La Suprema Corte ha annullato la sentenza di assoluzione per Amanda Knox e Raffaele Sollecito ordinando un nuovo processo a Firenze
La Suprema Corte ha annullato la sentenza di appello che aveva assolto Amanda Knox e Raffaele Sollecito – all’epoca fidanzati – dall’accusa di aver ucciso, nella notte tra il primo e il due novembre del 2007, la ventiduenne studentessa inglese Meredith Kercher. In primo grado i due erano stati condannati a 26 e a 25 anni di carcere; in secondo grado assolti. Non è la prima volta che ciò accade, è successo in numerosi altri casi. Ricordiamo il delitto di Via Poma, dove fu uccisa con 29 colpi di arma da taglio Simonetta Cesaroni (7 agosto 1990). Dopo che per 17 anni non si è trovato il colpevole, è stato indagato e processato il suo fidanzato di allora, Raniero Busco, condannato in primo grado all’ergastolo nel 2011 e assolto un anno dopo, nell’aprile del 2012. Anche contro l’assoluzione di Busco è stato presentato ricorso.
Sono numerosi i casi di sentenze completamente ribaltate, al punto che uno si chiede: se viene assolto chi prima era stato riconosciuto colpevole, che giustizia c’è in Italia? Se avvenisse raramente, uno potrebbe pensare che sia normale, uno sbaglio è sempre possibile. Il fatto è che avviene spesso, troppo spesso, al punto che uno si domanda se si possa parlare di serietà. Prove ritenute valide in primo grado e poi risultate contraffatte da una seconda perizia, e viceversa. Possibile che questi cambiamenti di giudizio non abbiano a che fare con la serietà o la mancanza di serietà nello svolgimento dell’indagine? Il dubbio esiste e il guaio è proprio questo: l’insorgenza del dubbio in una materia dove la sentenza di colpevolezza dovrebbe – deve – basarsi sulla certezza.
Altro fattore sconcertante è la lunghezza dei processi. Pochi giorni fa è stato condannato in secondo grado a 7 anni Marcello Dell’Utri. Anche la sentenza di primo grado era stata di condanna a 7 anni. Manca la sentenza della Cassazione. Non entriamo nel merito del processo, notiamo però che il neo presidente del Senato ed ex procuratore nazionale antimafia ha detto pubblicamente che non è possibile che dopo 19 anni – ripetiamo: 19 anni – un cittadino, colpevole o innocente che sia, non debba ancora sapere se è colpevole o innocente (manca, infatti, il terzo grado di giudizio).
Ma ritorniamo alla sentenza della Suprema Corte che ha annullato l’assoluzione e ha ordinato di rifare il processo a Firenze e non più a Perugia. Il procuratore generale Luigi Riello, motivando la richiesta di annullare l’assoluzione, ha detto testualmente: “La sentenza di assoluzione è un raro concentrato di violazioni di legge e di illogicità”. Sono parole molto gravi: ha detto in pratica che la legge, anzi, le leggi sono state violate durante il processo e dal presidente del tribunale. E’ dunque possibile che in un processo, in un tribunale si possano violare le leggi impunemente? Ma se è così, in che Paese viviamo? Chi è che amministra la giustizia? Non sono forse i trasgressori delle leggi proprio coloro che le leggi dovrebbero farle rispettare?
Dopo l’annullamento della sentenza di assoluzione, il presidente del tribunale che aveva assolto i due giovani, di fronte alle dichiarazioni del procuratore generale (Pg), ha osservato: “Amanda e Raffaele possono anche essere i responsabili della morte di Meredith, ma non ci sono le prove. Quelle che abbiamo valutato in dibattimento, non le abbiamo ritenute sufficienti a farli condannare”. In primo grado le prove della loro colpevolezza sono state le tracce di Dna dei due sul gancetto del reggiseno di Meredith; in appello quelle stesse tracce, analizzate da altri esperti nominati dal tribunale, sono state ritenute non certe. Ha aggiunto il presidente del tribunale che ha assolto i due: “Voglio vedere chi si assumerà la responsabilità di condannare due innocenti”.
Recentemente, è tornato alla ribalta il caso di Ottaviano Del Turco, allora presidente della Regione Abruzzo che nel 2008 fu arrestato perché “la valanga di prove schiaccianti non lasciano spazio alla difesa”. Ora, dopo cinque anni, non è emerso lo straccio di una sola prova. Nulla.
Siccome non siamo (per fortuna) né giudici, né pm, non entriamo nel merito delle valutazioni. Diciamo che per quel delitto è già stato condannato a 16 anni in via definitiva un colpevole, Ruedi Guedé, preso in Germania dopo un tentativo di fuga, e aggiungiamo che la giustizia a tesi – in questo caso che ci debbano essere a tutti i costi due altri colpevoli e che questi debbano essere a tutti i costi Amanda e Raffaele – non è mai giustizia. Dunque, ci sentiamo di condividere l’opinione di quel giudice che ha sentenziato: “Sfido chiunque ad affermare che ci sono le prove per condannarli”.
Ecco, siamo curiosi di sapere cosa succederà nel processo di secondo grado che si celebrerà a Firenze in autunno.