L’ex Segretario Generale dell’Onu ha ricevuto il mandato di ”inviato dell’Onu sulla Siria” ma Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna chiudono le ambasciate
Si sta ripetendo lo stesso copione che abbiamo visto in Libia. Dapprima le proteste di piazza per chiedere pane e democrazia, poi la degenerazione delle proteste, con la repressione da parte del regime e con la violenza da parte degli insorti. Successivamente, si è aperto un periodo di escalation e di reciproche accuse, una drammatizzazione degli avvenimenti, accuse reciproche, le tv occidentali che guardano i fatti con gli occhi degli occidentali, la repressione ancora più dura, le risposte ancora più ferme degli insorti. Insomma, l’abbiamo detto, un’escalation di violenza e di sangue, con la richiesta del regime ai dimostranti di cessare ogni protesta e ogni violenza e con la richiesta dei dimostranti al regime di andarsene. Poi, dopo mesi di scontri e di violenze, la guerra finale, magari l’intervento dell’Onu e la resa dei conti interni. Questo è, più o meno, quello che si è verificato in Libia ed è quello che si sta verificando in Siria, con la differenza che il Consiglio di sicurezza dell‘Onu è stato bloccato dal veto di Russia e Cina – secondo cui si tratterebbe di un intervento militare vero e proprio contro il regime per farlo decadere e mettere al potere avversari sia di Cina che di Russia, e quindi per una maggiore conquista di potere da parte di Usa e Occidente – e con l’altra differenza importante: che, almeno finora, tutti i capi militari sono uniti a favore di Assad. Secondo gli osservatori internazionali, prima che si arrivi alla conclusione della Libia, passeranno ancora molti mesi, se non anni, ammesso che ci si arrivi per davvero.
Fallito, dunque, il tentativo di intervento da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre gli Usa chiedono a gran voce le dimissioni di Assad e la Russia e la Cina rispondono picche, seppure nascondendosi dietro non la difesa del regime, ma i ”principi internazionali”, nei giorni scorsi la novità è che il Segretario Generale dell’Onu, Ba-Ki-moon ha dato un incarico speciale di ”inviato dell’Onu sulla Siria” a Kofi-Annan. L’ex Segretazio Generale dell’Onu, dopo cinque anni di silenzio, è tornato, per volontà del suo successore, alla ribalta della scena internazionale. Perché Kofi Annan? Semplicemente perché Kofi Annan, quando era a capo dell’Onu, nel 2003 si trovò d’accordo con il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, nel condannare l’intervento militare degli Usa in Iraq, e da allora tra i due è nata un’amicizia ritenuta utile da Ban Ki-moon per sbloccare la situazione pericolosa di stallo che si è creata in Siria e anche a livello internazionale. Kofi Annan, infatti, è andato in Siria con la benedizione di Russia e Cina, e dalla Russia ha avuto un mandato molto chiaro: nessuna richiesta ad Assad di abbandonare il potere, ma solo un cessate il fuoco immediato. Queste due richieste, però, pur blande, ne hanno avuto un’altra, questa volta fatta agli oppositori, cioè di porre fine agli attacchi e alle violenze. La missione di Kofi Annan è a lunga scadenza, proprio perché il regime è unito, ma il primo viaggio è stato infruttuoso. Proprio dopo la partenza di Kofi Annan, secondo le notizie ufficiali, c’è stata la terribile repressione di Homs e contestualmente si sono moltiplicati gli atti di violenza da parte degli insorti. Dunque, come prima, peggio di prima. Il presidente Obama, nel tentativo di smussare gli angoli con Mosca, ha telefonato a Putin, seppure con ritardo rispetto agli avvenimenti, per congratularsi con la sua rielezione a presidente della Russia e per porre all’ordine del giorno un’agenda di cooperazione tra i due Paesi su vari argomenti come il G8 e l’Iran. In realtà, la situazione diplomatica non si sbloccherà per adesso, non solo perché il regime di Assad è unito, ma soprattutto perché in Siria si giocano equilibri internazionali molto importanti. Dopo l’intervento in Libia, il risultato è che la Russia è stata messa fuori gioco e contemporaneamente si è destabilizzata la situazione interna di quei Paesi, in cui si sta affermando il partito islamista non moderato. Insomma, un esito incomprensuibile per la Russia che vuole semplicemente evitare che in Siria si ripeta la stessa cosa. Senza contare che la Russia con la Siria fa affari d’oro con la vendita di armi. Dopo le ultime repressioni una serie di Paesi, tra cui l’Italia, la Francia, la Gran Bretagna, la Germania e la Spagna chiudono le ambasciate a Damasco per sottolineare l’isolamento del regime. Intanto però ci sono state due autobombe con decine di morti, fatte esplodere da AlQaeda o dalla parte armata degli insorti.