Al vertice Nato di Chicago si è concordato un piano per il ritiro dall’Afghanistan
A Chicago, dopo il summit del G8, si è tenuto il vertice Nato che aveva il compito di definire l’exit strategy dall’Afghanistan. Trattandosi di un vertice, c’erano i capi di Stato o di governo dei Paesi alleati. Per l’Italia c’era Monti, che però è rimasto solo il primo giorno in quanto in Italia erano successi il terremoto in Emilia Romagna e la strage di Brindisi. L’accordo sottoscritto riguarda il percorso “irreversibile” verso la fine della guerra più lunga e sanguinosa combattuta dalla Nato. Quali sono i punti dell’accordo? In realtà, non sono una novità. Di exit strategy si parla da tempo e da tempo sono state indicate anche le tappe della conclusione della guerra. Solo che ora sono non solo ufficiali ma anche più precise e definitive. Entro la metà del 2013 la sicurezza dl Paese passerà sotto la responsabilità delle forze afghane, il che significa che i 130 mila soldati della Nato passeranno in seconda linea, faranno cioè un passo indietro rispetto al fronte della guerra finora condotto in prima persona. Ma significa anche che gradualmente potranno rientrare fino al ritiro definitivo, stabilito entro la fine del 2014. Ma non è tutto.
Le forze della Nato, a partire dalla metà del 2013, saranno solo di sostegno alle forze locali, polizia ed esercito, fissati in numero di 228 mila uomini. Come detto, la sicurezza toccherà alle forze afghane: entro il 2013, esse dovranno essere in grado di controllare tutto il territorio, ciò che è un obiettivo, a giudizio degli osservatori internazionali e di vari alti funzionari della Nato stessa, piuttosto difficile da raggiungere. Gli Stati, quindi, si sgraveranno degli impegni militari e finanziari. Ad esempio, gli italiani sono attualmente circa 4000, dei quali resteranno solo qualche centinaio per l’addestramento e la formazione delle forze locali. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha già dichiarato che l’impegno finanziario sarà “considerevolmente inferiore” a quello attuale. L’Italia, inoltre, offrirà aiuti per 120 milioni l’anno per tre anni, sempre per la preparazione delle forze di polizia e dell’esercito. A livello di Nato, a partire dal 2015 gl’impegni finanziari non mancheranno per la formazione delle forze di sicurezza, l’addestramento e il pagamento dei soldati: è stato quantificato in 4,1 miliardi di dollari all’anno fino al 2024.
La Nato ha stabilito un limite – metà del 2013 – entro cui farà la guerra in prima persona, poi, come detto, toccherà agli afghani. I quali, tuttavia, non verranno abbandonati. Su questo concetto, il presidente Obama è stato chiaro: “Nel momento in cui gli afghani sono chiamati ad assumersi le proprie responsabilità, non saranno abbandonati”. Il Segretario Generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, nel ribadire i concetti sopra espressi, ha messo l’accento sulle difficoltà ma anche sull’ottimismo in merito alla capacità delle forze afghane di impedire che il Paese ricada facilmente nelle mani dei talebani. “Siamo consapevoli di quest’aspetto”, ha detto, “ma credo che saremo in grado di fargli fronte”. Anche Usa e Gran Bretagna lasceranno alcune centinaia di uomini che avranno compiti di intelligence e di antiterrorismo.
Sul dopo 2014 non sono pochi coloro che temono una rapida talebanizzazione del Paese, specie se si pensa alla loro capacità, espressa nell’ultimo mese, di penetrare fin nel cuore di Kabul per far esplodere bombe e seminare paura tra i cittadini, ma i comandi Nato ritengono, dati alla mano, di essere nel giusto quando dicono che sono i talebani ad essere stanchi e indeboliti da anni di guerra. A ciò si aggiunge il fatto che non pochi sono stati quelli, tra i talebani, che hanno accettato la pacificazione e il reintegro o nell’esercito nazionale o in un posto nell’amministrazione pubblica. E’ difficile dire se hanno ragione gli uni o gli altri. Una cosa è certa: ci vorranno anni, se non decenni, prima che il Paese compia passi in avanti nella direzione della democrazia e dello sviluppo.
Al vertice Nato di Chicago, il presidente Obama ha rivendicato di aver messo fine ad una guerra iniziata dall’amministrazione repubblicana che l’ha preceduto, anche se l’obiettivo del 2014 quale termine per la guerra in Afghanistan era stato fissato proprio dallo stesso Bush. In ogni caso, per Obama, autore materiale dell’exit strategy, può buttarlo sul piatto della campagna elettorale per rivendicarlo a suo merito per un altro mandato.