Le condizioni di vita in Svizzera sono considerate buone e si collocano ai vertici delle classifiche internazionali. Ciononostante, alcune disparità persistono sia a livello nazionale che internazionale. Il consumo di risorse non rinnovabili non consente di preservare le scorte disponibili per le generazioni future. Sono queste le principali conclusioni del «Rapporto sullo sviluppo sostenibile 2012», pubblicato congiuntamente dagli Uffici federali di statistica (UST), dello sviluppo territoriale (ARE), dell’ambiente (UFAM) e dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Un elevato tenore di vita perde importanza se le risorse sono distribuite in maniera diseguale all’interno di un Paese o tra un Paese e l’altro. Nel 2008, il 20% della popolazione svizzera più benestante guadagnava in media oltre quattro volte più del 20% meno abbiente. Questa situazione non ha subito alcun cambiamento significativo dal 2000. Ciononostante si osserva un arretramento degli squilibri, riscontrabile per esempio nella diminuzione delle disparità salariali tra uomini e donne (-23% tra il 1994 e il 2010). Nel campo della formazione, non tutti i gruppi di popolazione godono di pari opportunità. Per esempio, i giovani stranieri che non dispongono di una formazione post-obbligatoria sono quattro volte più numerosi degli svizzeri.
La distribuzione delle risorse presenta vistose disparità anche su scala mondiale. Per esempio, in Svizzera ogni abitante consuma quasi tre volte più risorse e servizi ambientali rispetto a quelli disponibili in media pro capite a livello mondiale. Tuttavia la Svizzera si è impegnata a distribuire le risorse tra i Paesi in maniera più equa aumentando dal 1992 in poi di quasi il 15% la quota del proprio reddito nazionale lordo stanziata per l’aiuto pubblico allo sviluppo.
I principi dello sviluppo sostenibile stabiliscono che le scorte di risorse non rinnovabili devono essere preservate al fine di permettere alle generazioni future di provvedere ai propri bisogni. L’aumento dei consumi osservato, tuttavia, non va in questa direzione: l’insieme dei bisogni materiali è aumentato di più del 20% dal 1992, comportando svariate conseguenze, tra cui un aumento della produzione di rifiuti (aumento di più del 30% di rifiuti urbani prodotti dal 1992). L’insieme dei bisogni materiali per unità di prodotto interno lordo (intensità materiale) è tuttavia diminuito di più del 5% dal 1992, soprattutto grazie ai progressi compiuti nei processi industriali e ad un aumento del riciclaggio. L’eredità delle generazioni future è preservata almeno in parte per quel che concerne il capitale umano: a dimostrarlo sono il miglioramento delle competenze in lettura dei quindicenni, la crescita degli occupati in settori quali la scienza e la tecnologia e l’aumento delle domande di brevetti depositati. A conti fatti, l’aumento della quota di prodotto interno lordo dedicata agli investimenti dimostra la volontà dell’economia di migliorare la propria efficacia e di preservare il proprio patrimonio produttivo.