Le quattro sberle subite dalla Spagna nella finale di Kiev non possono scalfire il fatto che l’Italia prandelliana abbia disputato un grande torneo. Contro i pronostici pieni di scetticismo. Sfatato così anche il luogo comune che vuole la Nazionale di calcio azzurra vincente solo quando si trova in difficoltà. Se l’Italia ha giocato un Europeo sopra le aspettative, lo si deve a Cesare Prandellli capace di ricostruire il gruppo dopo la delusione del Sudafrica, ma soprattutto di essere l’artefice del rinnovamento: via il difensivismo e progetto basato sul gioco alla ricerca del gol.I suoi ragazzi l’hanno seguito con dedizione e impegno, fino a sfiorare il sogno di diventare campioni d’Europa. Prandelli, non sempre infallibile, è stato capace di valorizzare i giocatori a sua disposizione, migliorando di partita in partita, anche proponendo sistemi di gioco mai attuati come il 3-5-2 contro la Spagna nel girone. Il coraggio ha pagato fino alla finale. A Kiev forse Prandelli il coraggio non lo ha avuto per riproporre la stessa tattica della prima partita. Quella ricetta aveva funzionato per chiudere gli spazi alla Spagna giocoliera.
Prandelli ha deciso diversamente e si è affidato all’undici iniziale della semifinale, con il solo Abate al posto di Balzaretti, commettendo forse l’unico errore del torneo. Comunque non è stato solo un problema di formazione o sistema. Gli azzurri si sono presentati troppo stanchi e imballati e nulla hanno potuto contro la superiorità della Spagna, che non ha regalato a Balotelli e Cassano spazi per il loro estro, hanno braccato Pirlo eliminando la fonte di gioco italiana e dopo il 2-0 l’Italia non ha creduto più alla vittoria.
Certo l’orgoglio non è mancato. Ci ha provato in particolare con qualche conclusione dalla distanza di Cassano e Montolivo che hanno trovato Casillas prontissimo e con una bella girata di Di Natale. Gli infortuni di Chiellini e Thiago Motta (che ha lasciato i suoi in dieci nella ripresa) anche per i cambi un po’ affrettati del ct, hanno reso ancora più drammatica una finale che l’Italia non ha mai giocato. “Eravamo cotti” è l’analisi di Prandelli. Anche confusi e svuotati, e fisicamente meno freschi dei giganti spagnoli. All’Italia è mancato il centrocampo con Marchisio inesistente, Pirlo ha perso il duello della regia con Xavi e in attacco Cassano e Balotelli hanno vagato a vuoto. L’Italia si è presentata meno preparata all’atto finale, ma va ringraziata per l’impegno e il gioco espresso che le ha permesso di ritornare ai vertice del calcio europeo. Il sogno si è infranto, ma nessuno aveva chiesto il titolo a Prandelli e nessuno avrebbe immaginato che l’Italia arrivasse così lontano. Quello che si chiede è di trattenere Prandelli, un genio innovatore di una scuola calcistica che da lustri gioca a speculare. Il progetto continua, senza temere le innovazioni, rivelatesi positive in Polonia e Ucraina. Si può ripartire dalla lezione di Kiev e dagli applausi spontanei che i giornalisti hanno riservato a Prandelli alla sua entrata in sala stampa il giorno dopo. Finalmente in Italia si è capito che non conta solo il risultato, ma che i progetti esigono tempo e dedizione. Nel frattempo grazie a Prandelli per questi momenti esaltanti di Euro 2012 e per il nuovo volto della nazionale, che ha riconquistato la passione degli italiani.
Gaetano Scopelliti