Per la popolazione zurighese il suicidio assistito non deve essere punito e nessun divieto sarà posto agli stranieri che vorranno affidarsi a tale pratica. Questo l’esito del più atteso dei referendum di domenica 15 maggio. In sintesi uno sguardo ai maggiori risultati.
Domenica impegnatissima per gli svizzeri che si sono recati alle urne per esprimere le loro preferenze di voto. A Zurigo i cittadini hanno dovuto rispondere a ben 10 referendum diversi! Ogni avente diritto al voto, infatti, si è trovato davanti ad una busta bella corposa, contenente 10 schede relative a 7 iniziative e leggi e tre controprogetti.La partecipazione al voto si è attestata, a seconda dei casi, fra il 32 e il 34%.
I risultati hanno visto la bocciatura degli sgravi fiscali chiesti da una revisione di legge e da due controprogetti. Approvati, invece, un nuovo modello di perequazione fiscale e un’iniziativa che chiede di parlare soltanto lo «Schwiizerdütsch» all’asilo.
L’interesse maggiore era però concentrato sui due referendum, lanciati dall’Unione Democratica federale (UDF) e dal Partito evangelico, sul tema tanto discusso del suicidio assistito.
I due partiti chiedevano al cantone di Zurigo di sottoporre alle Camere federali un’iniziativa cantonale per rendere punibile qualsiasi forma di istigazione e aiuto al suicidio e un’altra iniziativa per agire con azioni parlamentari per vietare la pratica del suicidio assistito sugli stranieri, quindi contro quello che ormai è stato definito “turismo della morte”.
La prima è stata respinta a larga maggioranza con addirittura l’84,5% di voti contrari; la seconda ha visto il rifiuto del 78,4% dei votanti. In maniera sintetica, questo risultato significa che nel cantone si continuerà ad eseguire la pratica del suicidio assistito, come si è sempre fatto sin dal 1941, e che gli svizzeri non trovano questa pratica così riprovevole o brutale tanto da dover essere considerata punibile dalla legge. Allo stesso modo non è stato posto alcun divieto a quel “turismo della morte” che ogni anno ha portato in Svizzera una cifra non indifferente di stranieri, provenienti da diverse nazioni quali Germania, Francia, Stati Uniti, Spagna e anche Italia, che, in condizioni terminali, hanno deciso di affidarsi alla pratica del suicidio assistito e di morire “dignitosamente”, in riferimento al nome di una delle associazioni svizzere che si occupa di questa pratica, la “Dignitas” appunto. La percentuale degli stranieri che si sono affidati alla pratica della “morte dolce” parla chiaro: dal 6,5% nel 2003, è passata al 9,7% nel 2007 ed ha continuato a crescere tanto che, nel 2010, sono stati registrati più di 1.100 casi. Che tale pratica trovasse pareri favorevoli non solo tra gli stranieri ma anche tra gli svizzeri stessi, prima ancora del verdetto del risultato dei referendum di domenica 15 maggio, era già chiaro dal fatto che nella Confederazione Elvetica ogni anno sono circa 200 le persone che ricorrono alla pratica della morte assistita, e anche che la Svizzera registra una media di 1.400 suicidi annui, pari al 2,2% del totale dei decessi.
Il risultato non fa altro che sottolineare come i cittadini svizzeri in generale, e non soltanto quelli colpiti da malattie terminali, vedano di buon occhio questa pratica e considerino il suicidio assistito, la “morte dolce”, una fine meno terribile.
Ma domenica è stata giornata di votazioni anche in altri cantoni e comuni svizzeri. In sintesi, riportiamo qui alcuni dei principali risultati: nella capitale, Berna, sarà introdotto un sistema di buoni per la custodia dei figli, secondo cui i genitori avranno diritto ad assegni validi nelle strutture d’accoglienza e negli asili nido della regione, favorendo in questo modo il controprogetto lanciato dai borghesi per contrastare l’iniziativa socialista che chiedeva, invece, un posto assicurato negli asili per ogni bimbo. A livello cantonale, Berna ha invece respinto la revisione della legge sull’energia, sostenuta dal Parlamento.
A Ginevra una risicata maggioranza di cittadini (solo il 50,3%) ha approvato un’iniziativa a favore della mobilità sostenibile, mentre il 56,6% ha approvato il declassamento di un terreno agricolo a favore di un progetto edilizio con migliaia di alloggi. Più netta, invece, la posizione a favore della possibilità di dedurre dalle imposte le donazioni ad un partito, per un massimo di 10.000 franchi annui, voluto dal 64, 5% dei votanti.
Nel canton Vaud non sarà introdotto un salario minimo: la proposta dei sindacati è stata bocciata dal 51,1% dei votanti. Le famiglie di «working poors» vodesi beneficieranno invece di prestazioni complementari.
Infine, per la questione del San Gottardo, ad Uri la popolazione ha negato la possibilità dell’uso del doppio tunnel respingendo sia l’iniziateva della costruzione di una nuova galleria e l’uso di una sola corsia di entrambe dell’UDC, sia il controprogetto del Governo che invece sosteneva l’impiego della nuova galleria al posto della vecchia.