Sequestrato a Taranto un carico di pentole e stoviglie risultate nocive in quanto fatte con materiale radioattivo al contatto con fonti di calore
Sembra la trama di un film noir di smercio di materiale scottante, ma in realtà è pura verità. Dall’India una nave ha portato un carico di utensili da cucina, quindi pentole, pentolini, scolapasta, posate e simili. Il carico è giunto nel porto di Taranto il 21 dicembre dell’anno appena dietro l’angolo. La ditta importatrice lo ha messo a disposizione degli uffici di sanità marittima ed europea del ministero della Salute, i quali hanno preso due campioni per categoria e li hanno mandati all’istituto zooprofilattico di Foggia, secondo la prassi. Intanto, siccome i documenti erano in ordine, la ditta ha cominciato a vendere i prodotti, precedentemente immagazzinati. Il primo febbraio scorso sono arrivati i risultati ed è scattato immediatamente l’allarme con l’imposizione dello stop alle vendite e la ricerca dei prodotti già venduti.
In pratica gli utensili da cucina provenienti dall’India sono prodotti attraverso la fusione nella lega d’acciaio del cobalto 60, un materiale economico ma anche radioattivo. Si spiega così l’allarme e la ricerca dei prodotti già venduti che, a quanto si è saputo, erano arrivati in tutta Italia e perfino a Malta e in Montenegro. In Italia i prodotti sono stati acquistati a Milano, Palermo, Firenze, Napoli, Arezzo, Recanati, Viterbo, Arezzo, San Giuseppe Vesuviano, Oristano, Padova, Verona, Prato. Abbiamo fatto l’elenco per mostrare come le vendite e gli acquisti siano avvenuti dappertutto, dunque difficile risulta anche la ricerca e la consegna dei prodotti.
A Taranto, sulla merce giunta dall’India e immagazzinata, sono state rilevate fonti di radioattività, anche se la presenza non è eccessiva. Il problema è che ci sono “potenziali danni per la salute umana”. Se entra nel corpo di un mammifero vivente, quindi anche l’uomo, la maggior parte del cobalto viene espulso con le feci, però una piccolissima quantità può essere assorbita dal fegato e dai reni e dalle ossa, e se questo avviene non è certo senza conseguenze.
Non è la prima volta che dall’Oriente, in particolare dalla Cina, ma anche da vari altri Paesi, tra cui, ora, pure dall’India, giungono prodotti che sembrano ben fatti ma che poi non superano l’esame: vernici pericolose, materiali che si rompono, e via del genere. Già negli anni scorsi esplose la questione dei giocattoli realizzati con pericolose vernici tossiche e senza le precauzioni imposte dall’Unione europea. Successivamente, sono stati importati occhiali da sole dagli allegri colori che però non proteggono gli occhi. Poi fu la volta del gel igienizzante che avrebbe dovuto combattere eventuali infezioni e che invece a tutto serviva era tranne che a quello. Adesso, appunto, con le stoviglie radioattive. Davvero non se ne può più. Dalla Cina, dall’India e da quelle latitudini, con la scusa della globalizzazione, giunge merce nociva per la salute e perfino contraffatta. Già, perché non ci sono solo le fabbriche e i laboratori cinesi che smerciano prodotti pericolosi, ci sono anche le industrie straniere che o si sono dislocate in Oriente o comprano prodotti su cui poi appiccicano marchi loro.
Il problema è che i prodotti sono importati con le carte regolari, ed allora i successivi controlli possono essere eseguiti, come è avvenuto per pentole e stoviglie, ma ci sono anche carichi in nero, e qui è difficile ogni verifica o, quantomeno, non prima che i danni siano stati fatti. E’ il caso dei magazzini in alcune città italiane, come Prato o Milano, dove i cinesi hanno occupato interi quartieri impenetrabili alle stesse forze dell’ordine.
Per evitare conseguenze che possono essere anche spiacevoli per l’incolumità e per la salute, meglio non comprare prodotti che vengono dall’estremo Oriente solo perché sono a basso costo (quando lo sono). Non c’è solo la tasca da preservare, c’è soprattutto la salute.