Un insegnante dei corsi di lingua e cultura ha scritto: “Da anni sostengo che tale certificazione [PLIDA, CELI, etc.] non è assolutamente da sottoporre ai nostri alunni, ma purtroppo i vari enti certificatori, con il supporto anche di alcuni docenti e all’inizio di dirigenti scolastici, hanno cercato di vendere il suddetto “prodotto” alle famiglie dei nostri alunni, facendolo passare, ipocritamente, come esame finale dei Corsi di lingua e cultura italiana”.
Strano, la maggior parte della gente in questi anni ha ascoltato invece una filastrocca del tipo: “Al termine dei Corsi di lingua e cultura è previsto un diploma (PLIDA, CELI, etc.) da spendere nel mondo del lavoro…”
Chi avrà ragione? Vediamo cosa recita l’oggetto del protocollo del 26.10.2012 del Ministero degli Affari Esteri italiano: “Certificazione lingua italiana di qualità. Nuova certificazione unica di conoscenza della lingua italiana come lingua straniera”. Ah, ecco, è spendibile, ma da chi è straniero o parla la nostra lingua come uno straniero.
Quindi la colpa sarà forse dei perfidi svizzeri, saranno loro a non riconoscere ai nostri ragazzi la conoscenza della lingua italiana. Vediamo cosa dice il Rahmenlehrplan [2012] relativo ai corsi di Zurigo: “La lingua insegnata nelle lezioni di lingua e cultura è per la maggior parte dei bambini la lingua uno (in passato anche: madrelingua), mentre per alcuni si tratta della lingua due” [pag.4].
L’avvocato del diavolo obietterà certamente: ma come si fa a distinguere quei pochi che non parlano più l’italiano in famiglia, non più di madrelingua? Beh, non ci vuole un mago, basta un buon insegnante. A pagina cinque, lo stesso Rahmenlehrplan, continua a sostenere: “Le lezioni sono aperte a tutti, a condizione che la propria lingua uno (madrelingua) o la lingua parlata in famiglia corrisponda alla lingua insegnata nel corso”. E rincarano: “Il bilinguismo [dei ragazzi] è un potenziale, utile non solo all’individuo, ma a tutta la società” [pag. 8].
Caspita!… Gli svizzeri non c’entrano, anzi: esaltano le capacità dei ragazzi italiani che parlano e pensano in due lingue (se non in tre). Ma allora, cosa non quadra? Perché la certificazione di massa? Non basterebbe farla fare ai pochi studenti che in classe non sono madrelingua? Non dovrebbe essere chiaro a tutti che mostrarla a un datore di lavoro, sarebbe come mostrare una medaglia di bronzo per fare colpo, lasciando quella d’oro (il proprio bilinguismo) ben nascosta in un cassetto?
Ma altre domande affiorano: chi insiste a voler proporre medaglie di bronzo al posto di quelle d’oro che le autorità scolastiche svizzere esaltano? Perché far credere agli italiani all’estero che la certificazione per stranieri rende i loro figli più sani e più belli, quando mostrandola si disconoscono le proprie competenze (bilinguismo), negando un vantaggio che pochi hanno? Dirigenti scolastici, consoli, ispettori e insegnanti, possono non sapere?
Se si vuole un diploma di fine anno, perché non chiedere agli enti certificatori di approntare una certificazione per bilingui? Un gruppo di insegnanti, anni fa, propose di preparare un esame del genere, sia per non snaturare i corsi, sia per non trasformare i docenti pagati dallo Stato in preparatori al servizio di certificazioni private. Non furono ascoltati.
Eppure, per non snaturare i corsi, basterebbe poco.
Basterebbe semplicemente limitarsi alle pagelle, visto che le autorità svizzere riconoscono già, nel voto degli insegnanti (dei corsi) riportato in pagella, un giudizio sulle competenze dei ragazzi nella propria madrelingua. Punto “d” del regolamento del 30 maggio 1989: “L’attestato bilingue verrà rilasciato agli scolari insieme alla pagella della scuola dell’obbligo”[Die Schülerinnen und Schüler erhalten die zweisprachigen Atteste zusammen mit dem Zürcher Volksschulzeugnis].
