Più della metà di questi uomini erano italiani installati in Francia, parte di quelle centinaia di migliaia, forse un milione, di nuovi emigrati. I nuovi immigrati furono sovente oggetto di vergognosi atti di ostilità e odio, come testimonia il precedente massacro dei lavoratori delle saline d’Aigues Mortes, el 1893. Ma ciò non impedì loro di integrarsi e impegnarsi in ogni momento di lotta per la libertà.
Tra i componenti del reggimento garibaldino del 1914 figurava, Lazare Ponticelli, morto nel 2008, a quasi cento undici anni. Con particolare ironia, questo rital, come vengono, ironicamente, definiti gli italiani in Francia, fu ritenuto un combattente col dono di Achille, un immortale senza il tarlo del piede fatale. ( Povero Ettore, a non essersene accorto ) L’anziano immigrato italiano ebbe diritto a dei funerali di stato, alla presenza dell’allora presidente della repubblica francese, Nicolas Sarkozy, e delle massime autorità cittadine. Lazare Ponticelli e la legione garibaldina subirono, nell’inverno 1914-1915, una grave sconfitta nell’Argonne.
Due nipoti di Garibaldi, Bruno e Costante , morirono da eroi in combattimento. I loro corpi furono rimpatriati a Roma e sepolti in pompa magna. Il loro sacrificio divenne un forte strumento di propaganda per gli interventisti. La legione garibaldina fu, tuttavia, dissolta dallo stato maggiore francese, che non sopportava un certo spirito anarchico dei suoi componenti. Con l’entrata in guerra dell’Italia, i garibaldini, all’interno del battaglione delle armi, si distinsero nella lotta contro l’armata austro-ungarica. Nel 1918, i componenti del battaglione, sopravvissuti alla guerra, rientrarono in Francia, integrando, in tal modo , il corpo di spedizione italiano, forte di 40.000 soldati. Uno dei soldati si chiamava Curzio Suckert, che cambiò il nome un po’ troppo tedesco in Malaparte e di cui era già nota la sua straordinaria esperienza politica e umana . Gli italiani si distinsero particolarmente a Bligny, presso Reims, nel corso della seconda battaglia della Marne.
Mostrarono un coraggio e un’ incredibile bravura, meriti riconosciuti anche dai commilitoni francesi. Les macaronis si sono ben comportati, scriveva, un soldato francese, ai suoi famigliari. Si sono fatti uccidere, eroicamente, sul fronte di combattimento. In totale, più di 5000 soldati transalpini, soccombettero sul suolo francese. Il cimitero italiano di Bligny testimonia il grande tributo di sangue dei nostri connazionali. Giovanni Facella, Domenico Vigo, Michele Forese, Vincenzo Vitale, Giuseppe Boero, fra i nomi degli emigranti senza ritorno tra le più di tremila croci e i quattrocento corpi non identificati sepolti nell’ossario.
Tutto attorno al cimitero, nelle giornate di primo ottobre, uomini e donne sono impegnati nella vendemmia per il novello Champagne. E forse, dalla nobile terra arriva un sospiro: un verre pour la paix e così sia. Michel Sicre, 63 anni, sindaco di Bligny, veglia sui suoi 130 amministrati e sulle migliaia di uomini, francesi tedeschi, britannici, italiani, tuttora indimenticati defunti del cimitero della memoria. Il suo villaggio fu conquistato e perduto una dozzina di volte la primavera e l’autunno del 1918.
Al suo fianco un vecchio conoscitore di storia mostra delle foto d’epoca con il villaggio totalmente distrutto nel corso dei combattimenti. Questo anziano agricoltore, oltre aver subito la distruzione della fattoria famigliare, perse, allora, i nonni. Nella mia infanzia, dice, non ho sentito parlare che di guerra. Ancora oggi, il sindaco è chiamato, cinque o sei volte all’anno, per il ritrovamento di un ordigno inesploso o una spoglia mortale. La guerra ha impregnato il suolo e le memorie di ognuno. Regolarmente e in ogni stagione, dei turisti italiani, o figli di immigrati, vengono al paese e in municipio per chiedere delle informazioni, notizie del passato. Fine della 2° puntata.
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