Dopo solo cinque ore già in 7.500 avevano aderito all’iniziativa di un gruppo di Facebook che ha raccolto l’appello di Roberto Saviano “Siamo tutti osservatori”.
In tanti hanno infatti appoggiato e sostenuto l’iniziativa dello scrittore partenopeo “a non arrendersi e a denunciare tutti i tentativi di inquinamento del voto”.
Dopo l’articolo dello scrittore su Repubblica (Per un voto onesto servirebbe l’Onu), in migliaia si sono candidati, in nome dell’onestà e del coraggio, a controllare le prossime elezioni. Mettendo “a disposizione del Paese le forze della società civile” per impedire distorsioni e condizionamenti. L’iniziativa è stata lanciata da Arianna Ciccone, organizzatrice del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia e fondatrice del gruppo Facebook “La dignità dei giornalisti e il rispetto dei cittadini”. Lo stesso che nelle scorse settimane aveva raccolto adesioni per chiedere al Tg1, diretto da Augusto Minzolini, la rettifica per le notizie false date sul caso Mills.
L’evento durerà fino a mezzanotte del 29 marzo ed è organizzato da un gruppo che si definisce “apartitico” e si dice convinto “che i principi vengono prima di qualsiasi appartenenza e sono a fondamento del nostro stare insieme come società civile”.
Il gruppo aggiunge poi: “Come non era accettabile per noi che il principale tg della tv pubblica potesse dare una notizia falsa senza rettificare (e a tutt’oggi non c’è stata la rettifica, è stata solo data la notizia correttamente senza fare riferimento alla notizia sbagliata) non è accettabile oggi far passare sotto silenzio con una alzata di spalle una denuncia come quella di Roberto Saviano”.
E, riportando uno stralcio dell’appello dello scrittore, continuano: “Noi come Saviano non abbiamo paura a dirlo: «È necessario che il nostro Paese chieda un aiuto. Lo dico e non temo che mi si punti il dito contro, per un’affermazione del genere.
Chi pensa che questa sia un’esagerazione, sappia che l’Italia è un paese sotto assedio. In Calabria su 50 consiglieri regionali 35 sono stati inquisiti o condannati. E tutto accade nella più totale accondiscendenza. Nel silenzio. Quale altro paese lo ammetterebbe?»