L’insegnante sopracitato, aggiunge: “Ciò che è buffo e tragico allo stesso tempo è che oramai i genitori, anziché dubitare di chi decanta le certificazioni, diffidano di chi cerca di far aprire loro gli occhi.”
Il mito di Platone che si ripete: il prigioniero che è riuscito a liberarsi, rientra nella caverna ad annunciare ai compagni la differenza fra ombra e realtà, rischiando una brutta fine.
Antonio Ravi Monica
(foto di Elenia Gamba e Claire Pasquier)
Buongiorno Antonio Ravi Monica, bell’articolo e complimenti a La Pagina. Pensare che ci sono insegnanti capaci di esprimere una visione, personale ma spontanea mi incoraggia molto. Sta a noi cittadini informare e rassicurare con molta costanza e insieme i genitori ed i loro genitori (parlo dei nonni zii zie) esprimendo se possibile sempre ciò che è concretamente credibile, evidente e dimostrabile… Altrimenti e tutto un “cui bono” di cui noi cittadini italiani siamo campioni indiscussi.
Grazie infinite e complimenti, Anna Pompei Rüdeberg
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la replica del Prof. Emilio Speciale, presidente della Dante Alighieri Zurigo, agli articoli di Antonio Ravi Monica
Gentile direttore,
vorrei intervenire per precisare alcuni punti in merito agli articoli apparsi sul suo giornale riguardo alla Certificazione della Lingua italiana della Società Dante Alighieri. Mi sembra innanzitutto una giusta iniziativa quella intrapresa dai suoi collaboratori per fare chiarezza: gli interventi sono pieni di spunti di riflessione, anche perché vengono da persone che vivono in prima linea la situazione, e cioè da insegnanti dei Corsi di Lingua e Cultura. Data la mia funzione di presidente della Società Dante Alighieri di Zurigo vorrei dunque soltanto affrontare quei pochi punti che riguardano la Società, senza soffermarmi su questioni che sono di competenza di chi amministra i Corsi di Lingua e Cultura.
In particolare vorrei chiarire quanto segue:
1. In Svizzera operano autonomamente 19 Società Dante Alighieri, con sedi in diverse città, e solo alcune sedi sono anche centri certificatori. Ogni sede è pertanto una realtà indipendente e parlare in generale è errato.
2. Fra la Dante di Zurigo (che da più di 100 anni svolge un ruolo fondamentale nella diffusione della lingua e della cultura a Zurigo, e non vende certamente fumo) e il Casli era attiva, in passato, una convenzione per l’amministrazione degli esami Plida Juniores. Per quanto ne so, trattandosi di vicende anteriori alla mia presidenza, era precisamente il sostegno del Casli che permetteva di offrire gli esami Plida Junores in forma gratuita alle studentesse e gli studenti. A partire dal 2008 la convenzione non è più stata rinnovata. A maggior ragione, dunque, e i vostri articoli dicono il vero, è oggi responsabilità dei singoli studenti e studentesse decidere se svolgere o meno un esame a pagamento. Tengo però a sottolineare che non è la Sede di Zurigo a svolgere gli esami Plida Juniores a cui si fa riferimento: la nostra sede non impone a nessuno (né genitori né studenti) la certificazione, né si avvale della collaborazione dei docenti Casli per la raccolta diretta di iscrizioni. Chi vuole fare gli esami alla Dante di Zurigo deve iscriversi individualmente online: la nostra sede non ha alcun rapporto privilegiato né con gli insegnanti né con l’amministrazione dei Corsi, e ciò garantisce la trasparenza dell’offerta.
3. Gli esami di cui si parla negli articoli e quelli proposti agli studenti dei Corsi sono gli esami Plida Juniores (per ragazzi dai 13 ai 18 anni) e non gli esami Plida «maggiori». La Sede Centrale della Dante Alighieri di Roma, nel regolamento degli esami Plida che si può leggere sul sito www.ladante.it, distingue chiaramente i certificati Juniores (che servono ai giovani per misurare la loro conoscenza della lingua, soprattutto dunque per motivi personali) dai «maggiori» che hanno uno statuto diverso in quanto, per alcune convenzioni con lo Stato Italiano, sono riconosciuti ad es. per l’iscrizione alle università italiane oppure come attestato di conoscenza della lingua italiana per il mondo del lavoro.
