“Fuori i partiti dalle banche” ha tuonato Monti qualche giorno fa nella foga della campagna elettorale, ma Monti è proprio colui che ha favorito le banche con le sue pur giuste misure per combattere l’evasione fiscale. Come conseguenza immediata, però, ci sono stati per tutti i titolari di conti e libretti balzelli e percentuali a favore delle banche, a cominciare dall’obbligo di aprire un conto corrente per tutti i pensionati che ricevono un assegno che, anche se è al di sotto dei mille euro, nel mese di dicembre, con la tredicesima, li supera e dunque non si può ritirare in contanti. Si potrebbe dire che mentre Monti per tutti gl’italiani è stato l’uomo delle tasse, per le banche, invece, è stato l’uomo della provvidenza.
Bersani ha detto: “Fuori i banchieri dai partiti”. Si potrebbe dire che senza i banchieri il Pd conterebbe meno iscritti e simpatizzanti, da Profumo a Bazoli e via dicendo, fior di banchieri che evidentemente a qualcosa pur serviranno. D’altra parte, è proprio l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, ad aver ricordato che nel 2004 “ Fassino e Bersani vennero da me per la fusione Unipol-Bnl-Mps”. La scalata ad Antonveneta non era opera di marziani. L’intercettazione di Fassino che diceva: “Allora, abbiamo una banca?” sarà anche stata divulgata illegalmente, ma la voce era proprio quella di Fassino e non di altri.
Quanto ad Alfano e a Berlusconi, essi non hanno detto nulla a proposito di banche, banchieri e partiti, ma si sa che Denis Verdini fino a qualche mese fa è stato un personaggio chiave della Bcc in Toscana e al mondo bancario uomini del Pdl non sono certo estranei. Dunque, le frasi ad effetto per limitare il danno elettorale sono solo mosse tattiche e nulla di più. C’era una volta la tanto bistrattata “sinistra ferroviaria”, ora il salto è di qualità: si è passati alla “sinistra bancaria”. L’impressione è che una volta ci si finanziava anche con le feste, ora ci si finanzia anche con le banche, con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di commistione affari-politica. E veniamo alla magistratura, altro campo dove la stortura del sistema Italia sta scendendo ai livelli più bassi.
Uno dei pm di punta della procura di Palermo, autore di inchieste più polverose che altro, che intercetta finanche il presidente della Repubblica sapendo bene che non è lecito ma arrampicandosi sugli specchi per farlo, ebbene, Antonio Ingroia, da poco anche con un incarico internazionale in Guatemala, si candida alle elezioni senza dimettersi da magistrato. Forse le legge lo consente, non il buon senso, ma lui se ne infischia e fa la campagna elettorale senza – ma forse ci sbagliamo – rinunciare all’incarico internazionale.
Antonio Ingroia fonda un partito dal nome illuminante “Rivoluzione civile” e si colloca alla sinistra della sinistra. Domanda: con quale serenità esercita la funzione di magistrato? Si ha voglia a gridare ai quattro venti la propria imparzialità, atti, posizioni e discorsi rivelano solo faziosità.
Attaccato da Ilda Boccassini che lo invita a vergognarsi per avere lui detto che viene trattato come Falcone quando questi si avvicinò alla politica, Ingroia ribatte alludendo alla cattiva considerazione che lo stesso Falcone aveva di lei. Ecco, sono queste le persone che amministrano la giustizia in Italia. Attenzione: se Ingroia avesse fatto un patto di desistenza con il Pd, certamente Boccassini se ne sarebbe stata zitta e quieta. Così non è stato ed allora lo ha attaccato, mostrando di non essere meno faziosa e rancorosa di lui.
Dei partiti è meglio non parlare: più promettono (e c’è una gara a chi promette di più) e meno sono credibili, ma questa non è una novità.