Oggi più che mai è chiaro che se il regime Assad è da cambiare non è possibile che la Siria sia consegnata in mano ai terroristi
I segnali che provengono dalla Siria si fanno sempre più convulsi, con notizie contrastanti ma che indicano che la situazione sta diventando drammatica.
Le notizie confuse e contrastanti riguardano la richiesta dell’esilio di Bashar Assad, lo stato di salute dell’esercito lealista e l’uso di armi chimiche da parte dei generali siriani in caso di battaglia finale. C’è anche una coda diplomatica, come l’incontro a Dublino tra Hillary Clinton e il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, “ospiti” del mediatore internazionale per la Siria, Lakhdar Brahimi. Per ognuna delle prime tre notizie esistono la versione degli oppositori e quella del regime. Gli oppositori, questa volta spalleggiati da un giornale israeliano, Haaretz, affermano che Assad stia preparando il suo esilio. Si parla di lettere fatte pervenire ad alcune Cancellerie (Venezuela, Cuba ed Ecuador) direttamente dalle mani del vice ministro degli Esteri siriano Faisal al-Miqdal, che ha fatto un viaggio nel Centro America e in America Latina alla fine di novembre. In particolare, sarebbe il Venezuela di Hugo Chavez il luogo prescelto da Assad per la sua fuga, insieme a qualche centinaio di persone della sua famiglia e del suo entourage. A questa notizia ci sarebbe una conferma da parte di un giornale venezuelano, El Universal, che scrive che Chavez avrebbe ricevuto la lettera senza però dare una risposta in quanto stava per partire per Cuba per cure mediche.
Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno confermato di essere a conoscenza non di richieste ma di offerte di asilo ad Assad da parte di alcuni Stati del Medio Oriente e altrove. Oltre alla propaganda degli oppositori, c’è anche quella della Siria, che è di segno completamente opposto. Bashar Assad ha dichiarato: “Vivrò e morirò in Siria”. Dunque, niente richiesta di esilio, secondo il governo, notizia confermata dalla Russia che ha confermato che Assad non intende partire. Alcuni commentatori, comunque, sono dell’avviso che se Assad pensasse all’esilio, si rivolgerebbe piuttosto all’Iran che a un Paese dell’America Latina o Centrale, sia per la difficoltà della fuga verso l’America, sia per motivi di sicurezza e di opportunità.
Passiamo alla seconda notizia, quella dello stato di salute dell’esercito lealista. Anche qui si assiste allo stesso copione. Gli oppositori danno per imminente la disgregazione dell’esercito siriano. Ci sono state delle diserzioni di militari, ma è difficile quantificare la loro entità. Il regime, dal canto suo, ha tutto l’interesse a minimizzare il numero dei disertori, però qualcosa si sta verificando se è vero che catene di fumo s’innalzano sempre di più da interi quartieri di Damasco. C’è da dire che le fonti delle notizie sono inattendibili, nel senso che sono abilmente messe in circolazione di volta in volta quelle che giovano alla causa degli oppositori, quelle che giovano alla causa del regime e anche quelle che provengono da Israele, che con tutte le più sofisticate apparecchiature elettroniche poste sulle alture del Golan spia le mosse del regime. Israele, ovviamente, è interessato alla caduta dl regime che verso Israele mai è stato tenero.
E veniamo alla terza notizia, quella delle armi chimiche che il regime si appresterebbe ad usare se si trovasse sull’orlo della capitolazione. A paventare l’uso delle armi chimiche sono gli Stati Uniti e le varie fonti delle opposizioni. Anche il Segretario Generale dell’Onu ha rilasciato una dichiarazione ultimativa. Se la Siria usasse le armi chimiche, ha detto Ban Ki-moon, sarebbe “un crimine vergognoso con conseguenze disastrose”. Gli Usa hanno minacciato la Siria di “conseguenze” se andasse “oltre la linea rossa”, rappresentata, appunto, dalle armi chimiche.
Il regime ha ribattuto che quello delle armi chimiche è un pretesto per un “intervento militare”. “La Siria”, si legge in un comunicato, “ribadisce per la decima, la centesima volta che armi del genere non saranno usate contro la popolazione. Non intendiamo suicidarci”.
Ecco, queste sono le notizie, la loro convenienza e la loro provenienza. Il dato politico è che c’è una quarta notizia, vera, che riguarda l’incontro a Dublino tra Hillary Clinton e il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, “ospiti”, come abbiamo precisato, del mediatore internazionale per la Siria, Lakhdar Brahimi. Qual è la novità? La novità è che la Russia comincia ad affrontare la situazione in termini più possibilisti in merito ad un cambiamento di regime, cosa che tra l’altro ha da tempo sostenuto. La Russia, infatti, si è opposta con tutte le sue forze e a colpi di veti all’Onu alla cacciata di Assad, che avrebbe significato la presa del potere da parte di gruppo di terroristi e di fondamentalisti arabi. Ora che questi gruppi estremisti non sono più un’invenzione di Assad ma seminano attentati, terrore e sangue e sono diventati noti anche agli Usa, sono maturi i tempi per affrontare il dossier Siria con maggiore serietà. E’ questo l’impegno preso sia dagli Usa che dalla Russia. E’ probabile che questo sia davvero l’inizio di una svolta. O almeno così si spera, per mettere fine ad una guerra che ha fatto 40 mila morti e distrutto gran parte del Paese.