4. Pure se con questo statuto minore, gli esami Juniores possono risultare utili per far misurare i bambini e le bambine con la loro conoscenza dell’italiano e creare un legame affettivo con la nostra lingua: alla Dante di Zurigo noi consigliamo tuttavia – soprattutto alle e agli adolescenti delle ultime classi (17-18 anni) – di misurarsi direttamente con il Plida «maggiore».
5. Infine: tutta la certificazione, juniores e maggiore, è indirizzata a persone che non sono di madrelingua, come chiaramente si legge nei regolamenti della Sede Centrale. Per poter accedere all’esame, si dovrebbe addirittura presentare una dichiarazione nella quale si certifica di non essere di madrelingua italiana e/o di non avere un titolo di studio rilasciato da scuole superiori italiane. Se i bambini e le bambine dei Corsi possano veramente dirsi “stranieri” è un argomento che lascio al dibattito avviato dagli insegnanti intervenuti sulle pagine del suo giornale.
Cordiali saluti
Emilio Speciale
Presidente della
Dante Alighieri di Zurigo
Egregio Ravi Monica,
ho letto il Suo articolo e sono contento che qualcuno ha il coraggio di dire pane al pane e vino al vino. Onore a Lei, ma non sono d’accordo su una cosa: La Dante Alighieri non dice che i suoi diplomi sono per gli italiani, se Lei va su internet vede che scrivono che sono per stranieri. I figli miei li ho mandati a studiare l’inglese a Londra e non a studiare l’italiano a Roma. Gli ho fatto prendere un diploma d’inglese. Se glielo facevo prendere d’italiano che già lo sapevano ero fesso io, la colpa non era di chi me li vendeva. Non ci vergognamo più di essere Italiani, ne abbiamo l’orgoglio! Il mio rispetto.
Russo Giuseppe
Le certificazioni inutili proposte agli alunni dei Corsi di lingua e cultura italiana
Finalmente alcuni docenti hanno iniziato anche loro a parlare di questo mercato delle certificazioni inutili sulla conoscenza della lingua italiana proposte agli alunni dell’ultimo anno dei nostri Corsi di lingua e cultura italiana, a livello medio.
Purtroppo in tutti i settori ci sono le mele marce e anche tra gli insegnanti c’erano e ci sono alcuni che hanno fatto capire alle famiglie dei nostri alunni che avrebbero potuto sostenere alla fine del loro percorso di studio un esame per ottenere così un diploma da spendere al momento della ricerca di un apprendistato.
Tutto falso!
Questi colleghi dovrebbero solo vergognarsi!
Innanzitutto non è un diploma, ma solo una certificazione di conoscenza della lingua italiana e poi, come ha ben spiegato il collega Antonio Ravi Monica, prevista per cittadini stranieri e non per i figli di italiani. Purtroppo da più di 10 anni molti alunni dei nostri Corsi si sottopongono, a loro insaputa, a questa presa in giro. Ai genitori dei miei alunni ho sempre detto che se avessero voluto far sostenere questo esame ai loro figli, avrebbero potuto farlo, ma la realtà era un’altra.
Alla fine la maggior parte di loro ha preferito andarsi a mangiare una pizza con l’intera famiglia e non buttare al vento CHF 130-150 per il suddetto esame.
La Società Dante Alighieri (uno degli Enti certificatori) più di 10 anni fa è stata la prima a proporre, furbescamente, ai nostri alunni il sopracitato esame, addirittura a costo zero, ma con il tempo si è arrivati a CHF 130-150.
L’investimento è stato ben ripagato!
Ma perché è inutile questo esame?
Innanzitutto gli alunni dei Corsi di lingua e cultura italiana ricevono dai docenti dei suddetti corsi un attestato in cui è riportato ogni semestre il voto di italiano che viene poi trascritto sulla pagella svizzera.
