Per evitare gli accorpamenti dei piccoli Comuni nel 2006 nacque il Principato di Seborga, nel 2008 la Repubblica di Malu Entu e nel 2011 il Principato di Filettino
Si fa presto a dire “Facciamo un Principato”, “Creiamo una Repubblica indipendente”, “Mettiamoci insieme, stiliamo uno Statuto, un atto di Fondazione”, “Nominiamo un Principe, un Presidente della Repubblica”. Si fa presto a dirlo e qualcuno è passato anche ai fatti. In passato ne abbiamo riferito anche noi. Gli ultimi che ci hanno provato sono stati gli abitanti di Filettino, un piccolo Comune in provincia di Frosinone, 400 anime appena, un Comune che nel quadro della politica di risparmio e di accorpamento con altri Comuni vicini, rischiava di scomparire. Vi ricordate? E’ successo nel 2011, l’anno scorso. Fu formata un’Associazione con tanto di Statuto e adesioni, fu coniata una moneta, il Fiorito, e, in pubblica piazza, fu posta la corona di principe reggente sulla testa di un giurista di fama, l’avvocato Carlo Taormina. Prima di Filettino – ma qui non si tratta della sparizione di un piccolo Comune – ci aveva provato nel 2008 l’indipendentista sardo, Salvatore Meloni, il quale, forte anche di ritrovamenti e testimonianze storiche, aveva occupato uno scoglio al largo di Oristano, l’isola di Mal di Ventre, vi issò la bandiera dell’indipendenza e si autonominò Presidente della Repubblica Indipendente di Malu Entu.
Andando indietro nel tempo, arriviamo al 2006 – come si può immaginare, è da questa data che si cominciò a parlare di accorpamenti di Comuni – quando il sindaco di Seborga, 319 anime in provincia di Imperia (qui si sentiva l’aria proveniente dal Principato di Monaco), avuto sentore della proposta di accorpamento, decise, di comune accordo con i cittadini, di proclamare il Principato di Seborga, con tanto di richiesta (inevasa) alla Corte Europea di Strasburgo. Fece coniare la moneta, il Luigino, fece issare la bandiera nella pubblica piazza e fece anche distribuire le targhe automobilistiche del neonato Stato. Dicevamo: si fa presto a dirlo, quando si tratta di subire la cancellazione del proprio piccolo Comune, non ci vuole molto a mettere d’accordo le persone, basta un fischio. Se poi si parla di far stampare carta moneta e coniare pezzi sonanti si fa in un battibaleno. Il problema, poi, è a farlo, e quelli che ci hanno provato, si sono dovuti ritirare in buon’ordine, con la coda tra le gambe, e devono anche ringraziare che non gli è andata peggio.
Dopo cinque mesi da quella cerimonia ufficiale e solenne, per quanto non proprio affollata, il neopresidente della Repubblica di Malu Entu, Salvatore Meloni, vide un giorno avvicinarsi un gommone. Pensò che fossero ambasciatori stranieri che avevano riconosciuto la nuova Repubblica e volevano rappresentare il loro Paese, ma quando il gommone fu più alla portata della sua vista, Salvatore Melloni vide che erano agenti della Guardia Forestale, della Vigilanza ambientale e della Capitaneria di porto, i quali senza tanti complimenti, fecero sloggiare tutti, presidente in testa, e da allora cessò di esistere la Repubblica di Malu Entu e quell’isolotto tornò a chiamarsi come era stato chiamato da sempre: isola di Mal di Ventre. Il mal di ventre, per la verità, venne anche a Salvatore Meloni, che ancora ne soffre.
A Filettino, nel giorno della cerimonia ufficiale, il commissario prefettizio negò l’autorizzazione ad occupare la pubblica piazza perché la “nuova istituzione” fu definita “inesistente”. A Carlo Taormina andò meglio di Salvatore Meloni: la corona non gliela ruppero in testa perché fu lesto a darsela a gambe. A Seborga, forse perché i liguri hanno molte altre cose da fare, il Principato risulta tuttora non riconosciuto, continuano ad usare l’euro (chi ce li ha) e la targa automobilistica non è altro che un autocollante, di quelli che si piazzano per nascondere una piccola ammaccatura della carrozzeria. Andò peggio, molto peggio, ai “serenissimi” che nel 1997 occuparono il campanile di San Marco, a Venezia, e vi posero la bandiera della gloriosa ex Repubblica di Venezia: cinque anni di carcere e richiesta di grazia sistematicamente ignorata. Sì, perché lo Stato italiano è come quella che nella pubblicità dice: “Toglietemi tutto, ma non il mio Breil”, cioè: insultate il presidente della Repubblica, insultate il presidente del Consiglio (dipende da chi), ma guai a togliermi un pezzettino di territorio.
Perciò, un consiglio vogliamo rivolgerlo alla Lega che fu di Bossi e che è di Maroni ma che continua sempre a parlare di Padania: lasciate stare, parlate d’altro, gli Stati indipendenti, anche piccoli, sono stati sempre conquistati dopo secoli e secoli e soprattutto con le armi, mai con le chiacchiere. Perciò, vedete voi se vi conviene.
1 commento
Buongiorno,
correggete l’articolo dove dite “che l’isolotto è da sempre chiamato Isola Mal di Ventre”…. in effetti si è sempre chiamato isola Malu Entu. Overro isola del cattivo vento.
L’italia ha rinominato tutti i toponimi della repubblica con maldestri adattamenti… Sèr Vej in provincia di Torino è diventato Cervelli ! Sfiora il ridicolo ed offende l’intelligenza.
D’altronde come si può pensare che i sardi possano chiamare isola mal di ventre un pezzettino di terra in un mare da paradiso. Certo un popolo anche di pescatori non si spaventa del mal di mare…. Solo la burocrazia italiana poteva, dando maldestramente un nuovo nome a territori e popolazioni che esistevano da molto prima dell’istituzione del regno d’Italia.
Visto che il sardo è riconosciuto come lingua, nulla (nella legislazione italica) vieta di chiamare veramente l’isola come si è chiamata da sempre!
Saluti.
Stefano Gamberoni