al passato; poi ho sentito il dovere di dire sì ai ragazzi una volta che loro erano stati capaci, praticamente, di fare una proposta, di prendere un’iniziativa; avevo sempre chiesto loro di pensare con la loro testa, di non lasciarsi condizionare e così hanno fatto, prendendo una decisione coraggiosa: potevano anche essere emarginati all’interno dei partiti se questa esperienza fosse andata male o se, comunque, io non avessi accettato.
Lei ha affermato di voler portare “l’Europa in Sicilia”. Quali sono le tappe di questo viaggio?
Io voglio portare sicuramente la Sicilia in Europa, ma questo è abbastanza normale; l’importante, invece, è portare l’Europa in Sicilia.
Mi spiego: troppo spesso la Sicilia va col cappello in mano a chiedere qualcosa; lo vediamo in questi giorni, mentre si chiede al Presidente del Consiglio di risanare bilanci che ci hanno portato al disastro; lo abbiamo visto con i fondi strutturali, quando si è esultato perché la Sicilia era ancora obiettivo uno, mentre invece ci saremmo dovuti vergognare.
La Sicilia ha enormi potenzialità che non sono mai state utilizzate o sfruttate, nel senso positivo della parola; io voglio portare l’Europa in Sicilia perchè percepisca queste potenzialità che possono servire non solo alla Sicilia ma a tutta l’Europa.
L’Europa deve iniziare a considerare la Sicilia come potenzialità, non come una zavorra da portarsi dietro.
A tale proposito, quello dei fondi europei che arrivano in Sicilia e non vengono sfruttati è un nodo delicato.
E infatti noi, oggi, veniamo guardati male per questo, perché siamo quelli che continuano a succhiare risorse e poi non utilizzano, non realizzano, non fanno…
Anziché pensare a come fare per restare in obiettivo uno, dovremmo pensare a come utilizzare bene questi fondi, cosa che non si sta facendo, tant’è vero che son passati già due anni dalla nuova programmazione e ancora non ci sono neanche i bandi, o si sta cominciando faticosamente, solo adesso, a fare qualche cosa; occorrono maggiori controlli da parte dell’Europa, magari a scadenze più brevi, per verificare quali sono gli obiettivi raggiunti e quali quelli ancora da perseguire.
La prima cosa da fare a Strasburgo per la Sicilia è?
Io credo che la cosa più impellente nei primi cento giorni sia quella di fare un quadro chiaro di quelle che sono le necessità e di quali sono gli strumenti per poterle affrontare in maniera costruttiva; forse le necessità le conosciamo già, ma spesso non conosciamo gli strumenti.
In questa ottica, quella cioè di individuare gli strumenti giusti per le nostre necessità, ho già scelto le commissioni a cui partecipare: la prima è la Libe, quella che si occupa di diritti civili, libertà individuali, ma anche di giustizia, criminalità organizzata, affari interni, per continuare il lavoro che ho fatto fino ad adesso; l’ho integrata in seconda battuta con la commissione cultura perché si occupa soprattutto di giovani, diritto allo studio, scambi culturali, possibilità di aperture, di equiparazione dei titoli di studio, di mobilità, e questo già avvia anche a quella che credo sia l’esigenza più grande, soprattutto per i nostri giovani: il lavoro e, di conseguenza, il futuro.
Come Commissione permanente ho scelto invece quella sul Mediterraneo, che si occupa dei rapporti con i Paesi dell’altra sponda del Mediterraneo.
In uno dei sette punti del suo programma leggo “Lotta comune contro la criminalità”: interpretando questo risultato alla luce dei suoi risultati, di quelli di Sonia Alfano e di Crocetta…
Non dimentichi De Magistris…
…sì, anche De Magistris… questi risultati, dicevo, dimostrano che la lotta alla criminalità è sentita dalla gente che dimostra di avere un forte bisogno di legalità…
Sì, è una lettura corretta; credo siano proprio gli elettori ad individuare le persone che ritengono abbiano fatto qualcosa di concreto per l’affermazione della legalità; l’elettore ha bisogno di concretezza, non solo di parole, e quando reputa di trovare questa qualità in alcune persone, non può che premiarle.
Anche se l’Italia è il Paese in cui si è votato di più, la partecipazione alle europee non è stata molto elevata. Come far capire agli italiani l’importanza del Parlamento Europeo?
Il peso del Parlamento europeo è aumentato moltissimo negli ultimi anni e aumenterà ancora di più in senso legislativo.
Dobbiamo fare in modo che tale importanza venga percepita, instaurando un rapporto sempre più forte tra Europa e Sicilia, perchè in Sicilia si sappia cosa si fa in Europa e perchè in Europa si lavori sulle nostre tematiche.
Un’ultima annotazione numerica che si riaggancia alla considerazione iniziale di questa chiacchierata: 229.981 significa anche che è stata seconda solo a Berlusconi…
In certi punti anche prima!
Sì, anche questa è una soddisfazione, ma non tanto perché ho avuto più voti, quanto perché questo dimostra che non è vero che i siciliani sono succubi: il siciliano quando è “libero di votare liberamente”, e metto queste due parole all’inizio e alla fine, si esprime secondo coscienza.
Questo ci deve fare riflettere sul condizionamento del voto: lì dove il voto si può condizionare, il voto viene condizionato, e viene condizionato dal soddisfacimento fasullo di bisogni reali, di bisogni primari irrisolti, e allora anche le promesse, le illusioni, le chimere più strane vengono accettate.
Nelle elezioni europee, dove tutto questo non c’è, o c’è ma in misura decisamente minore, l’elettore si esprime liberamente; questo riultato è una conferma di quello che abbiamo sempre detto, che io, in particolare, ho sempre sostenuto, ovvero che il voto, in Sicilia, non è libero.
di ISABELLA LA ROCCA