L’anno scorso era fuggito di casa e riconosciuto alla stazione di Napoli da un carabiniere: voleva ritornare dai fratelli in Etiopia
Dramma della nostalgia a Paderno Dugnano (Milano). I coniugi Scacchi nel 2007 adottarono due bambini originari dell’Etiopia, Habtamu, oggi quattordicenne, e suo fratello, oggi undicenne. I due ragazzi avevano altri fratelli in Etiopia, rimasti nei campi profughi. Habtami, però, non si ambientò bene, già dall’inizio, in quella cittadina alle porte di Milano. I genitori non c’entrano, forse c’entra l’ambiente, o forse no, era proprio lui, il ragazzo adottato, a sentirsi a disagio. Eppure c’era il fratellino, un motivo in più per sentirsi bene. Oltretutto, i due avevano due genitori adottivi che li amavano e li amano, ma insomma, lui Habtamu non si sentiva bene, malgrado gli sforzi.
Accadde, dunque, che appena dopo Natale 2012, messi insieme un po’ di soldini da parte, frutto di regali natalizi dei familiari e parenti, Habtamu compra un biglietto chilometrico e parte dalla località piemontese di Pettenasco, dov’erano in vacanza, e si dirige verso Sud. Racconterà, dopo alcuni giorni, quando fu riconosciuto da un carabiniere alla stazione di Napoli, che era stata solo una fuga temporanea, una bravata, ma che stava per far ritorno a casa, perché aveva nostalgia del fratellino. I genitori adottivi in pena, si domandarono perché Habtamu voleva fuggire, chiesero aiuto anche a una psicologa, non si davano pace, loro stravedevano per i loro due figli adottivi, che tra l’altro frequentavano la scuola ed erano anche studenti modelli.
Si seppe solo dopo che in realtà Habtami non voleva fare una bravata, voleva andarsene in Etiopia. Ecco perché aveva fatto tappa a Napoli e si stava dirigendo in treno a Palermo: voleva imbarcarsi per fuggire, non per tornare a casa.
Quando lo seppero, i genitori adottivi, Giulia e Marco Scacchi, gli promisero che un giorno sarebbero andati tutti in Etiopia. Le acque si calmarono. Potenza della promessa, potenza del chiasso che si era elevato intorno a lui in seguito al ritrovamento, potenza della capacità di adattamento di un ragazzo che, in realtà, stava meditando qualcos’altro, un’altra fuga. La prima volta era stato rintracciato a causa del telefonino acceso. Il telefonino è comodo, è utile, è indispensabile, ma è come se uno avesse con sé il filo di Arianna: basta seguirlo e ti porta a chi tiene in mano l’altra estremità. Insomma, Habtamu si disse che quando ci avrebbe riprovato, avrebbe fatto a meno del telefonino. Eh, già, perché le acque calme della vita quotidiana di Habtamu non erano poi così calme, la notte non dormiva bene, tutto dedito ad un pensiero solo, a quello che era un chiodo fisso nelle sua mente e soprattutto nel suo cuore. Habtamu meditava una nuova fuga per raggiungere l’Etiopia, il suo Paese, che tra l’altro era in guerra civile. Sembrerà strano, ma era proprio questo un altro chiodo fisso del ragazzo: in Etiopia c’era la guerra e lui era costretto a starsene con le mani in mano vicino Milano, dove la guerra non c’era. Voleva andare a raggiungere i suoi fratelli e vivere là, dove si sentiva a suo agio. La povertà, le difficoltà, i disagi, la vita di stenti: sapeva che tutto questo pesa, ma su di lui pesava di più la lontananza dalla sua terra e dai suoi fratelli.
E’ così che alcuni giorni fa, all’una di notte, con lo zainetto sulla schiena, Habtamu, quando tutti gli altri, compreso suo fratello, dormivano, è uscito di casa e si è incamminato vagando tutta la notte e poi il giorno seguente, senza essere rintracciato. Questa volta non aveva portato con sé il telefonino. D’altra parte, non gli serviva più il telefonino. Habtamu si era reso conto che l’Etiopia è lontana, che mai avrebbe potuto farcela ad arrivare fin là, ma che mai avrebbe voluto tornare a casa, dove c’era sì il fratellino, ma non c’erano gli altri, non c’erano le atmosfere, gli odori, le voci del suo popolo, ed allora il ragazzo l’ha fatta finita. L’hanno trovato morto, dopo una settimana, per caso. Questa volta non ha dovuto inventare scuse, come aveva fatto la prima volta, dopo essere stato scoperto. Questa volta, con un gesto crudele e difficile da accettare, ha fatto quello che ha voluto o, almeno, quello che alla sua età ha creduto essere meglio per lui, gettando, però, tutti nel pianto: i genitori adottivi che tanto lo amavano, il fratellino che a causa di quel gesto estremo, è rimasto solo, gli altri fratelli che non sapevano nemmeno dei suoi propositi, caduti insieme a lui tra il freddo e la terra bagnata della Brianza, una terra che lui non riconosceva come sua.