Nichi Vendola dichiara che con “Casini è impossibile governare. Siamo incompatibili, anzi antitetici”
Il 29 agosto è giunto e trascorso, ma dell’accordo sulla legge elettorale non si sa nulla. Pdl e Pd sono divisi sui punti che abbiamo indicato nella scorsa edizione. Tutti d’accordo sulla soglia di sbarramento al 5%, ma divisione sulle preferenze (volute dal Pdl, contrario Berlusconi) e sui collegi uninominali (voluti dal Pd), sul premio di maggioranza (il Pdl lo vuole al partito maggioritario, il Pd alla coalizione maggioritaria). Nessuno cede e dunque la riforma è ferma. Che venga fatta subito o tra tre mesi, non cambia nulla. Anzi, meglio fra tre mesi, così viene meno ogni velleità di andare ad elezioni anticipate.
Quanto al decreto sulla crescita, fase due, c’è ancora discussione nel governo. I punti più critici sono la tassa sulle bevande per bambini per contrastarne l’uso in quanto zuccherate e quindi nocive, che il Pdl non vuole, ma che non vogliono nemmeno tanti che hanno buon senso. Infatti, dicono costoro, tassare alcune bevande solo perché possono far male è assurdo: o non vengano prodotte se fanno male o non si possono tassare le bevande e non tassare, ad esempio, altri alimenti che possono anch’essi far male. L’orientamento del governo sembra essere quello di rinunciare a tassare le bevande. L’altro punto oggetto di critiche ed approfondimenti riguarda la sanità, e in particolare la revisione dell’intramoenia con maggiori controlli fiscali.
Ma spostiamoci dal governo ai partiti, in particolare al tema che domina il dibattito politico nel centrosinistra: la foto di Vasto. Come si ricorderà la foto di Vasto risale all’anno scorso, quando a Vasto, in occasione della festa dell’Idv, s’incontrarono Di Pietro (Idv), Bersani (Pd) e Vendola (Sel) e dalla loro fotografia nacque anche l’alleanza a tre, che doveva essere l’asse portante del nuovo centrosinistra. Ebbene, da quella foto è stato tolto Di Pietro e a toglierlo è stato Bersani, quando il leader dell’Idv ha attaccato duramente Napolitano in più di un’occasione ed ha attaccato lo stesso Bersani e il Pd da quando quest’ultimo ha deciso di appoggiare Monti e la sua politica ritenuta da Di Pietro “macelleria sociale”. All’inizio Vendola disse: o con Di Pietro o io da solo non mi alleo con il Pd. Qualche giorno dopo, però, anche Vendola mollò Di Pietro giudicandolo troppo polemico, di conseguenza il patto si ridusse a due: Bersani e Vendola. Troppo poco per vincere le elezioni. A questo punto, venne a maturazione la strategia di avvicinamento di Casini e di Bersani. Il primo, da mesi, va parlando della necessità di fare un patto tra moderati e sinistra per governare l’Italia del dopo Monti in continuità con lo spirito e lo stile di Monti, il secondo è consapevole che senza un terzo partito che possa sottrarre voti al centrodestra e aggiungerli al centrosinistra non ci potrà essere un governo maggioritario. E’ chiaro a questo punto, però, che un’alleanza e un programma comune Casini-Vendola è altrettanto impensabile, in quanto incompatibili politicamente e programmaticamente. Ecco allora che per non allarmare i rispettivi elettorati che non vedono di buon occhio l’incontro Casini-Bersani e per aggregare il massimo possibile dei voti, Casini ha dichiarato che andrà alle elezioni da solo, salvo poi, ad elezioni avvenute, fare un patto di legislatura con il Pd, garante anche dell’alleanza asimmetrica con il Sel di Vendola.
Insomma, un’intesa beffa per gli elettori. Nei giorni scorsi, però, in seguito alla bocciatura da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo del punto della legge sulla procreazione assistita che concerne l’esame dell’embrione prima dell’impianto, sono tornati d’attualità i cosiddetti temi etici e i diritti civili, unione di fatto e matrimonio dei gay. Su quest’ultimo punto c’è stato uno scambio di battute polemiche tra Casini e Vendola, che ha riproposto la foto di Vasto senza Casini. L’ha riproposta con giudizi pesanti. Eccone uno, lapidario: “Con Casini non si può assolutamente governare. Siamo oggettivamente incompatibili, anzi antitetici”. La risposta di Casini è stata altrettanto secca: “Mi preoccuperei se Vendola volesse rapporti più stretti con me. Ma tra Bersani e Vendola c’è un abisso. La sinistra risolva l’equivoco se vuole essere credibile”. Bersani, a questo punto, ha cercato di fare l’arbitro: “Casini non è nel campo dei progressisti, ma non bisogna essere settari, né chiusi”. Anche D’Alema ha provato a ricucire: “Siamo più affini a Vendola, ma non vuol dire che non dobbiamo collaborare con Casini”.
In realtà, la ricucitura non c’è stata, anzi, il fossato si è allargato. Vendola vuole un’alleanza con il Pd di Bersani, perché non vuole una “sinistra identitaria”, di pura testimonianza, ma nello stesso tempo non vuole che Sel diventi una succursale del Pd, per cui non solo si allontana da Casini (“Senza Casini prenderemo più voti” e “Badate, a 54 anni compiuti, parlo per me: ho diritto a diritti pieni, non dimezzati. Non si può andare avanti con chi propugna Monti in eterno e il bigottismo di Stato”), ma rilancia la foto di Vasto rimettendovi Di Pietro cancellato da Bersani, perché “se con Di Pietro c’è un solco profondo su alcune questioni, c’è un solco ancora più profondo su altre con il Pd”. Tra un Bersani che guarda a Casini e Di Pietro, Vendola non avrebbe esitazioni: sceglierebbe Di Pietro.