Si allunga la lista di medici famosi accusati dei reati più diversi
Le cronache dei quotidiani italiani hanno riportato la settimana scorsa la notizia degli arresti domiciliari del primario di chirurgia plastica e ricostruttiva dell’ospedale fiorentino di Careggi, il dottor Mario Dini. L’illustre chirurgo, definito il “mago dei seni rifatti”, stando alle accuse avrebbe facilitato un’azienda produttrice di protesi in cambio di favori, termine generico che sta per vantaggi economici e di altro tipo. Il primario sceglieva lui i prodotti che l’ospedale comprava, cosa che è normale. Ciò che non lo era, però, era la serie di vantaggi di cui il luminare godeva per questa sua chiamiamola così intermediazione. I finanzieri avrebbero accertato che per favorire una nota società produttrice di presidi medico-chirurgici, il dottor Dini era ricompensato non solo con apparizioni televisive (ben pagate), ma anche con corsi professionali, anch’essi ben retribuiti. Insomma, gli accordi non erano dettati dalla qualità dei prodotti, ma dalla quantità degli introiti che il dottore avrebbe ricevuto. Non è tutto. Come si sa, in Italia, negli ospedali pubblici, i medici svolgono il loro lavoro, ma al di fuori del loro orario di lavoro possono svolgere attività privata (leggi Bindi del 1998 detta attività intramoenia) usufruendo delle strutture, dei materiali e dei mezzi dell’ospedale, a condizione che una percentuale della retribuzione venga versata all’azienda ospedaliera stessa. Ebbene, il dottor Dini, autorizzato a svolgere la libera professione in regime di intramoenia, avrebbe incassato parcelle non solo senza aver pagato le tasse, ma anche senza aver versato all’azienda ospedaliera la quota ad essa spettante per legge. E non è ancora finita, perché il dottor Dini avrebbe lavorato anche in centri privati non convenzionati, occultando questa sua attività avvalendosi del nome di altri medici suoi collaboratori. I finanzieri lo hanno intercettato mentre organizzava appuntamenti in molte città dove, appunto, operava e intascava parcelle facendo figurare i nomi di altri medici suoi collaboratori che, evidentemente, stavano al gioco o erano costretti a farlo.
Insomma, il dottor Dini lavorava per lo Stato nell’ospedale fiorentino, ma intascava parcelle da privati e non pagava le tasse e per di più truffava doppiamente lo Stato, sia non versando la quota spettante all’azienda ospedaliera, sia facendo pagare allo Stato stesso i materiali che usava nell’esercizio della sua attività privata. Lavorando presso cliniche private, ovviamente, non solo non pagava le tasse, ma non le pagavano nemmeno gli stessi proprietari delle cliniche private. In poche parole, un grande medico ma anche un grande farabutto, secondo le accuse. Che evidentemente devono essere provate. Il dottor Dini non è l’unico medico di fama ad essere stato arrestato per gli stessi motivi. Prima di lui, erano stati arrestati Gabriele Iannelli, primario del Cardarelli di Napoli; Carlo Cetera, primario di ginecologia a Pieve del Cadore; Stefano Zenoni, primario dell’unità oculistica degli Ospedali Riuniti. La lista è lunga, anzi lunghissima, ma è ancora più lunga la lista dei medici che lavorano negli ospedali pubblici e fanno le stesse cose del dottor Dini e non vengono pescati, sia perché non vengono denunciati, sia perché la guardia di finanza o i magistrati non se ne occupano, anche perché rischierebbero di far chiudere la stragrande maggioranza degli ospedali italiani per mancanza di medici onesti. Finora, tutti i ministri della sanità che si sono succeduti nel corso degli ultimi cinquant’anni, hanno dichiarato che in Italia la sanità, a parte rari casi, complessivamente funziona, avremmo un servizio sanitario di buon livello. Non è vero nulla, bisogna capovolgere il giudizio e dire che a parte qualche rara eccezione il servizio sanitario nazionale non funziona. Non perché non ci siano bravi medici, no, non funziona perché i medici badano a non far funzionare l’ospedale pubblico (liste d’attesa lunghissime) per far funzionare la sanità privata, cioè loro stessi che, appunto, in regime d’intramoenia fanno pagare parcelle salate per visite o esami che con il ssn hanno tempi storici, pagando si ottengono nel giro di uno o due giorni. Così, le voragini dei conti del ssn si allargano, i servizi sono pessimi, i cittadini pagano e loro si arricchiscono. Attenzione: i medici che si comportano così non sono pochi, sono quasi tutti. Ogni italiano, nel suo territorio, conosce benissimo quest’andazzo, peraltro difficile da denunciare da parte del singolo cittadino.