Lo dice la Fondazione Leone Moressa che rivela che erano 588 milioni 468 mila nel 2000 e 7 miliardi e mezzo nel 2011
Succede agli immigrati in Italia quel che è successo agli emigrati italiani all’estero: sono “l’arma segreta” della crescita economica dei Paesi di provenienza. Detta così, l’affermazione potrebbe sembrare incomprensibile, ma se si parla di rimesse tutto diventa più chiaro. Tra gli anni Cinquanta e Ottanta, fino ai Novanta, e già agli inizi del secolo scorso, le rimesse dei nostri connazionali all’estero hanno rappresentato un fattore di crescita e di “ricchezza” per tante famiglie in Italia, sia perché queste ricevevano soldi necessari per vivere meglio e per costruire o rinnovare la casa, sia perché erano soldi guadagnati all’estero e spesi in Italia. Ebbene, da alcuni anni accade la stessa cosa agli immigrati in Italia che, secondo le due organizzazioni che se ne occupano – la Caritas e l’Ismu – sono cinque milioni, esclusi quelli irregolari. Il Rapporto della Fondazione Leone Moressa, specializzata in economia dell’immigrazione, dice che nel 2011 le rimesse ufficiali sono state di 7 miliardi e 400 milioni, addirittura, malgrado la crisi economica, del 12,5% in più rispetto al 2010, che con 6 miliardi e mezzo di euro aveva fatto registrare una leggera flessione rispetto al 2009 (6 miliardi e 700 milioni). Visto che “stiamo dando i numeri”, per completezza d’informazione, anche se i dati non sono quelli reali per una serie di motivi tra cui quanti immigrati c’erano allora, nel 2000 le rimesse degli immigrati verso i loro Paesi ammontavano a 588.468.000. Da allora, come si può immaginare, progressivamente aumentate. Da questi dati si possono trarre due domande, che sono altrettante considerazioni. La prima è, come abbiamo detto, che le rimesse sono aumentate malgrado la crisi. Perché? Semplice: sono aumentati gli immigrati. In realtà la risposta è incompleta, perché se è vero che sono aumentati gli immigrati, è vero anche che altri sono i motivi di quest’aumento. Innanzitutto – e lo sottolinea Valeria Benvenuti, ricercatrice della Fondazione Moressa – perché è stata facilitata l’intermediazione monetaria. Con la costituzione delle agenzie di money transfer è stato possibile trasferire le rimesse nei Paesi di provenienza degli immigrati, con il sistema del pagamento in Italia e della ricezione del corrispondente in valuta locale nei Paesi di provenienza. In secondo luogo, con questa opportunità, i soldi arrivano direttamente alla persona a cui sono destinati, quindi i soldi vengono utilizzati dalle famiglie che ne hanno bisogno per vivere e per migliorare le loro condizioni. C’è anche da dire che molti immigrati investono nei loro Paesi perché col cambio possono fare cose che non potrebbero fare in Italia. Infine, da tutto questo, ne deriva che anche il Paese di provenienza se ne avvantaggia, in quanto sono soldi provenienti dall’estero e che vengono spesi in loco, quindi a vantaggio dell’economia nazionale. Una volta c’erano anche in Svizzera le agenzie di cambio. Come ognuno sa, ce ne sono anche adesso, ma prima erano più numerose, proprio perché le rimesse dei connazionali verso l’Italia erano molte di più.
Certo – e ognuno se ne ricorda benissimo ancora oggi – ogni tanto qualcuno spariva con la raccolta di ingenti somme di danaro, specie in occasione delle festività. Succede anche agli immigrati in Italia, ma questo è un altro discorso. Oggi le rimesse dei nostri connazionali sono ridotte rispetto a una volta per una serie di ragioni, tra cui l’integrazione, che fa sì che per esempio il connazionale in Svizzera investe non più in Italia, ma qui, dove vive. Il 1998 è stato l’anno in cui le rimesse dei connazionali all’estero sono state pari alle rimesse degli immigrati in Italia, poche le une e le altre, seppure per motivi uguali e contrari. Ecco la seconda considerazione: le rimesse degli immigrati sono inferiori – a parità di presenze – là dove l’integrazione è maggiore. In linea generale, gli immigrati che vivono nel Nord mandano meno soldi nei loro Paesi, proprio perché, essendo più integrati e pensando magari di vivere in Italia per sempre, i soldi li usano dove vivono. Gl’immigrati che vivono nel Sud, invece, mandano di più, in proporzioni al numero, proprio perché vedono precarietà e anche difficoltà, per cui pensano più al rientro che a vivere stabilmente in Italia. In sostanza i fenomeni migratori, magari con tempi differenti, obbediscono a delle leggi che vanno al di là della provenienza e della differenza di cultura e di religione.
Per la cronaca, c’è un numero difficilmente quantificabile di immigrati che manda soldi in maniera informale, cioè attraverso familiari, parenti, amici, corrieri alternativi. C’è chi dice che la quantità di danaro inviato attraverso queste vie private (ma non illegali) è pari a quella ufficiale. Ancora per la cronaca, i cinesi sono quelli che mandano più soldi (sempre quelli ufficialmente tracciabili) con oltre 2 miliardi e mezzo, poi vengono i rumeni con quasi 900 milioni; seguono i filippini, i marocchini, i bengalesi e i senegalesi.