Polemiche sulla sortita di Marcegaglia sui fannulloni e gli assenteisti in fabbrica e sulla necesstà della modifica dell’articolo 18
Se la riforma del lavoro sarà come la liberalizzazione dei taxi, delle farmacie e dei notai, si sarà fatto un buco nell’acqua che non serve a nessuno, né tantomeno al Paese. Se dobbiamo giudicare dall’andamento della discussione in Parlamento, le licenze dei taxi saranno decise ancora una volta dai sindaci, il numero delle farmacie sarà stabilito in ragione di una ogni 3000 o 3300 abitanti, ma a parte qualche cifra, tutto resterà sostanzialmente come prima, quindi saranno liberalizzazioni abortite. A meno che Monti non decida – e farebbe bene – a porre il voto di fiducia sul testo varato al Cdm, che peraltro non era rivoluzionario. Staremo a vedere. Intanto, si avvicina il tempo della riforma del lavoro, la cui trattader della Cgil, Susanna Camusso, ”molto faticosa”, anche perché le posizioni sono molto distanti e per giunta non sono mancate le polemiche. Le posizioni sono distanti, perché la Cgil, l’abbiamo detto in altre occasioni, è contro la modifica dell’articolo 18, che sarebbe addirittura ”una misura di civiltà”. Anche una parte del Pd è contro qualsiasi modifica. Bersani ha dichiarato che ”i problemi sono altri”, sapere di entrare nella discussione, mentre un’altra parte, abbastanza consistente del partito con in testa Veltroni, è favorevole alla modifica, al punto che se Bersani imponesse di votare contro ogni modifica, almeno 50 parlamentari non seguirebbero le indicazioni del partito. Non per nulla, dopo l’incontro tra Bersani e Monti, il primo è stato molto cauto, ha auspicato che la riforma sia condivisa, altrimenti, ha fatto intendere, potrebbe sorgere qualche problema. E noi sappiamo che il problema sarebbe l’appoggio al governo, almeno su questo singolo punto. Il che, tutto sommato, non avrebbe nessuna conseguenza, perché la riforma potrebbe benissimo passare con i voti del Pdl e dell’Udc-terzo polo. Dicevamo delle polemiche. Ad innescarne una di inusitata durezza è stata Emma Marcegaglia, quando ha rilasciato una dichiarazione di fuoco dicendo che all’ombra dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori il Sindacato ha coperto fannulloni e assenteisti.
Emma Marcegaglia si è di colpo trovata ad essere bersaglio di tre fuochi incrociati. Il primo fuoco è partito dal Sindacato e dal Pd, che le hanno rimproverato asprezza di toni e voglia di polemica. Probabilmente l’uscita di Marcegaglia si spiega sia con il fatto che presto dovrà lasciare la presidenza di Confindustria per scadenza di mandato, sia con il desiderio di compiacere tante imprese affiliate che vedono nell’articolo 18 un freno sia all’occupazione, sia alle relazioni industriali. Il secondo fuoco contro la presidente di Confindustria è venuto dal Pdl che, per bocca di Brunetta, ha ricordato che mesi addietro Marcegaglia si era ben tenuta lontana da qualsiasi netta posizione, probabilmente a causa del fatto che Emma Marcegaglia aveva fatto una scelta di campo dal punto di vista politico. Il terzo fuoco è venuto da Alberto Bombassei, candidato in pectore a presidente di Confindustria in sostituzione della stessa Marcegaglia, il quale ha invitato la presidente in carica a moderare i toni e a non esacerbare gli animi. Ha aggiunto che è necessaria una equidistanza dai partiti e dalla politica, rinfacciandole indirettamente di essersi troppo e troppo spesso schierata. In realtà, a dare un colpo alla Marcegaglia è stato Marchionne, il presidente Fiat che mesi orsono, a causa di posizioni troppo morbide della Marcegaglia nei confronti dell’articolo 18 e delle nuove, necessarie regole da introdurre nel mercato del lavoro, uscì dalla Confindustria. Marchione, dopo la sortita sugli assenteisti e sui fannulloni, ha annunciato il rientro in Coinfindustria. Come dire, con Bombassei Fiat avrà quelle garanzie di cambiamento che con Marcegaglia non ha mai avuto. La trattativa, dunque, procede non speditamente, al punto che Fornero e Monti sono dovuti intervenire più volte per dire che la riforma si farà anche senza un accordo e che dovrà essere una ”buona riforma”.Il punto è proprio questo: sul lavoro l’Italia, il governo e il Parlamento si giocano una partita molto importante per creare una legislazione nuova e più moderna, capace di mettere in moto risorse, energie e regole per favorire la crescita economica e l’occupazione. L’allargamento generalizzato per i nuovi giovani occupati dell’apprendistato come periodo di formazione e di transizione per entrare definitivamente nel mondo del lavoro è una novità che realizza l’idea del l’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ma da sola questa misura sarebbe una riforma a metà, in assenza della modifica dell’articolo 18, su cui probabilmente il Pd pagherà un prezzo non indifferente ma necessario per uscire dalle secche dell’ambiguità ideologica in cui ha vissuto per decenni. [email protected]