Intervistato da Fazio, si dice scettico che Bersani possa farcela ad ottenere la fiducia di Grillo che ad ogni pié sospinto gliela nega con irrisione
Nel Pd parla l’anima innovativa, l’uomo che ha sfidato Bersani ed ha perso, ma ha raggiunto il 38% dei votanti alle primarie. La lotta era impari, per una serie di ragioni. Primo, perché Bersani aveva il controllo totale dell’apparato e Renzi no; secondo, perché è stato coperto di insulti, additato come “berlusconiano” e quindi avversato dalla maggior parte di un elettorato fedele al capo del partito; terzo, perché diceva cose nuove, a cui quel tipo di elettorato “militante” resta sordo per il motivo espresso al punto due. Renzi, dunque, perse la sfida per la candidatura a premier, ma non ruppe col partito, dal cui apparato era e resta estraneo, anzi, ribadì la sua fedeltà e la sua lealtà al vincitore, a Bersani, non sfuggendo a nessuno che se il Pd era risuscitato – da morto che era – ciò lo si doveva proprio allo sconfitto Renzi che, in campagna elettorale, diede una mano a Bersani stesso che ebbe a dichiarare: “Non è ancora il suo momento, ma il turno di Renzi verrà”.
Ebbene, visti i risultati elettorali, la conquista del primato con annessa sconfitta numerica al Senato, viene in mente la dichiarazione di Renzi, fatta nel corso delle primarie, quando disse che con lui il Pd avrebbe raggiunto il 40% dei voti. E’ difficile fare la controprova, però le tesi sostenute dal sindaco di Firenze, ribadite più volte e ripetute nel corso dell’intervista con Fabio Fazio, cominciano a convincere anche i più scettici.
Eccole in sintesi. Bersani farà il suo tentativo, ma anche se gli va bene, anche cioè se Grillo dovesse votargli la fiducia, le difficoltà nasceranno subito dopo, sul merito dei problemi e sulle soluzioni da adottare. Ecco il motivo per cui Renzi va oltre e continua a fare il ragionamento che ha sempre fatto. Il gruppo dirigente sbaglia a tentare la caccia al grillino dissidente o a percorrere la via dello scambio delle poltrone vecchia maniera (ti darò due presidenze di commissioni in cambio di un atteggiamento morbido su questa legge, oppure ci mettiamo d’accordo su ciò che interessa a te e ciò che interessa a me). Ci vuole chiarezza, dice Renzi, nel partito e verso gli elettori. Con la sua premiership “avremmo insistito su alcuni temi che avrebbero sgonfiato Grillo”. Gli elettori lo hanno votato “non perché hanno letto il suo programma, dove ci sono autentiche castronerie come sull’euro, ma per dare un segnale ai partiti con un megafono: avete capito, è finita!”.
Ed allora, dice, metterei al primo punto del programma la questione lavoro, al secondo (al nono di quello di Bersani), con molta chiarezza l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti o rimborso elettorale che dir si voglia (la sostanza è la stessa).
Ha suscitato clamore il suo abbandono della direzione del Pd. Ora ha chiarito perché se ne è andato. Dice: “Sono abbastanza allergico alle formazioni politiche tradizionali, fatte di riunioni come se fossero sedute di terapia di gruppo, con amministratori anonimi che si guardano in faccia e si raccontano le stesse cose di due anni fa nello stesso organo di quattro anni fa anziché ascoltare i nuovi parlamentari”.
Insomma, Renzi è pronto per il suo turno. In caso di fallimento del tentativo di Bersani, dovranno esserci – meglio prima che dopo – nuove elezioni e rivolgersi agli elettori parlando un linguaggio nuovo per risolvere vecchi problemi.
Dopo tre settimane dal voto, tutto è ancora in alto mare. Profferte al M5S e rifiuto con insolenze varie, al punto che Casaleggio ha dichiarato che “il M5S non farà accordi con i partiti”. Non curanti di ciò, nel Pd è discussione su come procedere con le presidenze di Camera e Senato e con le presidenze delle commissioni. Offrire una presidenza all’opposizione, evitando di fare lo stesso errore del 2006 quando l’Unione fagocitò tutto? Sì, ma qual è l’opposizione, è Grillo o Berlusconi? A questo punto nelle discussioni interne del Pd si è raggiunto un tono da Roma brucia e Nerone suona la cetra. Rosy Bindi, ha scritto Federico Geremicca su La Stampa, ha fatto sapere la sua idea a Bersani, idea che è la seguente: visto che diciamo “mai con Berlusconi”, l’opposizione è lui. Brsani avrebbe accolto l’idea con molte perplessità e avrebbe rilanciato: considerato che Grillo dice “mai fiducia a un governo Pd”, l’opposizione potrebbe essere lui. Insomma, le attuali difficoltà si misurano da queste discussioni e da questi scenari, che in Germania hanno fatto dire che se l’Italia vuole, può ritornare liberamente alla lira.
L’unico che sembra dormire tra sette cuscini è proprio Grillo, che da questo caos ha tutto da guadagnare. Lo scenario è complicato dalla magistratura, che ha mandato la visita fiscale a Berlusconi ricoverato al San Raffaele per una uveite negandogli il legittimo impedimento quando si sa che in tempi non sospetti l’ex premier al comizio elettorale finale a Napoli dovette dare forfait proprio a causa dell’aggravarsi di questo disturbo alla vista (Mario Pappagallo sul Corriere: “Si può rischiare una riduzione visiva permanente e, in alcuni casi, la cecità”). Lo scenario potrebbe complicarsi perché il Pdl, di fronte a ciò che ritiene una persecuzione della magistratura, è indeciso se fare una grande manifestazione pubblica di protesta o se rifiutare anche di presentarsi al capo dello Stato per le consultazioni.
Ancora una volta è Grillo a godersi lo spettacolo.