E’ stato pubblicato il rapporto annuale dell’Istat su matrimoni, separazioni e divorzi, che si riferisce al 2010 e che vede in aumento separazioni e rotture di matrimoni per gli ultra sessantenni
Ormai il rapporto annuale Istat su matrimoni, separazioni e divorzi non contiene più novità, perché non fa che registrare situazioni e dati noti. La differenza tra gli anni scorsi e oggi è il numero in salita di coloro che si dicono “basta, ognuno per i fatti suoi”. Ed allora vediamole queste cifre, cominciando dal numero dei separati che nel 2010 erano il 30% secco: 307 coppie ogni mille matrimoni, più 2,6% rispetto all’anno precedente, mentre i divorzi sono stati 182 ogni mille abitanti, meno 0,5% rispetto all’anno precedente. I divorzi sono sempre stati meno delle separazioni: si vede che certe coppie vogliono tenere una porta socchiusa per una serie di motivi che vanno dalla non ufficialità giuridica di un nuovo legame ad una scelta da single, ma attenzione, non inganni troppo la differenza tra separati e divorziati, perché il divorzio può sempre avvenire dopo e comunque anno per anno c’è sempre una sfasatura.
Dunque, sono tempi duri per la famiglia, che si sfascia secondo un bollettino di guerra che vediamo sotto i nostri occhi, ciascuno nel proprio territorio. Oggi si litiga di più rispetto al passato, ma non è questo il punto. La ragione consiste nella leggerezza con cui si affronta un matrimonio e nella superficialità con cui non si sanno affrontare i problemi. Quando si comincia a litigare, non si cerca il punto d’incontro, ma di scontro, e quando si scavano fossati, è difficile colmarli, è più facile mettere una pietra sopra l’unione. Il che è anche un segno di leggerezza. C’è comunque una contraddizione in tutte queste vicende di rottura, ed è che sopraggiungono proprio quando normalmente si pensa che un uomo e una donna abbiano raggiunto la maturità, cioè verso i 45 per lui e i 42 per lei. Ma la spiegazione c’è: ci si sposa sopra i trent’anni (solo un matrimonio su quattro avviene sotto), arriva un figlio che riesce a rimettere insieme i cocci dell’unione, ma poi i problemi riemergono quando il bambino ha intorno ai 12 anni e quando i genitori sono sufficientemente giovani per rifarsi un’altra vita con un nuovo partner. Ecco quindi anche la genesi della cosiddetta famiglia allargata, nella quale un coniuge ha figli della nuova e della precedente unione.
Facciamo un raffronto tra le separazioni del 2010 (307 per mille matrimoni) e del 2000: nel giro di dieci anni si sono raddoppiate. Erano 158 ed ora quasi il doppio. Prima ci si separava tra i 35 e i 39 anni, anche per effetto dei matrimoni celebrati sotto o anche molto sotto i 30 anni, ora la soglia si è innalzata. Una volta c’era la crisi del settimo anno – che magari veniva superata – ed ora si vede che le crisi sono più numerose e avvengono anche molto prima. A volte i matrimoni non festeggiano nemmeno il primo anniversario. Già, perché quando si dice che in media ci si separa dopo 15 anni, non bisogna dimenticare che si tratta, appunto, di una media, il che vuol dire che un matrimonio può durare un anno e un altro 30. E siamo arrivati all’altro tema, ormai ricorrente da un po’ di anni a questa parte, e cioè l’aumento delle separazioni anche in tarda età. In dieci anni gli uomini oltre i sessant’anni che si separano sono passati dal 5,9 al 9,9, mentre le donne dal 3,6 al 6,4. Qui la spiegazione è chiara, e sostanzialmente si può ridurre a due cause. La prima è che dopo i sessant’anni in genere i figli sono cresciuti, autonomi, indipendenti, magari a loro volta sposati e con figli, dunque, non bisogna più provvedere a loro. Se queste coppie per anni avevano represso i motivi di disagi nello stare insieme, se non si amavano veramente, allora è il momento della rottura che covava da tempo e che esplode perché, stando soli, si prende atto che in realtà non hanno molto da dirsi. La seconda causa è l’occasione maggiore per l’uomo di mettere gli occhi su donne più giovani, specie se con qualche gruzzolo da parte e con la facilità di trovare sponda dall’altra parte, cioè con le badanti, di cui l’Italia è piena. Le quali badanti, a loro volta, provengono da situazioni spesso disastrose (vedi la Romania o l’Ucraina) sia dal punto di vista economico che familiare (separazioni e divorzi o abbandoni), per cui non disdegnano di risolvere i loro problemi unendosi a uomini più anziani di loro ma benestanti.
Chiusa questa parentesi, vediamo di citare qualche altra cifra utile ad illuminare la situazione. In Italia, ci si separa di più se si possiede un titolo di studio superiore. Nel 2010 le coppie di laureati che si sono separate sono state il 4,4%, mentre quelle con licenza elementare solo l’1,3%. L’affidamento condiviso dei figli minori è del 90%, rarissimamente solo al padre, circa il 10% solo alla madre. A pagare il mantenimento è quasi sempre l’uomo (98% dei casi). Concludiamo con un atteggiamento di maturità delle coppie separate: oggi, rispetto al passato più o meno lontano, una volta presa la decisione di rompere il matrimonio lo si fa consensualmente (l’85,5% dei casi). Si litiga prima, non dopo, anche perché le liti costano tempo (anni) e soprattutto soldi.