Una ragazzina afghana di 13 anni è morta dopo che l’auto su cui viaggiava, una Toyota Corolla station wagon, “come quelle usate dai kamikaze”, è stata centrata da uno o più colpi d’arma da fuoco sparati da un militare italiano.
È successo alle porte di Herat, nell’ovest, quando in Afghanistan erano le 11 (le 8.30 in Italia) ed erano appena atterrati alcuni parlamentari italiani che di lì a poco avrebbero posato la prima pietra di una casa d’accoglienza annessa all’ospedale pediatrico: un assurdo paradosso, nel giorno della tragica morte di una bambina.
I suoi familiari accusano: “Pioveva e la visibilità era pessima”, dice lo zio, Ahmad Wali, 32 anni, che guidava la macchina. “D’un tratto ho visto delle luci davanti a noi ed è apparso un convoglio di soldati stranieri. Subito dopo ho visto che metà del volto di mia nipote non c’era più, che sua madre era ferita al petto e che il mio viso era sanguinante a causa di frammenti del parabrezza che era esploso”. Anche Abdul Raouf Ahmadi, portavoce della polizia, punta l’indice: “I soldati stranieri hanno aperto il fuoco su una vettura civile (la Toyota Corolla, come quella in cui venne colpito mortalmente in Iraq Nicola Calipari, ndr), uccidendo una bambina e ferendo due persone tra cui una donna”, ha detto. Il generale Rosario Castellano, comandante della Brigata Folgore e del contingente italiano ad Herat, è però molto più cauto. È lui a dare la notizia alla delegazione parlamentare. Tre mezzi degli Omlt, quelle squadre che si occupano dell’addestramento dell’esercito afghano, si stavano dirigendo lungo la Ring Road all’aeroporto di Herat, dove c’è il quartier generale del Regional Command West, a guida italiana: “A circa quattro chilometri da Camp Arena il convoglio ha avvistato una vettura civile che procedeva in senso opposto a forte velocità. I militari hanno attuato immediatamente tutte le procedure previste di allertamento: clacson, abbaglianti, anche un razzetto luminoso. Poi sono stati esplosi dei colpi in aria, ma l’auto non si fermava né rallentava. È stato quindi sparato a terra, al lato della vettura. Infine, quando era a meno di dieci metri un mitragliere ha aperto il fuoco sul vano motore. Sempre secondo le procedure, il convoglio militare ha proseguito senza fermarsi, avvisando poi la polizia afghana, che è intervenuta sul posto. Solo in un secondo momento abbiamo saputo che una bambina era morta e che gli altri occupanti della vettura erano rimasti feriti”.
Su come la ragazzina sia deceduta finora c’è solo il racconto dello zio: non è chiaro, in particolare, se sia stata colpita direttamente da uno dei colpi sparati dal mitragliere. Saranno due indagini, come conferma il maggiore Marco Amoriello, portavoce del contingente, ad accertare come sono andate le cose: la prima, della polizia locale; la seconda, della Procura militare di Roma, competente ad indagare su ogni fatto in cui sono coinvolti i militari italiani fuori area: un primo rapporto è già stato inviato a Roma dai carabinieri di stanza ad Herat. “Noi siamo i primi a volere che si indaghi fino in fondo per accertare eventuali responsabilità ed anche per capire se qualcosa non ha funzionato nelle procedure, in modo da evitare che simili fatti di ripetano”, dice il generale Marco Bertolini, capo di stato maggiore della missione Isaf.
Il generale Castellano, subito dopo l’incidente, ha voluto incontrare il governatore di Herat e prossimamente vedrà i familiari della bambina, mentre al sindaco della città ha espresso “il rammarico e le condoglianze” del Parlamento italiano il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, capo della delegazione giunta in Afghanistan: “Il segno del nostro impegno è rappresentato da questo ospedale – ha detto dopo aver posato la prima pietra della nuova struttura – e dalla sicurezza che contribuiamo a fornire al paese.
È un compito difficile, delicato, che a volte può purtroppo portare a tragici incidenti come quello di oggi”. In Italia il ministro degli esteri Franco Frattini ha appreso con “profondo sgomento” la notizia del tragico incidente. “L’impegno italiano in Afghanistan – ha detto – resta rivolto a garantire la stabilità e la sicurezza della regione a vantaggio del benessere della popolazione civile afghana”.
Il ministro della difesa, Ignazio La Russa, ha espresso solidarietà e vicinanza alla famiglia della bambina, rilevando che, in base alle prime informazioni, le regole d’ingaggio sarebbero state rispettate dalla pattuglia italiana. Sul fronte dell’opposizione è prudente Roberta Pinotti, senatrice responsabile Difesa del Pd. “In una mia recente visita ad Herat con una delegazione del Senato – dice – i responsabili politici del territorio avevano elogiato il comportamento del contingente italiano. Ci auguriamo che questo terribile incidente non incrini questi rapporti e che non si ripeta mai più”. Critica, invece, la sinistra comunista, in particolare il Prc. “Dobbiamo immediatamente far rientrare i nostri soldati anche per evitare episodi tragici come questi”, dice il segretario del partito, Paolo Ferrero. E aggiunge: “La missione militare in Afghanistan è un fallimento totale, una missione solo di guerra che non ha risolto i problemi del Paese”.