Nel suo ultimo film, in concorso al Festival Internazionale del Film di Romail regista emiliano sceglie di raccontare il passatola gioventù e la sua amata Terra
Carlino Vigetti è un giovane uomo intraprendente che innamora le donne con sospiri di sambuco. Inaffidabile e analfabeta è il giovanotto a cui nessun padre concederebbe in sposa la propria figlia, a meno che non difetti di bellezza e ingegno. Sisto Osti, ricco e avido proprietario terriero della zona, decide suo malgrado di ricorrere a Carlino per maritare almeno una delle sue due figlie. Comprato con la promessa di una moto Guzzi, il ragazzo si reca ogni sera a casa Osti per corteggiarle e decidere quale delle due impalmare. Ma il ritorno da Roma della bella Francesca, figlia adottiva di Sisto, butta all’aria i piani del genitore che dovrà capitolare davanti al sentimento sbocciato tra la figliastra e Carlino. Ostinati a sposarsi, e contro il parere di tutti, realizzeranno il sogno del matrimonio, ma la crisi è in agguato.Il cuore del film è la famiglia rurale di un tempo che Pupi scruta con gli occhi a fessura restituendocela così com’era e come vorrebbe fosse stata. Questo è un altro mattone del suo premuroso rifugio poetico che danza su quei ritratti, poco approfonditi, ma buffi, romantici e pungenti: la ragazza dalle trecce chilometriche per voto, le suore, le anziane devote, gli uomini in preda agli istinti e le graziose smaliziate. Tutti, nei ricordi fiabeschi e furbeschi di quelle radici del primo Novecento che si porta dentro. La nostalgia, ancora, qui è un gioco. Prodotto dalla DueA (società dei fratelli Pupi e Antonio Avati) e distribuito da Medusa, il film risulta una commedia agrodolce, con punte di romanticismo ma anche di cinismo. Il ruolo dell’uomo e della donna negli anni del fascismo vengono ben indagati, c’è consapevolezza delle dinamiche dei rapporti sociali a volte crude dell’epoca, che spesso facevano dominare il maschilismo su tutto il resto; tutto questo viene inserito nella vicenda raccontata e viene espresso apertamente, senza ipocrisia di sorta. Avati punta molto sugli attori e ci regala una fantastica Micaela Ramazzotti, nel ruolo della protagonista Francesca, alla cui tenerezza ci si affeziona. Al suo fianco un inedito Cesare Cremonini, per la prima volta attore, che dà un’interpretazione tutto sommato buona dello scanzonato ragazzotto di campagna Carlino. Di lui il regista dice: “Per quanto riguarda la scelta di Cesare Cremonini devo dire che è stata un’idea di mio fratello Antonio. Poi l’ho incontrato e mi ha colpito, prima di ogni altra cosa, la musica del suo parlare. Un’inflessione identica alla nostra, a quel mio parlare bolognese, ma direi addirittura da bolognese di via Saragozza, di cui vado orgoglioso. Cesare è uno di quei ragazzi belli e piacenti, come io non sono mai stato. Uno di quelli che le donne baciavano senza pensarci neanche un minuto. Mi è piaciuto il suo volto sorridente, ma anche un po’ da gaglioffo”. Come contorno gli incantevoli paesaggi della campagna emiliana, anch’essa in qualche modo protagonista, che riesce magicamente a farci tornare indietro di qualche decennio, alle origini della società di oggi. Le musiche, affidate a Lucio Dalla (già autore della colonna sonora del precedente lavoro di Pupi Avati, Gli amici del bar Margherita), accompagnano vibranti ogni momento del film fino alla conclusione, che lascia sul volto un sorriso accennato.