L’ex premier rivendica a sé una parte del successo di Monti in Europa, garantisce l’appoggio al premier e lancia una proposta per la prossima legislatura
Il successo di Monti al vertice europeo sta provocando un orientamento diverso nel Pdl, dove, notoriamente, l’ala ex An impersonata da La Russa e Gasparri, e quella socialista rappresentata da Cicchitto e Brunetta, hanno mal digerito l’appoggio a Monti, sempre critico ai limiti della fronda. In sostanza, questa parte, che ovviamente va oltre i nomi poc’anzi citati, ha sempre rimproverato a Monti di aver introdotto troppe tasse (e questo è vero), di non essere riuscito ad essere efficace in altri settori come il mercato del lavoro, le semplificazioni e le liberalizzazioni, e di essere un governo di non eletti. La conclusione di questa schiera di esponenti Pdl era che Monti avrebbe mortificato l’economia con la recessione e non sarebbe riuscito a frenare lo scetticismo dei mercati sull’euro e quindi l’Italia sarebbe stata lentamente travolta. Questa parte, infine, rimpiangeva l’alleanza con la Lega, che a novembre scorso fece una scelta diversa andando all’opposizione.
Poi c’era l’ala moderata, molto vasta anche se con differenze al suo interno, che, invece, riteneva l’appoggio a Monti indispensabile, per una serie di motivi. Il primo era che non appoggiare Monti significava andare alle elezioni anticipate, con il rischio che si sarebbero risolte con una dura sconfitta. Il secondo era che appoggiare Monti significava lavorare per l’Italia, perché Monti era l’unico personaggio in grado di ricevere l’appoggio sia dalla destra che dalla sinistra e fare le riforme che non era riuscito di fare a Berlusconi, vedi, ad esempio, quella previdenziale per l’opposizione della Lega. Il terzo era che serviva, dopo il lungo periodo di caccia alle streghe messa in opera dal Pd e dall’Idv in tutti questi anni, un periodo di superamento degli odi, un periodo di pacificazione. Ecco perché lo stesso Berlusconi rivendicava, anche pubblicamente, di aver favorito la soluzione Monti.
Però, anche questa vasta area di moderati avvertiva la pesantezza della situazione, in quanto il Pdl alle elezioni ultime e penultime aveva perso voti senza che potesse dire al suo elettorato che l’Italia stava meglio. Lo spread, il famigerato spread che gli avversari di Berlusconi avevano addebitato a lui, era sempre alto e si mangiava le risorse italiane in quanto il nostro Paese doveva pagare a tassi alti i suoi debiti. Insomma, il vertice europeo di Bruxelles di fine giugno rappresentava anche per quest’area un bivio importante.
Berlusconi stesso aveva visto Monti prima del vertice e gli aveva rinnovato la fiducia, tranquillizzandolo che non ci sarebbe stato, da parte del Pdl, nessun agguato, tanto è vero che anche il Pdl, per quanto non condividesse alcuni punti, aveva detto sì a Monti sulla riforma del lavoro, per dargli forza in Europa. Berlusconi gli aveva detto, però, anche altro: che Monti avrebbe dovuto battere i pugni sul tavolo e mettere in un angolo Merkel che non voleva per nessun motivo gli eurobond, almeno finché avrebbe vissuto lei. E’ per questo, ha suggerito l’ex premier a Mario Monti, che lui aveva fatto dichiarazioni sull’eventualità che dall’euro uscisse la Germania o sul fatto che non era una bestemmia l’uscita dall’euro dell’Italia.
Il successo, dunque, di Monti in Europa ha messo nel Pdl in un angolo l’ala contraria a Monti e rafforzato l’ala moderata favorevole. Monti, in poche parole, può stare tranquillo, governerà fino alla fine della legislatura e potrà, anzi, dovrà fare le riforme necessarie all’Italia e che gli altri partiti, Pdl in testa, non sarebbero stati in grado di fare.
Berlusconi, vestendo i panni del mago, ha rivendicato in parte a sé il successo del premier in Europa e questo gli ha permesso di elaborare l’unica idea sensata del momento, anche per tranquillizzare l’Europa stessa. Di fronte alla paventata prospettiva di alleanza tra Udc e Pd – e sapendo bene che Vendola e Di Pietro costituiscono un impedimento all’abbraccio tra Bersani e Casini – l’ex premier ha lanciato l’idea di una grande coalizione politica anche nella prossima legislatura, consapevole che l’Europa terrà sotto osservazione l’Italia per verificare se le riforme saranno vere o se saranno solo declamate e poi si ritornerà come o peggio di prima.
E’ chiaro che Berlusconi, nelle prossime settimane, insisterà sulle riforme istituzionali anche in questa legislatura, ma se ottenesse alcune intese sui poteri del premier, sul potere di giudicare i requisiti d’urgenza di un decreto, sulla revoca dei ministri da parte del presidente del Consiglio, sul Senato Federale con poteri e competenze diverse dalla camera Camera, sola sede legislativa, sulla Corte Costituzionale, o anche su alcune di essere, sarebbe d’accordo ad approvare una nuova legge elettorale ed iniziare la prossima legislatura, indipendentemente da chi vincerà le elezioni, sotto il segno di una grande coalizione imperniata sul Pdl-Pd e capace di assicurare stabilità, governabilità e continuità con lo spirito montiano.
Abbiamo l’impressione che l’idea è giusta ma che il Pdl sia un pachiderma più attaccato al territorio delle poltrone che alle buone idee.