Pubblicato il Rapporto Aifa sul consumo dei farmaci in Italia
Il rapporto Aifa sull’uso dei farmaci fotografa una situazione per certi versi allarmante, perché manda in frantumi l’immagine dell’italiano spensierato e tranquillo, sole e mare, che si gode la vita, suona, fischia e canta, come dice la pubblicità. L’anno scorso in media ogni cittadino italiano ha consumato 30 scatole di farmaci. Basta moltiplicare 30 per 60 milioni di italiani e si ottiene una cifra spaventosa: un miliardo e ottocento milioni di scatole di farmaci. Sono poche, sono molte? Ci superano solo i francesi, anche loro “cittadini ridentes”, alla Sarkozy, che hanno consumato 45 scatole di farmaci, 15 addirittura più di noi. Di poco dietro di noi gli spagnoli con 28 e l’Inghilterra 26. Quello che sorprende è che i tedeschi, gente che lavora e si dà da fare, che non chiacchiera negli uffici, non va a fare la spesa durante l’orario di lavoro, ma sta con la testa sulle pratiche, che fa quel che deve fare chi ha serietà e dignità di sé. Ebbene, una volta si diceva che il lavoro può essere alienante. I tedeschi dimostrano l’esatto contrario: lavorano sodo e non hanno bisogno di farmaci, quanto meno non tanti quanti ne consumiamo noi. Si fermano a quota 18, a dimostrazione che il lavoro nobilita l’uomo e la tiene in forma fisica e psichica.
Ma forse esiste un’altra chiave d’interpretazione per spiegare che alcune categorie di persone ingurgitano meno farmaci di altri: il lavoro per i tedeschi, la voglia di arrivare per gl’immigrati, i quali ultimi, in Italia, consumano meno scatole di farmaci per le malattie ordinarie, diciamo così, e quasi nulla per la depressione. Gli immigrati sono meno depressi o addirittura non conoscono cosa sia la depressione. Lo certificano gl’immigrati in Italia, ma anche gl’immigrati in altri Paesi, almeno fino a quanto conservano lo status di immigrati. Quando cioè si sono integrati in tutto e per tutto lo sono anche in termini di consumo di farmaci e di tipologie di malattie.
Ma torniamo al rapporto Aifa, che dice che le donne ricorrono ai farmaci molto più degli uomini, i quali, a loro volta, vi ricorrono di più solo oltre una certa età. Infatti, solo tra i 65 e i 74 anni gli uomini consumano più farmaci delle donne. Che non sia questa la causa della maggiore longevità del gentil sesso? Quello del consumo dei farmaci, comunque, si scontra con altre convinzioni, evidentemente basate su ipotesi che non reggono. Dicevamo della spensieratezza, del sole e del mare. Ebbene, i fattori climatici, al posto di essere una causa determinante dell’insorgenza o meno di malattie, specie quelle legate allo stato d’animo, finisce per essere l’esatto opposto. Ad esempio, sole e mare non impediscono ai siciliani di spendere 258 euro pro capite per i farmaci e di consumare 1086 dosi giornalieri ogni mille abitanti. In questa classifica negativa seguono i laziali, i pugliesi e i sardi. I bolzanini, gente del nord, spendono meno di tutti: appena 149 euro pro capite. Il freddo non fa ammalare, come il caldo non rende immuni da malattie, evidentemente.
L’uso degli antibiotici diminuisce un po’ dappertutto (-3,8%): segno che la gente ha capito che gli antibiotici non si possono prendere come il caffè. In alcune regioni come Campania, Puglia e Sicilia, gli antibiotici sono usarti di più e a sproposito, vengono evidentemente consumati anche per raffreddori, influenze e mal di gola, per quelle patologie, cioè, di origine virali per le quali gli antibiotici fanno più male che bene.
Forse la causa è la maggiore attenzione alla spesa, certo è che nel 2011 il servizio sanitario nazionale ha risparmiato un buon 4,6% rispetto al 2010 (12.387 milioni di euro), dovuto certamente al fatto che molti farmaci sono arrivati a fine brevetto e sono diventati “equivalenti”, quindi con una diminuzione di circa 60-70%. E’ salita, invece, la spesa farmaceutica ospedaliera. C’è stato, per contro, un aumento della spesa per i singoli cittadini (aumento del ticket): un 5% secco rispetto al 2010. La spesa dei singoli cittadini è aumentata anche perché sono in numero crescente coloro che si pagano le medicine da sé, anche di fascia A, e quelle per automedicazione. Il fai-da-te esiste anche in medicina.