Vendola e Di Pietro chiedono a Bersani di definire alleanza e programm alla foto di Vasto, ma il segretario Pd è in attesa di Casini
Non è solo a destra che si muove qualcosa con la proposta del semipresidenzialismo alla francese e di pari passo con una legge elettorale che si basa sui collegi uninominali a doppio turno, anche a sinistra le acque non sono calme, c’è agitazione, ma si cerca di trovare una direzione politico-programmatica. Sono in molti nel Pd a voler andare a vedere il “bluff” di Berlusconi-Alfano, ma ci sono anche quelli che ritengono che non di bluff si tratti, ma di una proposta seria con cui fare i conti. Per ora sono pochi e isolati questi ultimi, ma domani potrebbero essere di più. Il Pd, a differenza di Italia Futura di Montezemolo – che mostra interesse per la “novità” – pur sapendo, senza confessarlo apertamente, che si tratta di un tema centrale, non sa ancora quali sono le prospettive politiche praticabili. Per questo, da una parte contrasta la proposta del centrodestra, dall’altra, in realtà, aspetta Casini per poter fare quello che ufficialmente hanno proposto Berlusconi e Alfano. D’altra parte, Vendola e Di Pietro lo hanno capito e cercano a loro volta di portare dalla loro parte Bersani e l’intero Pd.
Dicevamo che anche nel centrosinistra ci sono contraddizioni e contrasti e che la situazione è in movimento. Grillo tallona Bersani azzannandolo con le armi dell’antipolitica, ritenendolo un esponente dell’establishment con una voglia matta di “fermare il cambiamento” che sarebbe impersonato da lui e dal suo Movimento. Lo si è visto a Parma, dove il candidato grillino Federico Pizzarotti è riuscito a sconfiggere il candidato del Pd, già sicuro della vittoria, ma lo si sta vedendo anche ora che Grillo ha individuato nel Pd, nel Sel di Vendola e nell’Idv di Di Pietro il ventre molle da cui succhiare voti. Probabilmente, tra sei mesi si saprà se Grillo sarà un fuoco di paglia o se riuscirà a radicarsi come fece la Lega Nord negli anni ’80. Per ora per il Pd è solo un terzo incomodo che sarebbe meglio neutralizzare. Se a Grillo può essere tranquillamente riservato il silenzio, non si può non rispondere a Vendola e a Di Pietro, i due leader della famosa “foto di Vasto” che comprendeva anche lui, Bersani.. Qual è la richiesta di Di Pietro e Vendola a Bersani? E’ una sola: ricomporre la foto di Vasto con decisione, senza tentennamenti e tergiversamenti. In una trasmissione su La7 Vendola e Di Pietro erano seduti a destra e sinistra di un tavol, al cui centro campeggiava Bersani non in carne ed ossa ma con una foto-cartone. In pratica, i due ponevano domande a cui Bersani, ovviamente, non poteva rispondere, per cui loro, con un espediente interlocutorio, gli attribuivano una risposta negativa.
Insomma, Di Pietro e Vendola propongono la convocazione degli “Stati generali della sinistra” per definire alleanza e programmi. Per evitare che venga considerata una riedizione dell’Unione (quando furono i comunisti di Rifondazione a mettere in crisi Prodi sulla politica internazionale), Vendola è chiarissimo: “Noi siamo disponibili a un programma socialdemocratico di tipo europeo”. L’unica condizione che pone è di formare “una coalizione limpidamente antiliberista”. Perché Bersani sceglie, almeno per ora, di tacere? Per la buona ragione che sa che un’alleanza a sinistra, giustizialista (Di Pietro) e massimalista (Vendola) non ha molte prospettive e soprattutto è avversata da una parte importante del Pd stesso. Con la legge elettorale attuale, avrebbe ottime possibilità di vittoria, ma sarebbe destinata a sfasciarsi dopo un paio di anni. Il suo tentativo è di strappare Casini al centrodestra. In che modo, visto che l’Udc ha sempre detto che non entrerebbe mai nella foto di Vasto? E’ qui che sta venendo fuori un’altra proposta, suggerita da Latorre sul Corriere della Sera. Dice Latorre, che parla sotto la regia di D’Alema: “No a cimeli preistorici (la vecchia “Unione” fallita, ndr), sì a una lista unica che parta dal basso”. In sostanza per far digerire a Casini un’alleanza a sinistra, Latorre immagina “una nuova tappa della formazione del Pd che riparta dal basso e culmini in una lista unica. E Vendola può entrare a pieno titolo in questo processo: non può essere un’operazione politicistica. Per rinnovare davvero dobbiamo metterci in discussione, sennò siamo destinati a perire”. In parole più precise, Latorre non pensa ad una lista civica che affianchi il Pd, ma un Pd che incorpora la sinistra variegata di Vendola e che lo allarghi, in modo che un Pd più grande da una parte potrà permettersi di isolare e neutralizzare Di Pietro che non è digerito nel Pd, dall’altra potrà stabilire un rapporto con l’Udc di Casini che risulti a quest’ultimo meno ostico. Se ci riuscisse, raggiungerebbe due obiettivi contemporaneamente: lo sottrarrebbe al centrodestra che sta facendo la stessa operazione e nello stesso tempo creerebbe una coalizione senza la spina di Vendola, il quale da solo, con un partito autonomo, sarebbe comunque capace, di coagulare la frangia dell’estrema sinistra.
Non è un’operazione facile, anche perché presuppone cambiamenti immediati come una nuova legge elettorale con collegi a doppio turno senza il presidenzialismo del centrodestra, ma solo con gli aggiustamenti in corso di approvazione nella Commissione Affari Costituzionali al Senato, proprio quel percorso semplificato che il centrodestra vuole modificare con la sua proposta globale. A destra come a sinistra, come si vede, i cantieri sono aperti, bisogna vedere se e come il palazzo sorgerà.