Il voto della maggioranza dei Paesi è nullo in quanto può decidere solo il Consiglio di sicurezza
La comunità internazionale tenta di aggirare il veto russo-cinese posto al Consiglio di sicurezza dell’Onu che di fatto e di diritto ha impedito qualsiasi risoluzione contro la Siria di Assad. Lo ha fatto con una seduta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite al termine della quale Assad è stato invitato ad aprire un processo democratico che porti ad un governo di unità nazionale, cioè in pratica alla sua uscita di scena. In sostanza, la mozione ricalca quella della Lega Araba e quella che è stata oggetto di veto. A votare la mozione sono stati 137 Paesi, 12 hanno detto no e 17 sono stati gli astenuti. La mozione, dunque, è stata votata a stragrande maggioranza, ma il suo valore pratico ed effettivo è nullo, in quanto conta solo quello deciso dal Consiglio di sicurezza che, come è noto, ha bloccato ogni risoluzione. L’unico valore del voto in plenaria è quello politico, che mostra da che parte stanno i Paesi membri, ma nello stesso tempo, mancando di conseguenze, rimane simbolico. A votare contro, ovviamente, sono state la Russia e la Cina ma anche l’Iran che dalla caduta di Assad avrebbe tutto da perdere. A votare a favore sono stati anche vari Paesi arabi, come l’Arabia Saudita, il cui voto favorevole va letto in funzione anti Iran, secondo un gioco di interessi, di alleanze e di convenienze. La Cina ha dichiarato che è contraria al ”caos e alla guerra”, che non parteggia per nessun regime, ma di fatto parteggia per Assad e un motivo c’è: un giorno anche la Cina potrebbe essere accusata di violazione dell’autonomia delle minoranze e subire la stessa sorte (vedi questione Tibet). La Lega araba aveva chiesto nei giorni scorsi l’invio dei caschi blu, ma la proposta non ha potuto avere nessun seguito in quanto questa è materia del Consiglio di sicurezza che, come già detto, non può più andare avanti dopo il veto russo-cinese.
Il regime di Assad, come era prevedibile, ha proposto un referendum istituzionale, ma, come era altrettanto prevedibile, le opposizioni hanno snobbato la proposta. Per le opposizioni quello che conta è unicamente la fine del regime di Assad, ogni altra cosa è vista come inutile. Siamo alla ”mors tua, vita mea”, non c’è possibilità di dialogo. Il regime cerca di risalire la china patrocinando manifestazioni di piazza a favore di Assad e procedendo ad una capillare repressione dei nemici che vogliono abbatterlo. Sulla carta, in realtà, il potere di Assad non è minimamente scalfito, perché ha sempre in mano tutte o quasi le leve del potere. Dunque, nessuna sorpresa dal lato interno. Le brutte sorprese per lui potrebbero venire dall’esterno. In primo luogo dai Paesi ”amici della Siria”, che si raduneranno a Tunisi il 24 febbraio. Questi Paesi potrebbero decidere di finanziare gli oppositori in esilio e di allargare la sensibilità delle nazioni contro Assad. In realtà, il vero pericolo per Assad potrebbe venire da Israele. Se, come sembra, Israele è sul punto di attaccare i siti atomici dell’Iran, e se i suoi attacchi avranno successo, l’Iran potrebbe essere indebolito, al punto da subire esso stesso una rivolta di massa contro l’ayatollah Khamenei e innescare un periodo di turbolenza e di manifestaioni di piazza, dando fiato alla ”primavera araba” finora abortita in Iran. Ecco, la debolezza dell’Iran potrebbe privare la Siria di Assad di un sostegno forte al punto da finire per essere travolto da un’opposizione finora impotente ma dopo magari rinfrancata e rafforzata da un obiettivo – la caduta di Assad – a portata di mano.