Lasciamo da parte il motivo contingente della visita del Papa in Inghilterra – la beatificazione del cardinale John Henry Newman (1801-1890), convertitosi nel 1845 al cattolicesimo dall’anglicanesimo, fiero avversario del relativismo – e lasciamo da parte anche se Benedetto XVI è andato in Inghilterra in quanto capo di uno Stato sovrano o in quanto Papa.
Andiamo all’essenziale, che significa rilevare i significati più profondi della presenza di un Papa nel Regno Unito e soprattutto di quel che ha detto. Appena dopo la sua elezione, sei anni fa, l’attuale Papa scelse il nome di Benedetto XVI. “Un nome, un programma”, si dice, ed è vero. San Benedetto è il patrono d’Europa: il Papa intendeva lanciare un messaggio chiaro all’Europa, per molti secoli cristiana e cattolica e poi, dal 1517 in poi divisa in cattolici e protestanti. Il messaggio era – ed è – l’unità dei cristiani. Nel 1534 Enrico VIII, fino ad allora cattolico e difensore del Papa, ruppe con Clemente VII perché questi aveva negato il divorzio al re che, da allora, si sostituì al Papa e divenne anche capo della Chiesa Anglicana. Negli ultimi decenni c’è stato un dialogo religioso tra le due Chiese, al punto che molti anglicani, a causa dell’elezione a vescovo di omosessuali dichiarati e conviventi e dell’ordinazione sacerdotale delle donne, hanno chiesto di tornare al cattolicesimo.
Tutto questo è avvenuto senza scontri, in nome del dialogo e all’insegna del cristianesimo. Probabilmente, il superamento delle motivazioni storiche e teologiche delle divisioni dei cristiani, se vi sarà partirà sicuramente dal Regno Unito, dove comunque gli anglicani hanno sempre avuto riti simili a quelli cattolici. La visita di Benedetto XVI segue di 28 anni quella di Karol Woityla e da allora di passi in avanti ce ne sono stati parecchi. Il secondo significato, che è anche un forte messaggio al mondo, è la “reciprocità”. Il discorso del Papa è stato imperniato su due parole: “dialogo” e “reciprocità”. Il dialogo interreligioso è essenziale nella visione di Benedetto XVI e del cattolicesimo. Tra i popoli non possono esserci steccati e muri di qualsiasi genere: è il cuore del messaggio evangelico che si basa sul rispetto e sull’amore tra le persone. Di qui, la posizione di apertura della Chiesa cattolica favorevole alla richiesta di luoghi di culto da parte di altre religioni, siano esse di ispirazione cristiana o musulmana.
È chiaro che le moschee possono essere luoghi di ritrovo di terroristi ma questo è un problema che tocca alla polizia di risolvere. La Chiesa non vuole e non può dire di no ai bisogni di altri popoli di pregare. Però, dal Regno Unito, grande Nazione e simbolo di universalità in quanto ex impero, il Papa si rivolge ai potenti della Terra e soprattutto ai governanti dei Paesi musulmani per dire in primis che il dialogo deve avvenire non da una parte sola, e in secundis che proprio in nome del dialogo e della reciprocità che esso suppone deve essere garantita la libertà religiosa ai cristiani che vogliono professare la loro fede nei Paesi musulmani. Sicuramente dall’“altra parte” non ci sarà risposta, almeno nell’immediato, ma c’è chi la reciprocità la chiede.Terzo messaggio è la riaffermazione della universalità dei valori della civiltà cristiana.
L’Europa ha espunto dalla Costituzione il richiamo alle origini cristiane della sua civiltà, il Papa, sotto gli occhi del mondo, ne riafferma i valori e i capisaldi, che non sono validi solo in Europa, ma in tutto il mondo. Là dove la politica sembra dimenticare certi valori nella pratica quotidiana, il Papa è lì a ricordarli, e ciò facendo fa sentire alta e forte la voce di tutti i cristiani, anche di quelli ancora per chissà quanto tempo “separati”.
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