Il presidente afghano a Roma manda un messaggio a Sarkozy “Se gli alleati si ritirano prima, noi siamo pronti”
Botta e risposta tra Sarkozy e Karzai a proposito del ritiro anticipato delle truppe francesi ed alleate prima della scadenza della fine del 2014.Come si ricorderà, in seguito all’uccisione di quattro soldati francesi ad opera di un soldato afghano (fuoco “amico”), il presidente francese, parlando davanti ad una platea di ambasciatori in occasione degli auguri per il nuovo anno, complice anche il clima elettorale, aveva ventilato l’ipotesi di un ritiro anticipato se questo era il trattamento ricevuto per l’aiuto dato. Prima di Sarkozy, anche Obama aveva ventilato quest’ipotesi, suffragata dal fatto he già c’è stato un primo contingente di marines rientrato in patria.Ebbene, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera alla vigilia della sua visita a Roma, il presidente Hamid Karzai ostenta sicurezza. Dice in sostanza che la transizione è già iniziata e che le forze alleate, sia italiane e francesi che americane, ora, più che ai combattimenti veri e propri, dedicano tempo e risorse per istruire le forze di sicurezza afghane. Dunque, dice chiaramente Karzai, “se il processo viene accelerato e il ritiro avviene prima, non c’è problema. Noi siamo pronti. Se viene completato nel tempo deciso, va bene lo stesso. Il popolo afghano non perderà le conquiste ottenute. Non sono preoccupato da un ritorno dei talebani con le armi. Se torneranno grazie al processo di pace, sono i benvenuti”. Negli ultimi tempi, le frizioni tra le forze alleate e quelle afghane si sono irrobustite a causa di alcuni episodi poco onorevoli. Da una parte, il cosiddetto “fuoco amico”, cioè la maggiore frequenza con cui soldati afghani si mettono a sparare contro i loro commilitoni “alleati”, uccidendoli (di morti se ne contano 58), dall’altra atteggiamenti di arroganza da parte di marines nei confronti degli avversari uccisi e oggetto di derisione o, peggio, di dissacrazione, come quei quattro soldati americani ripresi mentre urinavano sui corpi dei presunti talebani appena uccisi. Esiste poi un rapporto americano, denominato Afghan Intelligence Estimate, la cui fonte sono i servizi segreti, che parla di un governo sempre più corrotto (quello di Hamid Karzai) e che difficilmente resisterà agli assalti dei talebani per la riconquista del potere, una volta partiti i soldati alleati. Esiste poi ancora un contrasto tra Washington e Karzai sulla sede delle trattative tra governo afghano e talebani per il processo di pace. Karzai voleva che la sede fosse l’Afghanistan, in quanto i talebani sono afghani, mentre Washington ha preteso che la sede fosse il Qatar. Teoricamente ognuna delle parti ha ragione. Ha ragione Karzai quando dice: “Avremmo preferito che quell’ufficio venisse aperto in Afghanistan, i talebani appartengono a questo Paese, perché dobbiamo incontrarci da un’altra parte? Il dialogo tra gli Stati Uniti e i talebani non è il processo di pace. Quello può essere solo un’iniziativa afghana”, ma hanno ragione anche gli Usa quando sostengono che un terreno neutro facilita l’intesa. Come si vede, tutti questi contrasti possono accelerare la scadenza stabilita e il ritiro potrebbe benissimo avvenire prima della fine del 2014. Gli alleati, complice la crisi economica, non vedono l’ora di chiudere il rubinetto degli aiuti a un Paese che dichiara “Noi siamo pronti” anche senza gli alleati. Come dire: se ve ne andate, a noi non fa né caldo, né freddo, sono ormai solo affari vostri. A questo punto, verrebbe da dare ragione a Sarkozy quando ha osservato: perché dobbiamo aiutare un Paese che ci odia e ricambia il nostro aiuto uccidendo i nostri soldati? La domanda potrebbe benissimo porsela anche il governo italiano che in Afghanistan ha 4.200 uomini: perché dobbiamo continuare ad aiutare un Paese che non ci vuole? Perché dobbiamo investire risorse finanziarie altrove quando in Italia la gente viene tartassata per far fronte alla crisi che tra l’altro non è italiana ma dell’euro, cioè dell’Europa che non vuole o non sa decidere per il meglio (vedasi la questione dei poteri della Bce)?
D’altra parte, se è vero che Karzai pubblicamente ostenta sicurezza, è vero anche che una volta andati via gli alleati avrà filo da torcere con i talebani, decisi a riconquistare il potere strappato loro dall’intervento degli alleati. La sua presidenza scadrà proprio nel 2014, in coincidenza con il ritiro ufficiale da tempo programmato. È sicuro che il regime relativamente democratico sopravviverà a quella data? Gli osservatori internazionali hanno forti dubbi, esattamente come li hanno per l’Iraq, da dove gli alleati sono già partiti alla fine dell’anno appena trascorso e già le cose si mettono male, con una recrudescenza spaventosa di attentati ed esplosioni. [email protected]