Dopo Francia e Gran Bretagna, nemmeno Grecia, Spagna, Germania e poi l’Italia riceveranno rifornimenti di petrolio dall’Iran, ma le sanzioni europee già lo prevedevano
Di nuovo l’Iran in primo piano della politica internazionale, questa volta su due fronti: quello della ripresa dei negoziati nucleari e quello delle sanzioni europee e della controffensiva di Teheran. Cominciamo dai negoziati, ripresi sabato 14 aprile a Istanbul on l’Iran da una parte e dall’altra il gruppo dei 5+1, cioè degli Usa, Cina, Russia, Francia, Regno Unito più la Germania, in pratica il Consiglio di sicurezza dell’Onu allargato alla Germania. I negoziati, va subito detto, sono stati subiti dall’Iran, che ovviamente non li vede di buon occhio e deve fare buon viso a cattivo gioco, quindi disponibilità teorica, ma chiusura di fatto. Il gruppo dei 5+1 ha chiesto nuove ispezioni dei siti e la limitazione dell’arricchimento dell’uranio al 20% per impedire il passaggio dell’uso del nucleare da civile a militare. L’Iran su questo punto ha dato qualche apertura che dovrà essere verificata sul campo, ma soprattutto ha chiesto che i negoziati saranno condizionati dal ritiro delle sanzioni. Siamo alla fase interlocutoria, in cui gli iraniani sono molto abili, come hanno già dimostrato in passato. La tattica non è cambiata: guadagnare tempo, procedendo a piccoli passi, ma intanto nei laboratori si lavora a pieno ritmo per le armi, almeno secondo le informazioni dei servizi segreti occidentali e israeliani. E qui passiamo al secondo aspetto del fronte: le sanzioni. L’Europa il 24 gennaio ha approvato un embargo petrolifero graduale, sanzionando la Banca centrale, esattamente come avevano già fatto gli Usa, in segno di contrasto alla politica nucleare di Teheran, fonte di destabilizzazione in tutto il Medio Oriente. All’indomani delle sanzioni, l’Iran aveva accusato l’Europa di essere succube degli Usa ma aveva fatto finta di nulla dicendo che non aveva paura delle misure adottate. Nei giorni scorsi, dopo la Grecia e la Spagna, le ritorsioni dell’Iran si sono appuntate anche sulla Germania e, prossimamente, si appunteranno sull’Italia.
La Spagna ha fatto sapere che in realtà era stata lei a rinunciare alle forniture di petrolio iraniano già alla fine del mese di febbraio; la Grecia sta cercando vie alternative; Francia e Gran Bretagna erano piccoli acquirenti, per cui non ne hanno risentito per nulla. Il problema sarà dell’Italia, che ha approvato le sanzioni in quanto chieste e quasi imposte dall’Europa (troppe sono le imposizioni: dalla guerra a Gheddafi alle sanzioni iraniane), ma che ne avrebbe fatto a meno. L’Italia importa il 13%, 180 mila barili al giorno, del suo fabbisogno dall’Iran, cioè una quantità di tutto rispetto che il nostro Paese sarà costretto ad importare da altre vie. Per la cronaca, l’esportazione iraniana verso l’Europa era nel 2011 di 450 mila barili al giorno; l’Italia importa dall’Azerbaijan il 18%, il 17% dalla Russia, il 14% dall’Arabia Saudita, il 7% dall’Iraq, il 6% dalla Libia, il 4% dall’Angola, il 3% dalla Nigeria, il 3% dall’Egitto, il 3% dal Kazakhstan e il 12% da altri Paesi. Rimpiazzare il 13% del petrolio iraniano probabilmente non sarà facile, ma sicuramente saranno aumentate le importazioni dall’Arabia Saudita, dall’Iraq e dal Kazakhstan per un pari importo. Il guaio saranno i costi, perché una cosa è fare contratti senza l’assillo dell’urgenza e un’altra è fare contratti perché costretti dalla necessità: chi fornisce può giocare al rialzo e chi acquista in queste condizioni deve sottostare agli aumenti. L’Iran, dunque, ha preso un’iniziativa che era già stata presa, ma dalla parte avversa, nel senso che ha interrotto flussi di petrolio già preventivati dalle sanzioni. Non si sa, quindi, chi ci rimetterà di più: i Paesi che dal-l’Iran non importano più o l’Iran stesso, che non vende petrolio e non guadagna, anche perché non c’è solo l’export di petrolio, ci sono anche altre importazioni ed esportazioni bloccate. Giorni fa, il presidente iraniano Mahamud Ahmadindjad aveva dichiarato che le sanzioni Usa e Ue non “avranno nessun effetto sull’Iran” e che il Paese avrebbe riserve di oro e di valuta che permetterebbero di vivere due o tre anni senza problemi. In realtà, il presidente iraniano ostenta sicurezza solo per non tradire le sue difficoltà di fronte alle opposizioni interne, ma sa bene che alla lunga a pagarne le spese di questo braccio di ferro sarà soprattutto l’Iran, che non potrà a lungo tirare la corda. Ma si sa, l’Iran è abituato a giocare d’azzardo e nemmeno questa volta sfugge alle sue abitudini.