Per alcuni l’ultima copertina del settimanale svizzero ha passato il segno
L’immagine di un bambino rom armato di pistola, accompagnata da un titolo che afferma: arrivano i Rom, razzie in Svizzera. È la copertina del numero del 5 aprile della Weltwoche. La foto è stata scattata in una discarica in Kosovo nel 2008 e non, come in un primo tempo affermato dal settimanale, in Svizzera. L’immagine ha suscitato molti malumori soprattutto nella lettrice di Basilea, Michèle Meyer, che ha visto in essa un’istigazione all’odio razziale. “Ci si accanisce volontariamente, dopo i musulmani, contro un’altra minoranza etnica. Sono svizzera e non voglio che sui media svizzeri siano diffusi messaggi razzisti”, ha dichiarato la Meyer, che ha esposto denuncia contro la Weltwoche a Basilea, richiamandosi all’articolo 261 del codice penale svizzero, che tratta la discriminazione razziale. Altre denunce sono arrivate dall’Austria e dalla Germania. A Vienna un giornalista ha presentato denuncia presso la polizia motivandola con “aizzamento contro il gruppo etnico dei rom”, mentre in Germania ha esposto denuncia l’organizzazione “Rechtspopulismus stoppen!”. La Weltwoche ha respinto gli attacchi tramite il suo vice caporedattore Philipp Gut, co-autore dell’articolo sui rom, ritenendo l’immagine della copertina “assolutamente adatta al tema trattato”. Secondo Gut, lo scandalo è la realtà, dove donne e bambini vengono costretti da bande organizzate a compiere atti criminali. Gut difende la scelta di un’immagine forte, che deve richiamare all’attenzione e denunciare la criminalità delle comunità nomadi, poiché non bisogna chiudere gli occhi davanti a questo malcostume. Per Peter Studer, esperto dei diritti dei media, l’articolo della Weltwoche è ben documentato, ma ritiene la combinazione immagine-titolo un colpo basso e contrario alla legge. “Il titolo è chiaramente una discriminazione nei confronti dei rom”, spiega Studer, “e nell’articolo non viene mai fatta menzione di un bambino criminale”.
Non è in discussione che bambini e adolescenti di etnia rom sono spesso obbligati a mendicare, vittime del traffico di esseri umani. Nel 2009 la città di Berna è stata confrontata con il problema di mendicanti minorenni appostati davanti ai negozi. Per risolvere il problema, la polizia di Berna ha adottato il progetto “Agorà”, che sta alla base di alcuni provvedimenti e messo a punto dall’Unione delle città svizzere, volto a difendere e proteggere dallo sfruttamento i minorenni rom. Il vicedirettore dell’Unione Martin Tschirren vede nel progetto un radicale cambiamento: “I bambini che mendicano e commettono furti non son più considerati criminali, ma vittime del traffico di esseri umani”. L’obiettivo è la reintegrazione nel loro Paese di origine, sempre che ci siano famigliari ad accoglierli o strutture che garantiscano il reinserimento nella società. Il progetto “Agorà” ha dato i suoi frutti: per le strade di Berna non ci sono quasi più minorenni rom.