Per una notizia che certamente provocherà scontri aspri in Egitto nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, notizia derivante dal fatto che ognuno dei candidati alla presidenza si attribuisce la vittoria e delegittima totalmente quella dell’altro e dalla sentenza senza appello della Corte Suprema che azzera il Parlamento eletto qualche settimana fa, per fortuna ce n’è un’altra buona: la vittoria di Nea Democratia, partito conservatore favorevole al rispetto degli impegni presi in Europa (riforme radicali in cambio dei prestiti) su Syriza, sinistra radicale che vuole i prestiti senza restituirli e senza fare le riforme necessarie a garantire la permanenza della Grecia in Europa e nell’euro.
La vittoria di Samaras (130 deputati su 300) permette di associare al governo i 33 deputati del Pasok, socialisti, fermi al 13% rispetto alle elezioni di un mese fa, quando Nea Democratia aveva il 19 e Syriza il 16-17. Dopo un mese i due partiti antitetici hanno ottenuto rispettivamente il 10% in più, segno che la gente ha riflettuto e si è divisa tra i pro e i contro l’Europa e l’euro. Bisogna dire, alla luce dei risultati, che la mossa di Merkel di invitare con un messaggio scritto ufficiale e diretto i greci al rispetto dei patti sottoscritti per restare nell’euro e per essere aiutati, anche rinegoziando i tempi e i modi degli aiuti, ha colto nel segno. Merkel ci ha messo la faccia e ha vinto la scommessa politica. Ora tocca ai greci: subito un governo, subito una dichiarazione (immediatamente avvenuta, per la verità, per tranquillizzare i mercati), subito le riforme in cambio della “comprensione” dell’Europa a venire incontro alla gestione del disastro senza eccessivi traumi, ma subito altrettanta volontà da parte dei greci di fare fino in fondo la loro parte, altrimenti sarà un amaro ritorno all’incertezza. All’indomani dei risultati elettorali non è stato un buon segno l’invito del leader del Pasok, Evangelos Venizelos, di coinvolgere la sinistra radicale, cioè di chi vuole tutto tranne che il rispetto dei patti. I mercati non scherzano.
La Grecia, dunque, resta nell’euro? E’ scongiurata l’uscita? Per ora si parla di una “pausa di serenità”, di un “timido sospiro di sollievo”, è meglio di niente, ma non è tutto. Dipende da cosa faranno realmente i greci e da cosa deciderà l’Europa, se ci sarà o meno un cammino chiaro verso una vera governance economica, fiscale e bancaria. Come succede in questi casi, gli esperti sono divisi e l’avevano detto, ad onor del vero, prima delle elezioni: ci sono quelli che sono fiduciosi che la Grecia possa farcela a restare nell’euro e chi, invece, dice che sarà solo questione di tempo e poi ne uscirà, perché i mercati non perdoneranno le incertezze e le debolezze, col rischio forte di contagio con altri Paesi, Spagna in testa. I nodi sono rinviati alla fine del mese, al vertice dell’Europa. Tornando all’Egitto, i risultati si conosceranno solo giovedì, se tutto andrà bene, ma al di là di chi sarà il vincitore, Mohammed Morsi (Fratelli Musulmani) o Ahmed Shafiq (esponente dl vecchio regime, è evidente che il potere sarà in mano all’esercito che ha già assunto il potere legislativo dopo l’annullamento delle elezioni politiche per vizi anticostituzionali stabilito dalla Corte Suprema che, evidentemente ha agito in accordo con l’esercito, che da 60 anni esercita il vero potere.
La dichiarazione dei Fratelli Musulmani non si presta a equivoci: non accetteranno come presidente Shafiq e non accetteranno che governi l’esercito. Se tertium non datur per l’Egitto si sta per aprire, chiunque vinca le elezioni presidenziali, un periodo drammatico.
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