Inoltre dall’anno scorso viene consegnato anche un attestato di frequenza da parte del Consolato agli alunni che terminano il loro percorso di studio. Con queste due opportunità i nostri alunni non hanno bisogno di un’altra certificazione che attesti la conoscenza dell’italiano. Quello che ricevono è più che sufficiente da allegare insieme alla domanda da inviare, a partire dal terzo anno della secondaria, ai vari datori di lavoro per ottenere un posto di apprendistato. Questi Enti Certificatori hanno astutamente fiutato che nei nostri Corsi c’era una grossa fetta di candidati che facevano al loro caso e hanno cercato, tramite qualche insegnante compiacente, di prendersi questo pacchetto di alunni.
A dir la verità la confusione non è stata creata solo da qualche insegnante interessato, che si è dato da fare per vendere il prodotto di questi Enti certificatori, inutile per i nostri ragazzi, ma anche dai Dirigenti scolastici, dai membri del Comites, dai Consoli e dai parlamentari eletti nella Circoscrizione estero che in occasione della consegna delle certificazioni hanno osannato e pubblicizzato questo prodotto come indispensabile per il futuro dei nostri alunni. Invito tutte queste persone a leggersi il Protocollo 270/P/0380145 inviato dal MAE a tutte le sedi diplomatiche nel mondo, datato 26.10.12, insieme al Rahmenlehrplan del Canton Zurigo, come ben evidenziato dal collega Antonio Ravi Monica nel suo articolo apparso su La Pagina il 17 aprile scorso, onde evitare di dire cose insensate alla prossima occasione. Vorrei a tale proposito sottolineare di essere venuto a conoscenza del suddetto Messaggio del MAE sempre dal collega Ravi Monica nell’ultimo collegio docenti dei Corsi di lingua e cultura italiana, svoltosi il 27.03.13, e lo ringrazio per aver portato alla luce particolari importantissimi finora non divulgati agli operatori scolastici della Circoscrizione consolare di Zurigo.A questo punto c’è da chiedersi come mai il Dirigente scolastico, Prof. Marco Tovani, non abbia informato i docenti e le famiglie di tutto ciò. Una svista, una distrazione o qualcos’altro?
Chiedo pubblicamente al Console Generale d’Italia a Zurigo, Dott. Mario Fridegotto, una risposta ufficiale su questo gravissimo particolare, anche perché sempre nell’ultimo Collegio dei Docenti il Dirigente scolastico si è categoricamente rifiutato di voler aprire la discussione su tale argomento, impedendo il confronto con un linguaggio volgare. Ritornando alla certificazione dico che se fosse stata in qualche modo utile ai nostri alunni, sarei stato il primo a invogliarli a sostenere il suddetto esame.
In nessuna parte del mondo una persona si sottopone a un esame nella propria lingua madre e soprattutto durante la scuola secondaria di I grado!
Cari genitori degli alunni dei Corsi di lingua e cultura italiana non fatevi prendere in giro!
Gerardo Petta
docente Corsi di Lingua e Cultura
5 commenti
Non mi soffermo a commentare, perché le opinioni sono libere, anche se non sempre veritiere. Sto solo ai fatti. Insegno da 20 anni presso il CASCI di Berna (ma ho insegnato italiano per sei anni anche nelle scuole secondarie svizzere) e conosco benissimo quanto accade nei Corsi di Lingua e Cultura e attorno ad essi, anche grazie ai numerosi contatti con diversi colleghi degli enti e del MAE. Il voto sulla pagella svizzera è certamente importante, soprattutto per gli aspetti legali; ma la certificazione di competenza lo è diventato ancora di più perché – di fatto – è più oggettiva della valutazione scolastica che risente di molti fattori soggettivi (dell’alunno, della classe, del docente) e non sempre controllabili e confrontabili. Molti dei miei alunni hanno trovato un posto di lavoro – anche e non solo nell’amministrazione federale svizzera – proprio perché avevano un certificato di competenza. Piaccia o meno, questi sono fatti e si impongono sulle opinioni, sempre libere, ma non sempre vere. Sperando che poi le opinioni non siano finalizzate.
Prof. Francesco Margarone, ma che scrive?… Lei ha il dovere di giudicare oggettivamente i suoi studenti. É pagato per fare questo, non per delegare a enti privati il suo voto. E ha il dovere di informare i suoi studenti: il fatto che un datore di lavoro non distingua un documento con valore legale da uno senza valore, non autorizza nessun insegnante a scambiare le proprie fantasie per fatti.
