La grande storia di Domenico Modugno
Ospite della seconda serata del Festival, Beppe Fiorello, eccezionale interprete della miniserie “Volare” in onda su RAI 1 il 18 e 19 febbraio, racconta la grande storia di un mito della canzone italiana, oggi più attuale che mai. Beppe, che si è mostrato uno degli ospiti più amati e apprezzati delle serate sanremesi, ha incontrato i giornalisti alla conferenza stampa del 13 febbraio per raccontare di come ha affrontato questo ruolo che lo ha impegnato tantissimo, ma che gli ha anche dato tante soddisfazioni!
“Era un sogno che cullavo da tempo: mi sono impegnato a studiare il mio personaggio con un lavoro certosino. Ho avuto la soddisfazione più bella – spiega Beppe – quando la moglie di Mimmo, Franca Gandolfi, mi trovò convincente al punto che mi mise a disposizione la giacca della vittoria di Sanremo. Appena la indossai, mi sentii come stretto nel grande abbraccio di Modugno”.
Beppe raccontaci il “tuo” Domenico Modugno.
Istintivo, coraggioso, travolgente, fuori dagli schemi. Una storia che ha le sfumature della favola. È il racconto di come il coraggio, la passione, la determinazione possano trasformare un sogno in realtà e consacrare un uomo, la sua voce e le sue canzoni al “mito”. Alla fine degli anni ’50 ha scritto una delle pagine più belle della canzone italiana e cambiò per sempre il modo di fare musica. Ha inciso 230 canzoni, interpretato 38 film per il cinema 7 per la tv, recitato in 13 spettacoli teatrali e vinto 4 Festival di Sanremo. Il primo, nel 1958, con la canzone “Nel blu dipinto di blu”, un brano che divenne subito il simbolo di un’epoca e di un intero paese. Un successo memorabile che raggiunse tutti gli angoli del pianeta mandando in delirio le folle e facendo canticchiare il pubblico di tutte le età.
La canzone che fu ribattezzata “Volare”, mentre lui – Mimmo per tutti – divenne per il mondo intero Mister Volare: un ruolo impegnativo da interpretare.
Raccontarlo è stato un onore e una responsabilità. Parliamo di un personaggio che per me, da un punto di vista professionale rappresentava sicuramente una grande sfida.
Ti piacciono le sfide?
Certo, una grande sfida rappresenta sempre una grande emozione e in questo caso l’impresa era davvero enorme. Quando fai una biografia devi mettere poco di te, ti devi attenere il più possibile a quello che è stato il personaggio. Invece, in questo caso io ho messo molto di me perché pare che il mio modo di fare, di parlare, la mia stessa voce, e in qualche modo anche la mia faccia, somigliassero già naturalmente a questo artista. Ma non è stato facile. Volevo cantare e suonare io e ho studiato tantissimo per questo: un lavoro faticoso e attento da quel perfezionista che sono.
Che effetto ti ha fatto interpretare la scena in cui sul palco di Sanremo nel ’58 Modugno vinse il Festival consacrandosi come uno dei cantautori, il primo della storia Sanremese, più amati a livello nazionale e internazionale?
È stata un’emozione immensa, un momento indimenticabile. Intanto la scenografia era al limite della perfezione. Il teatro era stupendo, praticamente identico a quello del ’58. I costumi erano meravigliosi, il trucco di altissimo livello, molto naturale giocato sui colori. Poi le luci e la musica. Ho cominciato a cantare ed è subito successo qualcosa, una magia. Stavamo vivendo insieme il momento clou di una carriera straordinaria. L’apice di una vita artistica e non solo. È stato incredibile.Una scena di finzione dalla straordinaria verità. Non ho fatto nulla di speciale, solo il mio mestiere. Ma sono orgoglioso che la mia interpretazione sia risultata davvero credibile.
Risulta credibile perché anche tu ti nutri di sogni e passione come Modugno, è evidente nel tuo entusiasmo che va oltre la professione e il ruolo…
Guai se non fosse così. Io e Modugno abbiamo in comune origini semplici, entrambi veniamo dalla provincia che è sempre pronta ad uccidere i sogni. E la determinazione a realizzarli spesso non viene capita, anzi ostacolata. Per questo li difendiamo ad oltranza senza arrenderci mai. I sogni sono fatti per essere realizzati, ma bisogna crederci fino in fondo e impegnarsi e allora ognuno può inventare e vivere la propria favola e volare in alto, nel blu.
Hai un ricordo particolare legato alla musica del Mimmo nazionale?
È legato alla mia famiglia, in particolare a mio padre. C’è infatti una canzone che lui cantava spesso: “Amara terra mia”. È un brano struggente che parla di terra di uomini, di partenze e di addii, e quando la sento mi torna in mente lui, lo rivedo come era a quel tempo. Poi sono legato a tutti i brani che ho interpretato nella fiction. Quella che amo di più è “Caveddu cecu de la miniera”.
Hai un desiderio particolare, qualcosa da aggiungere?
Spero si ripeta la magia del 1958. Spero che la grande storia di Domenico Modugno contribuisca a risollevare un po’ il morale dell’Italia con una iniezione di speranza.
Elisa Bindi