L’invasione tecnologia e la sempre più veloce evoluzione di sofisticati strumenti hardware e software, hanno ormai da tempo cambiato il nostro modo di comunicare. Mail, sms, mms ed internet hanno rivoluzionato non solo il modo di comunicare, ma il mondo della comunicazione in sé, dando vita ad un universo senza confini e senza regole, dove tutto è possibile e dove tutti si mettono, virtualmente, in gioco.
Chat, newgroup, blog e forum prendono il posto delle vecchie piazzette di quartiere, dei piccoli bar di provincia, allargando a dismisura gli orizzonti della comunicazione e dell’informazione. Internet oggi è la moderna Alessandria d’Egitto, la nuova agorà greca, uno spazio percepito come infinito, pronto ad accogliere chiunque, da qualunque parte del globo: il popolo di navigatori quotidiani, fatto di persone di ogni razza e di ogni età cresce a dismisura, dividendo il mondo tra connessi ed esclusi.
Informazione e comunicazione diventano aspetti sempre più complementari nel mondo virtuale: prova ne sono i vari forum e blog pieni di commenti a notizie ed avvenimenti di ogni genere, da ogni parte del mondo.
Prende vita così un interscambio culturale impensabile fino a pochi decenni or sono, quando le distanze spaziali e temporali erano assolute e non ancora soggette al dilagante relativismo odierno. Dove sia da ricercare il quid che differenzia la comunicazione virtuale dalla comunicazione tout court è presto detto: in internet si dialoga “senza pelle”, dove un’espressione del genere sta ad indicare la “naturale” confluenza di pensieri appartenenti a varie culture e latitudini, senza il bisogno di diplomazie di sorta e al riparo da reazioni incontrollate; “senza pelle” per indicare, una comunicazione priva di pregiudizi razziali ed intellettuali, perché ogni persona è un utente prima che essere uomo o donna, bianco o nero, palestinese o islamico, credente o ateo. “Senza pelle” perché ci si spoglia della propria fisicità, soprattutto quando rappresenta un’ancora per gli adolescenti timidi che faticano a trovare un dialogo con i loro pari, perché si “bypassa” quella prima impressione che generalmente si coglie “fisicamente” per passare direttamente al contenuto. “Senza pelle” perché, spesso, parlare da “sconosciuti” a “sconosciuti” degli aspetti più intimi del proprio io diventa più facile dietro ad uno schermo che davanti ai vecchi amici di sempre, forse a causa di retaggi morali difficilmente superabili o per il timore del giudizio di chi si ama o si stima.
Ma l’incontrovertibile circostanza che la comunicazione sia divenuta pressocchè illimitata non significa necessariamente che si comunichi di più o che si comunichi meglio, riuscendo a stabilire quello scambio di contenuti che comporta un arricchimento personale o cognitivo. “Senza pelle” implica anche, considerato come mentire in rete sia la cosa più diffusa del mondo virtuale, creazione di un alter ego del tutto, o magari anche solo in parte, inesistente: si riesce a creare rapporti autentici sulla base di una comunicazione che poggia, come requisito primo, sul totale affidamento ad un nick senza voce né volto?
Nel villaggio globale in cui molto più spesso si ritrovano i nostri adolescenti, la coesistenza di realtà e simulazione rappresenta l’ostacolo maggiore a scapito tanto della sicurezza quanto della autenticità dei rapporti; questo soprattutto perchè la comunicazione non può essere ridotta ad un semplice scambio di informazioni e di relazioni, misurabili in bit e non in intensità, ed essere privata della sua stessa essenza che non sempre è data solo dalle parole ma è piuttosto un mix imprescindibile di parole e confronti vis a vis, di emozioni, silenzi o espressioni spesso ben più eloquenti di molte parole.
In un contesto tanto irreale il vissuto diventa semplice rappresentazione e la vita quotidiana viene ridotta ad una serie di immagini decontestualizzate e simboliche. Per non parlare del rischio dell’impoverimento che una tale forma di interrelazioni comporta nella vita “reale” di ognuno: “la navigazione” in internet occupa sempre più spesso quei ritagli di tempo altrimenti dedicati alla vita sociale, all’incontro con gli amici, relegando più o meno passivamente milioni di persone dietro uno schermo a costruirsi immagini e rapporti sospesi nell’etere, portando ad una chiusura nei confronti del mondo che ci sta intorno e creando solitudini ed incertezze apparentemente difficili da ravvisare ma in realtà più diffusi di quanto non si creda nella società attuale e tra i nostri adolescenti in particolare.
La conoscenza più approfondita per dirsi realmente tale ed arricchire il nostro io, deve poter far tesoro della conoscenza di sé, dell’altro e del contesto in cui questa avviene, per poter lasciar spazio anche alle emozioni della comunicazione del non detto, piuttosto che esaurirsi nella semplice condivisione di un canale e di un codice omologati e avulsi da ogni contesto spazio-temporale. E’ difficile capire dove stia il limite tra l’uso e l’abuso e valutare con obiettività i vantaggi e gli svantaggi di una tale evoluzione: di certo è difficile non lasciarsi affascinare dalle trovate sempre più originali che la rete offre: entrando in Second Life è possibile crearsi una doppia vita da poter finalmente gestire quasi esclusivamente secondo i nostri più remoti desideri, diventando, con dei semplici clic, le persone che avremmo sempre desiderato essere.
Ma è veramente solo un gioco o il sintomo del profondo scontento che ci domina? E, soprattutto, vale davvero la pena distogliersi dalla propria vita reale, per quanto deludente possa essere, per inseguire un inesistente alter ego nei meandri di internet?