Rita Musumeci
Nell’articolo soprastante il Sig. Antonio Ravi Monica sottopone a discussione diversi argomenti, riferendosi però – come nel titolo – ai “Diplomi dei corsi di italiano”.
Per poter chiarire il quanto bisogna differenziare diverse tematiche e soprattutto chiarire quello che nell’articolo sopra citato non è assolutamente chiaro: a quale “Rahmenlehrplan” del 2012 si riferisce? Vorrei pertanto ricordare che in Svizzera il federalismo esiste anche nell’istruzione, ogni cantone ha un programma diverso e persino all’interno dello stesso cantone le scuole si diversificano nel programma a seconda di quale scuola si tratti: parliamo qui del programma dei ginnasi, o del “KV”, oppure del “Liceo Artistico”, o dei corsi di lingua e culture italiana, oppure ancora di una delle tante scuole private? Parliamo del livello medio o superiore? Delle “Sekundarschulen” o delle scuole elementari?
E quali “autorità scolastiche svizzere” ha in mente l’autore dell’articolo? Di queste ce ne sono tante, iniziando da ogni preside di una scuola, finendo alla Segreteria dell’Istruzione di Berna (SBFI). Potrei andare avanti punto per punto e smontare tutto l’articolo, che purtroppo non regge in nessun senso e cerca di finire in bellezza citando il mito di Platone in modo errato.
La sottoscritta insegna nel cantone di Zurigo da 30 anni, con esperienza in suole di diversi livelli, anche superiori. Mi ricordo dei tempi in cui non c’erano diplomi per nessuna lingua, si iniziò poi con quelli di inglese, seguirono i francesi ed infine gli italiani. Attualmente nel mondo del lavoro sul CV vengono elencati – tra le altre applicazioni – tutti diplomi di lingua del candidato che, allegati al CV, più sono, più effetto fanno. Gli addetti al Human Resources Department non solo in Svizzera (per rimanere nell’ambito internazionale) richiedono i diplomi, non guardano il voto di una lingua elencata sulla pagella. Quindi i giovani viaggiano nei paesi anglosassoni per fare il First o l’Advanced, in Francia per fare il DELF o DALF. Tanto meglio se glielo propone la scuola che frequentano. Ultimamente stanno prendendo piede anche i diplomi italiani come il PLIDA, certificato con supporto scientifico dell’Università La Sapienza di Roma. Hanno molto successo, sono richiesti esplicitamente non solo dalla gioventù (sia stranieri che italiani), ma anche da adulti. ll livello B2 (questo fatto è valido sia per i diplomi di inglese, francese che italiano) al KV (sto parlando dei KV di tutta la Svizzera, quindi solo a Zurigo sono 4’500 alunni in formazione) equivale all’esame finale, quindi con il diploma in mano i ragazzi non devono farlo. Inoltre, sempre lo stesso livello B2 apre le porte di tutte le suole superiori (Fachhochschulen), nelle facoltà dove è richiesto un diploma di lingua. Vi pare poco?
Su questo giornale ho letto l’articolo dell’amico Emilio Speciale e subito dopo quello di Ravi Monica, il primo conferma le argomentazioni del secondo… E mi sono fatto la modesta idea, che non ci sia niente di peggio di una Canonica pedante che finge di non capire. La Canonica è chiaramente in malafede, una senza nome che vuole inquinare le acque. L’ho capito persino io che di scuola non capisco niente, già dalla quarta riga del suo commento, in cui chiede a quale Rahmenlehrplan ci si riferisca. Sveglia! L’ha scritto: “Rahmenlehrplan 2012 relativo ai corsi di Zurigo” (Ma quali corsi? chiederà ora la pedante Canonica)…
Sul resto, gli articoli di replica sono così chiari che manco il Dio dei pedanti in malafede ci può. Li legga, Canonica senza nome, loro e Platone. E li smonti tutti quanti! Ma con onestà intellettuale, se ci riesce.
Buon pomeriggio a tutti e un bravo al coraggio e alla prosa di Emilio.
Chissà che sballo seguire le lezioni di Margarone Francesco: le battaglie di Cesare Giulio, Gli sposi promessi di Manzoni Alessandro, le conquiste di Magno Alessandro e per finire, le certificazioni di Alighieri Dante.