Unico imputato del delitto di Melania Rea, in caso di condanna ha diritto ad un terzo della pena
Le cronache tornano ad occuparsi di Salvatore Parolisi, l’istruttore militare accusato di aver ucciso la moglie Melania Rea il 18 aprile dello scorso anno con 35 coltellate e di aver depistato gl’inquirenti conficcandole una siringa sotto il seno sinistro e di aver messo un elastico emostatico vicino al suo corpo per farlo sembrare un delitto di droga. Ricapitoliamo brevemente i fatti. Secondo la testimonianza di Parolisi, lui, la moglie e la figlia Vittoria uscirono quel primo pomeriggio del 18 aprile di quasi un anno fa per fare una gita di famiglia a Colle San Marco. Melania si sarebbe allontanata per andare al bagno nel ristorante ”Il cacciatore”, dove peraltro nessuno la vide, e da allora scomparve. Il suo corpo fu ritrovato due giorni dopo, grazie ad una telefonata anonima, nei pressi di una casetta di legno di Ripe di Civitella, a una decina di km da Colle San Marco, dove Parolisi dice di essere stato il giorno e l’ora della scomparsa della moglie. Ci sono vari elementi in base ai quali gl’inquirenti sono convinti che ad uccidere la moglie sia stato il marito. Il primo è che non partecipò alle ricerche, ma se ne stette in caserma. Il secondo, direttamente collegato al primo, è che appena dopo la scomparsa della moglie, telefonò alla sua amante Ludovica, soldatessa trasferita in Puglia, con la quale aveva una relazione prima e dopo la scomparsa di Melania. Il terzo è che nelle intercettazioni telefoniche Parolisi fa affermazioni compromettenti. Il quarto è che il telefonino di Parolisi proprio nei momenti successivi alla scomparsa di Melania abbia agganciato le celle di Ripe di Civitella, dove fu poi trovato il cadavere della moglie. Il quinto – ma la lista è ancora più lunga – è che nel racconto che dei fatti fece ai carabinieri Parolisi sia caduto in più di una contraddizione. Fu così che il 19 luglio da persona offesa passò ad essere un imputato, l’unico imputato del delitto di sua moglie. Gl’inquirenti, in sostanza non gli hanno mai creduto, anzi, lo hanno sempre ritenuto l’unico assassino della moglie. Se Parolisi sia l’assassino, noi non lo sappiamo, vogliamo credere che non lo sia, perché se lo è vorrebbe dire che è doppiamente colpevole perché se voleva lasciare la moglie per un’altra, al posto di ucciderla, di uccidere cioè la madre di sua figlia, avrebbe potuto recarsi da un avvocato per la separazione legale, come fanno tutte le persone che di fronte ad un matrimonio fallito si rivolgono ad un giudice.
Chi, però, lo ritiene colpevole e non ha dubbi sulla sua colpevolezza, non sono soltanto i magistrati, sono anche e soprattutto i suoi suoceri e suo cognato. All’inizio non li sfiorava nemmeno l’idea che ad ammazzare Melania fosse stato il marito, poi, di fronte alle intercettazioni che testimoniavano di una sua inconfutabile relazione extraconiugale, dapprima sono rimasti interdetti e increduli, poi si sono convinti che l’assassino di Melania sia lui, senza ombra di dubbio. La settimana scorsa – ed è il motivo per cui il delitto Melania è tornato alla ribalta delle cronache – il giudice del tribunale gli ha concesso il rito abbreviato, chiesto dai suoi avvocati. Cosa significa? Significa che in caso di condanna, l’imputato ha diritto allo sconto di un terzo della pena, ma significa anche che il processo avverrà sulla base delle prove finora raccolte. Di solito chiedono il rito abbreviato gl’imputati che sono sicuri che contro di loro non ci sia nessuna prova schiacciante, dunque, che si ritengono innocenti. Ma lo chiedono anche quelli che pensano o sanno di essere condannati e lo fanno proprio per ottenere lo sconto di un terzo della pena. Dunque, è difficile prevedere l’esito del processo sulla base della richiesta del rito abbreviato. Una sola cosa è certa: Parolisi non ha mai parlato dopo l’arresto. Poteva farlo per affermare la sua verità, ma non l’ha mai fatto. Non l’ha fatto nemmeno davanti ai magistrati che poi hanno chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio. Noi, lo ripetiamo, non sappiamo se è colpevole o innocente, aspettiamo il processo per conoscere la verità processuale. Ci auguriamo, però, che sia innocente, perché se non lo è, vuol dire che sarebbe doppiamente criminale: per aver ammazzato una donna mentre bastava, per liberarsene, chiedere l’aiuto di un avvocato, e per aver ammazzato la madre di sua figlia, che è un delitto atroce per tutti e in modo particolare per la bambina.