Come ogni anno si é svolta a Palermo la Commemorazione per la morte di Falcone e Borsellino, i due giudici che hanno combattuto quel mostro silenzioso che é la mafia, anche a costo delle loro stesse vite. E quest’anno, oltre agli studenti italiani, sono stati invitati a partecipare sulla nave della Legalità, anche gli Istituti di lingua italiana all’estero.
22 maggio. La nave salpa come ogni anno da Civitavecchia, dove ci siamo riuniti in 1500. Oltre noi studenti di Zurigo, hanno partecipato anche le delegazioni di Atene ed Istanbul. Alle ore 13.00 ci siamo imbarcati ed ognuno ha ricevuto un badge di riconoscimento, le chiavi delle rispettive stanze e magliette e cappellini dell’evento con stampate le famose parole di Falcone: “Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Alle 16.00 le autorità istituzionali presenti ci hanno dato il loro saluto e ci hanno poi accompagnato nel nostro viaggio. Tra loro erano presenti il Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, il Presidente del Senato Pietro Grasso, che ci ha incitato ad affrontare con gioia e curiosità l’apprendimento e la conoscenza, perché questo ci darà la consapevolezza di essere cittadini del mondo, e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, con la voce spezzata dall’emozione, ha raccontato come ha vissuto lui quel 23 maggio di 22 anni fa, quando la notizia della Strage di Capaci sconvolse il Parlamento. Ed è lo stesso Presidente a ribadire che l’Italia conta su di noi per vincere questa battaglia, sulla nostra comprensione, sul nostro impegno, sulla nostra determinazione. Conta su di noi per un Italia migliore per noi e per quelli che domani saranno i nostri figli.
Alle 17 la nave lascia il porto e ci mettiamo in viaggio.
23 maggio. Dopo 15 ore di traversata con il mare un po’ mosso, siamo arrivati al porto di Palermo, qui ad attenderci c’erano 3000 studenti palermitani che ci aspettavano cantando I 100 passi, dedicata al giornalista Peppino Impastato, assassinato nel 1978 a causa delle sue denunce contro la mafia. “Si sa dove si nasce, ma non dove si muore e non se un ideale ti porterà dolore”, cantano i ragazzi palermitani mentre la nave si prepara all’attracco. “Benvenuti a casa! Benvenuti a Palermo!” ribadiscono, mentre noi all’unisono rispondiamo: “Palermo è nostra e non di Cosa Nostra!”. Ci dividiamo in gruppi e veniamo scortati nell’aula Bunker dell’Ucciardone, la stessa aula dove, tra il 1986 e il 1992, si tenne il Maxiprocesso che costò l’ergastolo a molti malavitosi. Dopo averci mostrato le vecchie interviste che ritraggono Falcone e Borsellino a discutere sul da farsi riguardo alla mafia, prende la parola la sorella maggiore di Falcone, Maria, che porta avanti la lotta attraverso la Fondazione istituita dal fratello per favorire lo sviluppo di una coscienza antimafiosa. Durante il convegno, inoltre, la ministra Giannini ci ricorda che “C’è sempre un percorso di sacrificio che non deve dare alibi: lì dove arretra la scuola, dove si indeboliscono le imprese e il lavoro, si crea un vuoto che la mafia può occupare”. Con noi presenziavano anche 8 studenti italo-americani arrivati il giorno stesso da New York, e con loro alcuni dirigenti dell’ FBI che, insieme ad alcune autorità italiane, hanno preso parte al dibattito successivo sul tema centrale di quest’anno: “Legalità e cittadinanza economica, sconfiggere le mafie attraverso un uso consapevole del denaro”. Alle 13.00 ci è stato offerto il pranzo al sacco dalla Fondazione Falcone. Il tempo non ci e’ stato favorevole, perché una leggera pioggia ci ha accompagnato durante quasi tutto il corteo per le strade di Palermo. Ma, come ci hanno confermato gli abitanti del posto, “Non c’é 23 maggio che si rispetti, che non si tenga sotto la pioggia, forse qualcuno da lassù vuole farci sentire la sua presenza e dirci che non siamo soli a combattere.” Alle 15.00 è iniziato il corteo che ci ha portato attraverso le strade di Palermo verso l’Albero Falcone, situato vicino alla sua vecchia abitazione in via Notarbartolo. La marcia sta a simboleggiare l’unione e la vicinanza dei ragazzi del resto dell’Italia ai ragazzi siciliani. Al corteo partito dall’Ucciardone se n’é aggiunto un secondo composto dalla gente del posto scesa in piazza insieme a noi per manifestare. Palermo ci ha accompagnato in ogni singolo passo fatto fino all’Albero: alle finestre lenzuoli bianchi, simbolo di indignazione e di ribellione di un popolo che, anche se stanco, non smette di lottare ogni giorno per gli ideali che ci hanno lasciato uomini come Falcone. Ed é lì che l’unione di tutti si avverte più forte. Più delle belle parole dette dai politici, più degli slogan e dei cartelloni sfoggiati: le facce della gente che ogni giorno si sveglia sperando in un futuro migliore, la faccia bagnata dalle lacrime della Signora Anna Falcone che accompagna da lontano noi, i suoi nipoti, con un quadretto bianco che ritrae il fratello, le facce dei bambini palermitani innocenti con in mano un palloncino che cercano di non farsi scappare, dei loro genitori che, con la stessa costanza dei bambini, cercano di non farsi sfuggire la propria libertà ed i propri diritti civili: è questo ciò che rende la lotta alla mafia una realtà che può e deve essere combattuta rimanendo uniti. Tutti insieme siamo arrivati sotto l’Albero Falcone e ci siamo stretti in un abbraccio comune; qui, dopo altri discorsi delle autorità, ci ha salutato anche Gianni Morandi con la sua chitarra e le sue canzoni. Alle 17.58 la Polizia di Stato ha suonato il silenzio commemorativo del ventiduesimo anniversario della strage di Capaci in cui hanno perso la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, morti perché ritenuti ormai troppo scomodi al crimine organizzato. Dopo un lungo applauso finiscono le manifestazioni dell’anniversario della strage. Alle 21.00 veniamo reimbarcati e facciamo ritorno a Civitavecchia.
Quest’esperienza ci ha dimostrato che, anche nel nostro piccolo, ci è possibile cambiare qualcosa, che oggi come 22 anni fa valgono gli stessi ideali e si rincorrono gli stessi sogni. Come disse un giorno Paolo Borsellino a Giovanni Falcone: “Giovanni, ho preparato il discorso da tenere in chiesa dopo la tua morte:“Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello; quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero… Ma oggi, signori e signore, davanti a voi, in questa bara costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti. Uno che aveva sognato niente di meno che sconfiggere la mafia applicando la legge”.
Giada Carbone