Piazza Tahrir è tornata a riempirsi ma questa volta a protestare sono solo i liberali, i laici e i musulmani moderati, coloro che vivono la loro religione come interiorità e fede personale. A giudicare dai risultati elettorali per l’elezione del Parlamento – poi esautorato e successivamente trasformato dal vincitore delle elezioni presidenziali, Mohammed Morsi, in Assemblea costituente – i Fratelli Musulmani, fondamentalisti, hanno la stragrande maggioranza nel Paese, almeno quella organizzata, che condiziona l’elettorato e che non sempre coincide con quella reale. Almeno a giudicare dai numeri e dalla struttura del potere in Egitto (patto tra il presidente di turno e l’esercito), le proteste di questi giorni non avranno nessuna possibilità di rovesciare Morsi, tra l’altro insediatosi da alcuni mesi. Anzi, i manifestanti dovranno fare attenzione a non essere repressi con la forza e con la prigione.
Il fatto è che le opposizioni politiche non vogliono rovesciare il presidente. Chi dice questo sono i manifestanti nelle strade, ma i leader delle opposizioni, a cominciare dal premio Nobel per la Pace Mohammed El Baradei e da altri candidati alle presidenziali come Amr Moussa e Hamdeen Sabbahi, vogliono soltanto che la nuova maggioranza attui il programma per cui ci furono le proteste popolari contro Mubarack quasi due anni fa, cioè le libertà politiche e economiche, i diritti delle donne e delle minoranze. Sono questi diritti ad essere stati subito calpestati appena i Fratelli Musulmani si sono impadroniti del potere. D’altra parte, c’era da aspettarselo e tutti i commentatori internazionali esperti di questioni arabe e musulmane lo avevano detto chiaramente, seppure tra l’indifferenza di coloro che poi hanno fatto di tutto per rovesciare Mubarack, certamente un dittatore, ma comunque un laico. Adesso al potere c’è un dittatore, uscito allo scoperto dopo pochi mesi dal suo insediamento, che per di più vuole instaurare il potere della Sharia, cioè la legge coranica, che con la democrazia e i diritti delle donne e delle minoranze non ha nulla a che vedere.
La Svizzera, si sa, è un Paese a maggioranza cristiana, ma una cosa è la pratica della religione, libera e individuale, e un’altra cosa l’imposizione della morale cristiana come legge dello Stato. Tra l’altro, se non andiamo errati, il Vangelo è un messaggio di amore e di pace, quindi un invito, una proposta, non è un breviario di norme di comportamento che ciascuno deve seguire in quanto sono diventate leggi dello Stato le cui trasgressioni vengono sanzionate dai giudici (Stato teocratico). In Egitto, il presidente Morsi, in poche settimane non solo ha decretato il proprio potere autoritario sostituendo il procuratore generale dl Cairo con un uomo a lui vicino, e non solo ha stabilito che i magistrati non possono mettere in questione la legittimità dei suoi atti, ma ha fatto approvare una Costituzione ispirata alla Sharia, per cui chi non si sente musulmano o chi non crede all’esistenza di un Dio è costretto ad obbedire comunque a leggi musulmane (vedasi la lapidazione delle donne accusate di adulterio, magari solo sulla parola di un marito violento).
E’ compatibile la democrazia con uno Stato teocratico, come l’Iran, probabilmente l’Egitto delle prossime settimane a referendum approvato e tanti altri? Pensiamo proprio di no.
La vera Primavera araba è quella delle manifestazioni di questi giorni perché della democrazia sostiene la sua più autentica interpretazione. Probabilmente sarà soffocata da chi quasi due anni fa gridava in piazza democrazia e intendeva Sharia, ma almeno l’equivoco è chiarito.