Il Censis pubblica un’indagine sui valori degli italiani
La settimana scorsa il Censis, l’istituto socio-economico di cui è presidente Giuseppe De Rita, ha presentato i risultati di un’indagine sugli italiani dal titolo ”Dall’individualismo alla riscoperta delle relazioni”, che già nel titolo, illustra l’argomento. In linea generale, dai dati si ricava che gli italiani credono ”in Dio (non in quello filosofico, ma in quello della Chiesa), nei valori della famiglia, rifiutano l’individualismo e hanno riscoperto la società, cioè la vita comunitaria, rifiutano il liberalismo in economia e nella vita privata, quindi al bando anche vizi di qualsiasi genere essi siano. Insomma, secondo il Censis, siamo un popolo di virtuosi, tutto casa, Dio, Patria e Paradiso. Nell’indagine si riconosce il merito al liberismo e all’individualismo come motore dell’economia, dell’attività privata, della ricerca della felicità dei mezzi, dei consumi e del benessere e della libertà individuale che smuove desideri e risorse, però poi tutte le conseguenze di questo atteggiamento individualistico nei riguardi delle cose e delle persone vengono condannate e rifiutate. Esempi? Viene collegato con l’individualismo quel malessere di vivere che sono le patologie individuali come la depressione, l’anoressia, la tossico-dipendenza; vengono rifiutati il linguaggio sboccato, il permissivismo, il desiderio sfrenato dei beni di consumo, la voglia di arricchirsi, magari senza lavorare e senza sudare, l’egoismo e in genere tutti quei comportamenti individuali che sono il risultato di una libertà individuale che confina con l’irresponsabilità.
Passando dal generale al particolare, vediamo quali sono le tendenze degli italiani capitolo per capitolo e cominciamo dal giudizio dei nostri connazionali sugli altri italiani. Il 57% dice che nelle famiglie c’è meno desiderio di consumare e che si è arrivati alla consapevolezza che abbiamo tutto, che siamo una società che non può più crescere per il semplice fatto che non abbiamo bisogno di niente altro. Solo l‘8% ritiene che l’individualismo, il libertarismo e il permissivismo esistano in grado superiore a quello del passato. Ed ora veniamo alla religione e scopriamo che credenti nel senso più serio e impegnativo del termine e della condotta si dichiarano il 65% degli italiani, un buon 20% in più rispetto al passato. Insomma, non sarebbe vero che non c’è più religione, sarebbe vero il contrario: la religione ha recuperato terreno rispetto all’ateismo che resta un fenomeno di élite. Non si tratta di una religione, come detto poc’anzi, filosofica, nel senso che si crede in qualcuno di astratto, di non ben definito, no, si crede in Dio, nel Dio della Chiesa, e con tanto di precetti, regole, riti. Il 63% degli italiani nega di avere un modello. Generalmente si crede che ci sono categorie di persone, o meglio, di personaggi con cui, specie i più giovani, s’identificano. Dalla percentuale citata sembrerebbe proprio di no, gl’italiani non hanno modelli tipo calciatori, attori, cantanti, sportivi in genere, uomini politici, eccetera. Se proprio si vuole individuare negli italiani delle persone influenti, il primo posto spetta al padre (14,7%), la madre (7,3%), un amico (3,5%), un campione sportivo (1,1%), un leader politico (0,9%). Viceversa, per il 65% dei nostri connazionali il vero valore fondante della società e del proprio modo di affrontare la vita è la famiglia (65,4%), la tradizione religiosa (16,3%), i legami comunitari locali (9,8%), la bella vita e il lavoro sono il valore fondamentale solo del 25,8 degli italiani. La moralità individuale è il modello per il 58,9% (e va da sé che ognuno si ritiene dotato di grande moralità, almeno così la pensano l‘87% del 58,9% di prima). Insomma, vige il motto: gli altri sono ladri, io sono perbene. C’è un dato che fa da controprova: dal 55 all‘84% ritiene che l’alcol, le droghe, i vizi in generale vadano severamente condannati. Figuratevi che una buona metà degli italiani condanna chi evade il fisco. Chiudiamo con una curiosità: 7 italiani sono convinti che ci sia una correlazione tra etica ed estetica, che la bellezza sia l’anticamera del buon cittadino, ovvero, che la bellezza aiuta ad essere migliore e che, dulcis in fundo, quattro italiani su 10 ritengono che l’Italia sia lo splendore del mondo e che per questo siamo migliori. O meglio: saremmo. Il condizionale è d’obbligo, visto il livello elevatissimo di ruberie, di omicidi, di trasgressioni, di violenze e tutto il nutrito corteo dei farabutti che imperversano nel Bel Paese. Senza considerare l’abbandono pressoché totale del territorio. A proposito: il Censis dove vive?