La Francia contrariamente agli Usa che hanno assunto una posizione più defilata, si è lanciata da sola nella “campagna del Mali” con la parola d’ordine di liberare il Paese dal terrorismo. Aspettare mesi prima che i Paesi dell’Ecowas fossero pronti a inviare le loro truppe significava dare vantaggi imperdonabili ai terroristi. Resta il fatto, però, che la Francia di Hollande sta avendo un soprassalto di potenza imperiale, esattamente come era successo due anni fa, quando a lanciare l’offensiva contro la Libia di Gheddafi era stato un deciso e baldanzoso Nicolas Sarkozy.
Gli Usa sia in Libia, sia, oggi, in Mali, occupano le retrovie, la Francia, allora come oggi, la prima fila. E’ singolare, tuttavia, che quando Bush nel 2003 dichiarò guerra contro il dittatore Saddam Hussein, le piazze di tutto il mondo si riempirono, le proteste esplosero, le manifestazioni divennero sempre più minacciose. Anche Bush fece la guerra contro la dittatura e contro il terrorismo (le macerie delle torri gemelle erano ancora prove fumanti), ma si vede che la lotta al terrorismo è valida solo se a farla sono personaggi ritenuti “politicamente corretti”. Allo stesso modo, la guerra è un crimine solo se a dichiararla sono certi personaggi e non certi altri. Lo notiamo non da un’ottica politica, ma solo da un’ottica intellettuale.
Nel 2003 Bush e Blair trascinarono con sé una nutrita schiera di Paesi, tra cui l’Italia, anche se il nostro Paese si aggiunse, per motivi umanitari, solo a guerra conclusa e per partecipare alla ricostruzione e alla pacificazione, anche se l’Iraq continuò per anni a somigliare ad un campo minato. Chi, in Italia, si opponeva allora alla missione in Iraq in nome di un pacifismo di comodo, ora si è subito schierato a sostegno di Hollande, come se la crudeltà della guerra fosse solo una questione di colore politico. Si potrebbe dire che in Iraq non furono mai trovate le armi chimiche di cui Bush e Blair immaginavano pieni gli arsenali di Saddam Hussein, ma ciò lo si può dire solo con il senno di poi e comunque il regime di Saddam Hussein le armi chimiche le aveva usate per davvero contro i Curdi, sterminandoli in massa.
Sono i paradossi della storia o, meglio, delle convenienze politiche. Allora si disse che gli americani erano andati in Iraq per il petrolio, oggi non si dice che i francesi possano essere andati in Mali per l’uranio, il petrolio e il gas. Noi siamo convinti che il terrorismo debba essere fermato, perché è la negazione di ogni principio di democrazia, di umanità e di progresso, ma siamo convinti anche che la comunità internazionale debba agire di comune accordo senza che qualcuno ipotechi vantaggi economici e ambizioni politiche a scapito di altri.
E veniamo alla nostra Italietta, che due anni fa scalpitava – primi fra tutti Casini e Bersani – per liberare la Libia da Gheddafi, dimenticando che il nostro Paese aveva grandi vantaggi in Libia in termini di approvvigionamento energetico che a guerra conclusa sono stati tutti persi. A riprova che l’Italia di oggi è l’Italietta di sempre, abbiamo dato subito il nostro consenso alla Francia, ma siccome non siamo una potenza ce la caviamo sempre con l’immancabile “sostegno logistico”, mentre gli altri continuano indisturbati a fare affari, nel senso buono del termine, cioè a fare politica e a fare economia e sviluppo.
Un’ultima annotazione: l’Europa come entità militare non esiste, ma non brilla nemmeno come entità politica, ognuno va per conto suo. La Francia è sostenuta dalla Gran Bretagna, dal Belgio, dalla Danimarca, dall’Italia (ma solo a parole), la Germania si è negata, ma chi va sempre a rimorchio siamo noi, ora degli uni, ora degli altri. Gli altri, però, agiscono, hanno una linea, una politica, noi vivacchiamo elemosinando un ringraziamento – che non si nega mai a nessuno – facendo finta di non sapere che contiamo poco o niente.