In un paesino della Francia, Lhéraule, il sindaco ha fatto affiggere un regolamento che impone l’educazione, in mancanza della quale si è invitati ad andarsene
Gérard Plée così come Lhéraule erano fino a qualche giorno fa dei nomi completamente sconosciuti. Il primo è il nome e il cognome di una persona, di nazionalità francese, il secondo è il nome di una cittadina, sempre francese, dell’Oise, in Piccardia. La persona è il sindaco della cittadina e tutti e due i nomi sono diventati famosi perché il sindaco ha imposto per legge le buone maniere, cioè l’educazione, in modo particolare agli ospiti.
In quella cittadina deve essere successo qualche cosa di spiacevole per spingere il sindaco a prendere provvedimenti. In effetti, dicono da quelle parti, qualcuno ha detto che degli impiegati comunali erano dei “cani” (chien). Se fosse successo in Italia, l’epiteto sarebbe stato un complimento per l’impiegato, abituato a ben altre definizioni. In Francia no, non almeno durante l’amministrazione di Gérard Plée, che ha emanato un regolamento, fatto affiggere sulla porta del Comune, che dice (articolo 1) che gli abitanti del paese sono tenuti a osservare le norme sociali in materia di gentilezza e di cortesia. L’articolo 2 passa alle maniere più convincenti: chi non userà gentilezza e cortesia sarà invitato subito ad andarsene. Unica eccezione – e non poteva non esserci quando c’è una regola – è quando una persona si reca negli uffici pubblici per avvertire chi di dovere che deve intervenire urgentemente perché c’è qualcuno che sta morendo o ha bisogno di cure immediate, insomma un malato o un incidentato gravi.
Quando la gente ha letto il regolamento, che ha fatto il giro del mondo, si è messa a ridere e a scherzarci su, irridendo al povero Gérard di aver additato la pena ma di aver dimenticato di dire in che modo può metterla in pratica. Non esiste, infatti, una legge che possa autorizzare qualcuno a cacciarlo dal paese solo perché è stato maleducato. Se avesse precisato il tipo di offesa, magari un insulto, allora, forse, si sarebbe potuto ricorrere all’autorità giudiziaria la quale avrebbe potuto, se non mandare via, quanto meno multare il malcapitato. In presenza, però, di un divieto di maleducazione, il codice penale e civile sono carta straccia.
Insomma, è possibile mettere all’ingresso di varie città la tabella con su scritto “città denuclearizzata” (che non fa ridere nemmeno i polli), ma quando ci si appella all’educazione, si è subissati dalle critiche. Eppure, cosa ha mai chiesto il sindaco Gérard Plée di tanto oneroso ai suoi concittadini e agli ospiti? Ha imposto semplicemente di dire “bonjour” (buongiorno) quando si entra in un ufficio e “au revoir” (arrivederci) all’uscita, senza dimenticare di dire “s’il Vous plaît”(per favore) quando si chiede qualcosa e “merci” (grazie) quando la si riceve.
Normalmente queste parole di cortesia si dicono sempre, se non per educazione, almeno per pudore, per non essere simile agli animali, ammesso che loro non lo facciamo, magari nella loro lingua e con i loro gesti segreti. Si vede, però, che certi suoi concittadini non lo facevano (e magari continuano a non farlo) e soprattutto, par di capire, non lo fanno i forestieri o gli stranieri. E allora bene ha fatto il sindaco di Lhéraule a prendere carta e penna e a mettere i puntini sulle “i”.
Pensando a lui ci sono venute in mente alcune situazioni che sono l’abitudine negli uffici ma anche nei locali pubblici italiani. Negli uffici italiani o trovi una coda lunga fin giù dalle scale o trovi due o tre impiegati/e che parlano tra di loro e non s’accorgono nemmeno dell’utente e quando lo notano, dopo un quarto d’ora di conversazioni private, lo guardano come per dire: ma che sei venuto a fare, str…! (ammesso che non lo dicano a voce alta). Spesso capita che ci siano code infinite e impiegati che parlano tra di loro. Quando poi si entra in un locale pubblico, esiste la regola non scritta ma seguita: il personale non saluta te e tu non saluti loro.
Insomma, di Gérard Plée ce ne vorrebbero in Italia uno in ogni locale o in ogni ufficio. Quanto al rispetto e all’esecuzione della punizione, i nostri Gérard Plée dovrebbero essere due metri alti con tanto di bicipiti pronti all’uso contro i trasgressori delle regole della buona educazione. O no?