Superare i tabù e sensibilizzare i giovani ai rischi legati ad internet attraverso un’educazione sessuale obbligatoria e armonizzata: è quanto auspica la Commissione federale per l’infanzia e la gioventù (CFIG) in un rapporto sulla sessualità nel corso del tempo.
Sono trascorsi ormai quarant’anni dal concerto di Woodstock e dai primi segnali di una rivoluzione sessuale. Quarant’anni all’insegna di una maggiore percezione del proprio corpo e del rispetto di quello degli altri, di una più netta distinzione tra piacere, consumo e riproduzione. I giovani d’oggi fanno l’amore, ne parlano, si informano, si compiacciono e si proteggono. Ma non tutto è così perfetto come sembra.
«I giovani sono sempre più bombardati da immagini a carattere sessuale, spesso anche pornografiche e stereotipate, ma ciò non significa che non abbiano più nulla da imparare su una sessualità rispettosa. Al contrario, non sempre hanno a loro disposizione gli strumenti per gestire in modo consapevole e critico ciò che vedono o ascoltano» spiega Pierre Maudet, presidente della Commissione federale per l’infanzia e la gioventù (CFIG), che venerdì ha pubblicato un rapporto su “La sessualità dei giovani nel corso del tempo.
La sessualità tra giovani è un tema ricorrente, che assume tuttavia facilmente connotazioni negative quando i fatti di cronaca si impongono. Quella che viene spesso definita come la «generazione porno», dei video scabrosi o degli stupri collettivi, non rappresenta però la realtà. «Non siamo di fronte a un esercito di giovani freddi, bersaglio di una valanga di stimoli sessuali e dipendenti dal sesso on-line», puntualizza Luca Cirigliano, membro del gruppo di lavoro della CFIG. «I giovani continuano a desiderare soprattutto amore, amicizia e rispetto, e anche se hanno ormai superato molti tabù restano per lo più timidi e riservati di fronte al proprio desiderio».
La psicologa e reponsabile del progetto Nancy Bodmer sottolinea che «dalla metà degli anni Ottanta, il numero di giovani che a 17 anni aveva già avuto un primo rapporto sessuale è rimasto stabile al 50-60%. «Non è vero, dunque, che i ragazzi sono sempre più precoci». Tuttavia, aggiunge, «pur essendo sempre più facile parlare di sesso, magari anche in modo volgare o stereotipato, affrontare i problemi legati alla sessualità in modo aperto e distaccato non è per nulla automatico».
La trappola della grande rete
Se in passato i giovani si servivano di un libro di educazione sessuale, oggi basta navigare in internet o guardare la televisione per saperne di più. È questa dunque l’educazione del futuro? Pierre Maudet non ne è del tutto convinto. «I bambini di oggi sono figli del web 2.0, mangiano pane e nuove tecnologie, ma non sempre sono consapevoli della forza delle immagini, del pericolo che possono rappresentare».
Internet e televisione, cellulari e pubblicità rappresentano inevitabilmente una sfida sia per i messaggi che veicolano, sia per il modo in cui i bambini ne fanno uso. «Quando i ragazzi si trovano di fronte a un manifesto di un’automobile o di un casinò, con immagini sessuali abbastanza volgari e appariscenti, rischiano di farsi un’idea sbagliata della sessualità e del ruolo della donna», dice Luca Cirigliano. «Per noi adulti è facile separare la pubblicità dal mondo reale, mentre per i bambini quei messaggi vengono confusi con la vita reale, integrati nel loro sistema di valori».
E le conseguenze a volte possono rivelarsi drammatiche, sottolinea il presidente della CFIG Pierre Maudet. «Pensiamo al caso di un bambino di sette anni che ha fotografato ingenuamente la sorellina nuda e ha poi mostrato queste immagini ai suoi compagni, senza sapere che sarebbero finite su internet e che avrebbero scatenato una reazione a catena». Come spiegare a un fanciullo che la nudità della sua sorellina – così come la propria – va protetta da sguardi e mani indiscrete? Come evitare che un gesto all’apparenza innocente si trasformi in un incubo?
Educazione sessuale obbligatoria
Secondo la Commissione federale per l’infanzia e la gioventù la carta vincente è senza dubbio l’introduzione di programmi di educazione sessuale già a partire dalle scuole dell’infanzia fino al termine del ciclo obbligatorio. Pierre Maudet puntualizza che non si tratta di chiedere allo Stato di sostituirsi alla famiglia, o di invadere la sfera privata dell’individuo, ma di garantire ai bambini una corretta educazione sessuale, adeguata alla loro età e ai loro bisogni. «Spesso questi argomenti sono più facili da affrontare con i bambini piccoli, quando iniziano ad interessarsi al proprio corpo e a quello misterioso dell’altro sesso».
La Svizzera non dispone di direttive uniformi in materia di educazione sessuale: ogni cantone o comune è libero di organizzare delle lezioni a tema, che non sempre però sono obbligatorie. Inoltre, secondo la commissione, talvolta genitori e docenti sono «impreparati ad affrontare queste tematiche e a trasmettere un’educazione sessuale al passo con i tempi» e necessiterebbero quindi di una formazione mirata.
Agli occhi della CFIG, famiglia e scuola restano i principali punti di riferimento per i giovani in cerca della propria identità sessuale. Ciò non toglie, ricorda Luca Cirigliano, che «le nuove tecnologie – se utilizzate con la dovuta consapevolezza – rappresentano uno strumento molto utile per aiutare i giovani ad esprimere i loro dubbi, ad affrontare le loro paure e a sentirsi meno soli di fronte ai problemi legati all’adolescenza».
D’altronde, nel suo rapporto, la commissione non ha fatto altro che dar voce ai giovani e ascoltare i bisogni di chi ha avuto il coraggio di esprimerli ad altra voce: «La sessualità è un tema di cui si parla spesso. Spesso facendo battute stupide. A volte è una rottura, perché si preferirebbe invece parlarne seriamente».
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