Fallito il suo matrimonio, Chiara Invernizzi viene ripudiata dal marito che le nega il consenso all’espatrio, secondo la legge islamica
Anni fa, con la pubblicazione del libro “Non senza mia figlia”, divennero di dominio pubblico le odissee vissute dalle donne occidentali che avevano sposato un musulmano con cui, fintanto che vivevano in Occidente, il ménage procedeva d’amore e d’accordo, poi, però, quando la coppia andava a vivere in uno dei Paesi musulmani, cominciavano i problemi a causa delle usanze e della condizione delle donne in quelle latitudini. Nel caso del libro in questione, l’autrice racconta le sue vicissitudini in quanto donna, obbligata a sottostare non solo al marito ma ad una serie di regole che in Occidente a tutti paiono ormai assurde. Quando alla fine ottiene il permesso di rientrare nel suo Paese, sorge il problema più grande: quello di portare con sé la figlia.
Ebbene, da allora questi casi si sono moltiplicati, a meno che una donna non accetti di spogliare se stessa della sua cultura e di abbracciare totalmente usi e costumi tipici dei Paesi musulmani. Si potrebbe dire alla malcapitata di turno: ben ti sta, poteva pensarci prima, ma si sa, l’amore fa vedere rosa anche quello che rosa non è o, piuttosto, potrebbe non essere. Non bisogna mai generalizzare, anche se le storie si ripetono identiche.
L’ultima, penosa odissea la sta vivendo Chiara Invernizzi, 40 anni, che da cinque anni vive a Jedda (Arabia Saudita) e che tre anni fa sposò un uomo del posto. Ecco il suo racconto: “In Europa, quando l’ho conosciuto, era amabile, un’altra persona. In Arabia Saudita, però, la donna è sottomessa in nome dell’Islam. La vita assieme alla fine è diventata un incubo. Quando voleva insultarmi mi chiamava in maniera dispregiativa “cristiana”. Mi ha ripudiata, secondo la tradizione islamica, ma non mi lascia partire per tornare a casa”. Possibile? E’ vero, purtroppo, perché nel regno saudita il marito è il tutore legale della moglie, trattiene il passaporto della consorte ed è lui che deve dare il benestare all’espatrio, anche se la donna è di un’altra nazionalità. La donna è dunque “prigioniera” a Jedda e il motivo è, secondo il marito, la mancata restituzione di una grossa somma che a suo tempo aveva depositato alla moglie.
La madre, tempo fa, riuscì, con l’aiuto del consolato italiano, a rimpatriare, lei, invece, non c’è riuscita e vive a Jedda con il padre, che ha 72 anni e che l’accompagna perché una donna non può uscire e guidare da sola.
In un memoriale inviato ad un giornale italiano, Chiara Invernizzi scrive: “Non mi sono mai sentita a casa mia, in quella grande casa dove non potevo neanche disporre i mobili secondo il mio gusto”. Per farla breve, il rapporto sentimentale è compromesso e nel mese di ottobre scorso il marito la ripudia. Lei e il padre hanno dovuto dare i passaporti all’ex marito per il visto di uscita obbligatorio da parte del tutore legale. Chiara Invernizzi aggiunge: “Ogni straniero dipende da uno sponsor, che può essere solo saudita e ha il diritto di impedirti di lasciare il Paese”. Malgrado la donna e il padre abbiano ricevuto un nuovo passaporto dal consolato italiano, l’espatrio non è stato possibile in mancanza del consenso del tutore, appunto.
Il 7 aprile, Chiara Invernizzi accetta l’invito dell’ex marito per discutere della faccenda, ma alla fine viene conciata male. Ecco il suo racconto: “Nel giardino ha iniziato a picchiarmi, tirarmi per i capelli e quindi mi ha stretto al collo il velo, che le donne devono portare in testa, trascinandomi come un cane verso casa. Mi è salito sul petto con entrambe le ginocchia prendendomi a sberle fino a farmi venire un occhio nero e sempre stringendomi al collo quel maledetto velo. Ha minacciato di raparmi a zero e di chiudermi in una stanza nel seminterrato, dove sono stata trascinata per i capelli per 4 rampe di scale. Secondo il Corano, una moglie disubbidiente deve essere punita”.
Riuscita a uscire dalla casa dell’ex marito, Chiara Invernizzi va a denunciare le violenze alla polizia e inizia l’iter processuale. Dopo la denuncia l’ex marito sembra disponibile ad un accordo e ad un compromesso anche sulla restituzione della grossa cifra versata a suo tempo alla moglie. Anche l’ambasciata del regno saudita promette di intervenire da Roma, ma prima del Ramadan l’uomo si rimangia la parola e minaccia di denunciare l’ex moglie per appropriazione indebita e per adulterio, reato che, se provato, comporta anche la pena di morte.
Le ultime notizie sono che l’avvocato di Chiara Invernizzi ha presentato un esposto alla procura di Alessandria e che la donna confida nella pubblicazione della sua vicenda e nell’intervento della diplomazia e in modo particolare del re, “uomo illuminato e giusto”.
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