Sono in molti a temere che in assenza di un vero vincitore si dovrà tornare alle urne al massimo entro due anni
Si avvicinano le elezioni (mancano ormai tre giorni) e aumenta l’incertezza del risultato. Magari vengono effettuati sondaggi segreti, commissionati dai singoli partiti o dalle coalizioni, ma i risultati non possono essere pubblicati per legge. Il problema, però, non sono tanto i sondaggi clandestini, quanto, appunto, i risultati. Si sa che alla Camera sarà il centrosinistra a vincere, ma dipende dalla partecipazione: più è alta e più il centrodestra ha la possibilità di pescare tra i suoi ex elettori indecisi o stanchi. Ci sono dei sondaggi “sotterranei” che non danno più per sicura la vittoria del centrosinistra, che sarebbe stato sorpassato, seppure di zero virgola qualcosa. Al contrario, al Senato il centrosinistra, anche se perde in alcune grandi regioni, potrà sempre contare sull’alleanza con Monti. Altri commentatori si discostano da questa ipotesi e ritengono che la vittoria del centrosinistra sia assicurata sia alla Camera, dove potrebbe fare a meno di Monti, che al Senato, ma che qui avrebbe comunque bisogno del sostegno montiano.
Stando così le cose, da parte di più di un leader politico – anche se non viene detto in modo esplicito in quanto ogni leader deve spronare i propri elettori alla vittoria, quindi motivarli, non demotivarli – da parte, dunque, di più di un leader viene ventilata l’ipotesi di una legislatura breve, chi dice due anni, chi, addirittura pochi mesi. Non lo ha detto solo Casini, quando ha dichiarato: “Non escludo niente, nemmeno che si possa tornare a votare fra sei mesi”. Lo ha esplicitamente affermato anche Matteo Renzi, che non è il capo del centrosinistra, ma è tuttavia un esponente di primo piano. Renzi ha confidato ai suoi amici, qualcuno dei quali poi lo ha rilanciato sotto forma di opinione attribuita al leader: “Questa è una legislatura che dura al massimo due anni”.
A voler essere completi, altri hanno fatto cenno esplicito ad una legislatura che non avrà vita lunga. Uno di questi è Grillo, che ufficialmente ha detto: “E’ solo una questione di tempo: se non facciamo il botto subito, lo facciamo in autunno. Restando così la situazione, torniamo alle urne fra sei mesi”. Ha affermato Arturo Parisi, che non si è nemmeno candidato in polemica con il mancato rinnovamento, a suo dire, nel Pd: “Sia che vincano i progressisti sia che vinca Berlusconi la coalizione vittoriosa potrà contare su poco più del 30% dei consensi popolari e dunque c’è da immaginare che paradossalmente nessuno dei due mini-poli si auguri di governare da solo. Quanto all’esecutivo che verrà fuori, potrà durare poco o anche tutta la legislatura, ma sappiamo già che sarà un esecutivo debole, frutto naturale della grande frammentazione che si sta esprimendo in queste elezioni”. Arturo Parisi, non sappiamo quanto consapevolmente e fondatamente, ha però avanzato anche l’ipotesi che le elezioni non le vinca il centrosinistra. Ma, a parte questo, ciò che conta è che se non c’è un vero e netto vincitore, si dovrà per forza di cose scegliere due strade: l’alleanza probabile centrosinistra-Monti o la grande coalizione.
Un’alleanza centrosinistra-Monti è probabile: il centrosinistra potrebbe essere autosufficiente alla Camera, al Senato avrebbe bisogno dei voti di Monti. Che sia autosufficiente di poco anche al Senato non cambia, il fatto è che avrebbe comunque bisogno di Monti per avere una larga maggioranza. Ed a questo punto la domanda è d’obbligo: possono convivere Monti con Vendola? Può convivere Fini con Bersani presidente del Consiglio? Intervistato recentemente, Fini se l’è cavata dicendo che conta il programma, non le alleanze. Sappiamo che non è sempre così. Se Fini ottenesse dieci deputati e dieci senatori, dovrebbe andare a piedi – e di corsa – a Santiago di Compostela. Se si alleasse con Vendola e Bersani, probabilmente perderebbe anche quei dieci, ammesso che li ottenga. Vogliamo dire che l’alleanza sarebbe troppo contraddittoria negli interessi e nei programmi. Un esempio? Il centrosinistra, con D’Alema ministro degli Esteri in pectore in testa, sulla politica internazionale è schierato a favore dei palestinesi. Fini e Casini, ma pensiamo anche Monti, invece, a favore di Israele. Siccome la politica internazionale è importante, i contrasti emergerebbero se non subito quantomeno dopo il rodaggio, tanto più che questo tema sarà scottante nel prossimo futuro, non solo per l’Italia, ma anche per altri Paesi.
L’alternativa all’alleanza centrosinistra-lista Monti potrebbe essere la grande coalizione. Ma è sicuro che centrodestra, centro e centrosinistra si mettano d’accordo su chi sarà il presidente del Consiglio? E’ sicuro che faranno ciò che non hanno fatto finora, e cioè un programma di necessità prima di tornare alle urne? Già, di nuovo le urne, l’argomento di prima. Alla grande coalizione si oppongono, in fondo, sia il Pd che il Pdl. Il primo ha fatto un’alleanza con Vendola -. che non vuole né Monti, né il centrodestra – e non intende sconfessarla, il secondo ha fatto un’alleanza con la Lega – che vede Monti come il fumo negli occhi – e non intende farla andare all’aria.
In conclusione: un risultato non netto, al di là delle possibili alleanze, comunque provocherebbe incertezza, instabilità. Non resta che augurarci un vincitore con una maggioranza solida, in grado di portare avanti un programma minimo di riforme degne di questo nome.