Il ministro Giulio Terzi in Birmania, terra di gas, petrolio e pietre preziose, dove ha incontrato il presidente e il Premio Nobel per la Pace
Il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi, si è recato in Birmania, come era stato annunciato già agli inizi di aprile, all’indomani delle elezioni suppletive vinte dal partito di Aung San Suu Kyi, il Fronte nazionale democratico, con 43 seggi su 44. Già allora, da più parti, si disse che il tempo di togliere l’embargo economico era giunto. La Birmania di Thein Sein, il generale che ha abbandonato la divisa e guida il governo dal 2010, sta sperimentando il cambiamento politico in senso democratico. Tutto questo processo è iniziato appena dopo il suo insediamento come capo del governo, pur tra varie difficoltà seminate dai suoi oppositori, parte dei quali sono tra i ministri.
Come abbiamo avuto già modo di dire, Thein Sein, adottò una decisione che lo fece apparire diverso da tutti coloro che lo avevano preceduto: disse no al progetto di una enorme diga che avrebbe costretto migliaia di contadini birmani a lasciare le loro terre. Lo disse sia perché si sentiva vicino al suo popolo, sia perché voleva allentare l’abbraccio con il potente vicino che considerava la Birmania (o Myanmar, secondo il nome politico dettato dal vecchio regime) sua terra di conquista. La Birmania, si sa, è poverissima, in molte regioni non esiste l’elettricità, ma è ricchissima di risorse minerarie: gas, petrolio e pietre preziose (giada, rubini). La Cina, di fronte al no al progetto della diga, ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma da allora, appunto è iniziato il cammino della Birmania verso il cambiamento. Dicevamo che dopo le elezioni vinte da San Suu Kyi, è cambiato anche il clima internazionale: Usa e Ue hanno tolto l’embargo, le merci possono entrare ed uscire liberamente, tranne le tecnologie militari. L’Italia è stata pronta a suggellare con un viaggio ad alto livello il clima nuovo. “Il segnale di sostegno politico andava testimoniato subito”, ha detto il ministro Giulio Terzi, accompagnato in Birmania dai rappresentanti dell’Eni e di altre industrie strategiche italiane, nonché dalla presidente dell’associazione degli orafi. Il ministro ha avuto incontri con Thein Sein e, separatamente, con il Premio Nobel Aung San Suu Kyi. La dichiarazione del ministro Terzi ha fatto seguito a quella di Thein Sein che ha detto: “Siamo sulla via della democrazia e dello sviluppo, e puntiamo a creare uno Stato di diritto”. La strada sarà lunga, ma lui è un tipo deciso, anche se dai modi cortesi. Gli occidentali lo chiamano Mister Clean, cioè Signor Pulito. L’appellativo si spiega perché durante gli anni dell’embargo non è mai venuto fuori nessun interesse personale di Thein Sein o di qualche membro della sua famiglia. In pratica, ha gestito il potere in maniera disinteressata e con gli occhi rivolto al popolo, non a se stesso o al suo parentado. Insomma, non è successo con lui come è successo con tantissimi altri regimi e dittatori che si sono arricchiti ai danni del popolo. No, Thein Sein è persona integra e lo è la sua famiglia.
Si comprende come il cambiamento sia stato possibile. Non che non abbia avuto avversari e nemici, ma costoro si sono ben guardati dall’andare oltre, altrimenti avrebbero rischiato grosso. Dal suo ingresso nella stanza dei bottoni la Birmania ha visto aumentare il Pil (prodotto interno lordo) da 36,4 miliardi di dollari a 54,6 miliardi di dollari e si è fatto promotore della pacificazione nazionale, che ora è solo agli inizi ma che sta facendo passi da gigante. E’ vero che questo nuovo clima è stato conquistato dal Premio Nobel per la Pace grazie alle sue convinzioni e grazie alla sua politica di non violenza nei confronti dei militari e degli avversari, ma è vero anche che se dall’altra parte non ci fosse stato Thein Sein, a quest’ora forse lo scontro non sarebbe stato acqua passata. Insomma, i due hanno convogliato le loro energie verso un medesimo obiettivo e i risultati si vedono, in politica interna e in campo economico e nella ripresa delle relazioni internazionali. Il ministro Terzi ha incontrato separatamente il Premio Nobel. Aung San Suu Kyi, infatti, ancora non ha messo piede in Parlamento per non giurare sulla Costituzione che ricalca vecchi sentieri. Il presidente Thein Sein, d’altra parte, ha dichiarato che ogni Costituzione è emendabile, quindi anche quella birmana. Di conseguenza, ha invitato il capo dell’opposizione a non arroccarsi dietro posizioni che non hanno più senso. D’altra parte, una Costituzione non si può cambiare dall’oggi al domani e in ogni caso non con un atto di autorità. La democrazia ha tempi lunghi, quei tempi che in Birmania d’ora in avanti vedono le parti avverse in uno sforzo congiunto per accelerare e consolidare il cambiamento.