L’attacco talebano a Kabul, fin nel cuore della città e soprattutto dove ci sono le sedi delle ambasciate più importanti e lo stesso Parlamento messo sotto scacco al punto che i deputati hanno imbracciato mitragliette e fucili, rivela ciò che già si sapeva: l’intervento degli allea-ti ha avuto un esito rovinoso, dunque perché restare ancora un paio di anni? Perché espor-re centinaia di soldati al rischio serio di morte se poi l’esito sarà esattamente quello scontato? Lo sanno tutti, ormai, anche i più ottimisti: dopo la partenza dei soldati alleati, i talebani occuperanno di nuovo il Paese. Alla domanda appena posta abbiamo già risposto in un’altra occasione, ma ora gli elementi di valutazione disegnano un quadro ancora più drammatico. Il portavoce dei talebani ha motivato l’attacco al cuore di Kabul come una vendetta per il Corano bruciato da un gruppo di soldati americani. Sicuramente un nuovo, possibile attacco sarà motivato con lo scempio fatto, sempre da un gruppetto di soldati americani, sui cadaveri dei talebani uccisi e ripresi con una videocamera, per cui, di vendetta in vendetta, l’Afghanistan è diventato un inferno. Il punto è che i talebani sono riusciti ad arrivare nel centro di Kabul senza che nessuno li abbia individuati. Anzi, il 10 aprile, cioè la settimana scorsa, un alto ufficiale alleato aveva dichiara-to: “Non ci sono segnali di un’offensiva di primavera, i talebani si limitano ad azioni sporadiche contro avamposti in luoghi remoti”. Se questo è il livello dell’intelligence dei servizi segreti americani, allora vuol dire che la cosa è grave. Vuol dire che gli eserciti alleati proseguo-no le operazioni militari senza che dietro ci sia un servizio d’informa-zione che in qualche modo li protegga e dia una direzione alle opera-zioni stesse.
La Nato ha informato che la strategia in atto – lasciare che le forze afgane imparino a difendersi in modo che dopo la parte-za degli alleati possano contrastare da sole i talebani alla conquista del potere – ha dato risultati discreti: i soldati afgani avrebbero dato dimostrazione di “segnali di progresso”. L’ambasciatore statunitense ha parlato di “ottima risposta” delle forze afgane. Le cronache hanno rivelato, in-vece, che i talebani hanno preparato l’attacco e agito senza essere minimamente disturbati; anzi, le forze locali non solo non sono riuscite nemmeno ad impedire che i commando arrivassero al Parlamento, ma non hanno notato nulla che potesse metterli in allarme. Se è così, si comprende come anche fra due anni i talebani avranno facile gioco a rientrare vittoriosi a Kabul. I commentatori dicono che l’at-tacco talebano aveva uno scopo essenzialmente politico. Che in Francia vinca Sarkozy o Hollande, l’obiettivo era ed è di dividere gli alleati e creare delle condizioni affinché ci sia chi parta prima e chi poi affretti la partenza, esattamente come avvenne in Iraq. I talebani hanno, bisogna dirlo, una gran-de capacità politica. Al vertice di Chicago la Casa Bianca, che pure ha voglia di andarsene da Kabul, supportata dal generale favore dell’opinione pubblica, lancerà un segnale di compattezza tra gli alleati proprio per scongiurare questa eventualità. I talebani, d’altra parte, forti delle debolezze degli alleati, vogliono accelerare la ripresa dei negoziati, mirano, appunto, a far andare via gli alleati prima della scadenza fissata, e maschereranno le loro mire con dichiarazioni di principio a favore della pacificazione nazionale. Non è vero, ma gli alleati farebbero bene ad approfittare di questa occasione che salva la faccia, a Kabul è tutto perduto, anche se, per motivi elettorali, si dice il [email protected]