A volte nelle storie semplici si celano delle grandi verità dei nostri tempi. Come in quella de “Il Grande Albero”, un abete che nel corso della sua lunga vita diventa inconsapevolmente testimone sia di eventi di portata storica che di semplici avvenimenti della vita quotidiana e che poi all’improvviso viene collocato al centro della piazza più importante del mondo per la festività più solenne dell’anno. Con lui Crick, lo scoiattolo che da generazioni vive su di lui, che non ci sta a questa nuova collocazione imposta e si adopera per riportarlo nella radura austriaca da dove è stato prelevato. Ad aiutarlo c’è il più romano dei piccioni, Numa Pompilio, ma Crick capisce che l’unico che può fare qualcosa e compiere il miracolo è quel puntino bianco che tutti chiamano Papa. Così, dal bizzarro incontro di questi personaggi, nasce una bellissima storia d’amore, rivolta alle cose semplici e forse un po’ trascurate dall’uomo moderno. La scrittrice triestina Susanna Tamaro ci racconta e ci spiega questa fiaba moderna, pubblicata lo scorso fine ottobre, che lei stessa ha presentato al pubblico svizzero lunedì 30 novembre, durante un incontro promosso dall’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo.
Susanna Tamaro, può spiegarci il senso della favola?
È una fiaba soprattutto per adulti perché ha delle complessità che solo gli adulti possono capire bene. Naturalmente la storia, nella sua versione più semplice, è adatta anche ai bambini e ai ragazzi. L’ho scritta essenzialmente con l’intenzione di rivolgermi agli adulti perché credo che siano loro i primi ad aver bisogno di fiabe: viviamo in un tempo così buio, cinico, triste, che ci impone dei sentimenti così negativi che ho sentito il bisogno di realizzare un’opera che lanciasse messaggi diversi e che desse maggiore respiro su un’altra dimensione, diversa dal cinismo, dal consumismo e da tutta la realtà che ci viene imposta. Da 10 anni volevo realizzare una fiaba del genere ma tra voler fare e scrivere il passo non è breve. Cercavo una storia che mi permettesse di parlare di certe cose importanti che mi stanno a cuore ma non riuscivo mai a trovare l’ispirazione. Poi un giorno, mentre facevo una passeggiata in montagna, ho intrapreso un sentiero e di colpo mi sono trovata davanti un grandioso abete. È stato meraviglioso, come trovarsi un grande saggio in mezzo alla radura. Ho collegato subito che un giorno questo bellissimo abete sarebbe stato tagliato e portato in Piazza San Pietro a Roma per il Natale e in 10 minuti mi è venuta in mente la storia che aspettavo da 10 anni. È quindi la storia dell’albero di Natale di Piazza San Pietro e anche dei suoi primi 300 anni di vita trascorsi nella radura: nasce nel 700 e vede cambiare il mondo attorno a sé; vede una coppia giurarsi eterno amore sotto le sue frasche, incidendo il proprio nome su di lui; dopo un po’ di tempo, uomini che, frettolosi, passano con il cellulare, con gli auricolari, senza accorgersi più di lui, diventato solo un elemento del paesaggio a cui nessuno fa più caso.
In questo senso si può ravvisare una sorta di richiamo, e al tempo stesso un ammonimento, verso la modernità che spesso ci fa trascurare la spettacolarità della natura.
Certamente, vedere un albero è una gioia! Dovrebbe essere un’emozione che esplode dentro di noi perché noi siamo molto legati alla natura, siamo parte di essa. Io penso che il bambino sappia vedere ancora l’importanza e la grandezza della natura. Noi adulti, invece, siamo concentrati su altro, su questo logorio mentale che ogni giorno ci affligge.
Quindi si può dire che è una fiaba per adulti perché da questa lettura possono scoprire ciò che i bambini già sanno?
Esattamente, con la speranza che possano riscoprire la loro parte infantile, nel senso migliore: la capacità di stupirsi, di vedere le cose e amarle per quelle che sono, senza pregiudizi.
Il libro vive di personaggi particolari che interagiscono tra di loro: possiamo intravedere in loro caratteri e personalità umane?
Il personaggio dell’albero rappresenta tutto l’insieme della foresta che da 300 anni vive insieme a lui. C’è lo scoiattolo Crick che vive in lui da generazioni e che, come tutti gli autunni, si addormenta e si risveglia un po’ intontito in Piazza San Pietro. Qui conosce un piccione romano, Numa Pompilio, con cui, mi hanno detto alcuni miei amici romani, sono riuscita ad afferrare un tratto veritiero del “romano de Roma”, quello classico che sembra cinico, sbruffone e megalomane che invece è tutta apparenza perché si prende molto a cuore la situazione dello scoiattolo che è un po’ tonto. Crick, è un personaggio ingenuo, con due occhi piccoli ed innocenti che non capiscono perché tutta quella gente accorra lì da quel piccolo puntino bianco: lo percepisce come l’uomo più importante del mondo e quindi in grado di fare il miracolo. L’amicizia tra lo scoiattolo ed il piccione è stata una parte molto entusiasmante da scrivere. Il piccione, poi, è uno tra gli animali più odiati al mondo e quindi mi piacerebbe anche risollevare la categoria con Numa! Il Papa è chiaramente Giovanni Paolo II. Inizialmente avevo in mente un Papa generico ma se avessi fatto in questo modo comunque i lettori avrebbero cercato di identificarlo in qualcuno perché siamo abituati sempre a dare un nome ai personaggi. Vista la mia grande ammirazione verso questo Papa che sapeva parlare agli alberi e agli scoiattoli, più un uomo di natura che di curia, ho pensato a lui. Inoltre Papa Woytila ha incarnato nella mente di tutti l’idea di uomo sapiente e saggio.
Quale messaggio si coglie da questo libro?
Quello di procurare una grande gioia a chi lo legge. È un testo dalla doppia faccia perché fa ridere ed è commovente nello stesso tempo. Sicuramente emoziona sempre e poi lancia un grande messaggio di speranza: bisogna credere nei miracoli. Soprattutto grazie al piccolo Crick che vuole a tutti i costi salvare il suo amato albero. Lui crede fortemente in questa cosa che alla fine si realizza. Con questo vorrei dare alle persone la speranza di credere negli ideali e di lottare affinché questi diventino la nostra realtà quotidiana: anche se si è piccoli come Crick si può fare tanto!
Si nota una sua conoscenza minuziosa della natura: qual è il suo rapporto con essa?
A dire la verità sono nata e cresciuta in città però sin da bambina ho avuto questo rapporto straordinario con la natura. Se avessi intrapreso una strada scolastica diversa probabilmente avrei continuato con biologia o scienze naturali. Per anni ho fatto film per la televisione su animali e poi amo molto studiare da vicino le piante e gli alberi.
In questo libro esamina proprio il rapporto dell’uomo con la natura: cosa può fare l’uomo a suo parere per migliorare il rapporto con essa?
Io spero molto nei bambini che hanno una grande coscienza. Bisogna sperare anche che i politici comincino a rendersi conto della gravità dell’emergenza ambientale che, purtroppo, al momento viene sottovalutata. Si è quasi convinti che la Terra si possa saccheggiare come se fosse una riserva infinita ma non è così. Io adesso vivo in campagna e da due anni ho visto un preoccupante cambiamento delle specie animali e vegetali, fa quasi paura.