Forte del consenso di 126 Paesi del mondo – consenso conquistato nel corso dei viaggi intrapresi negli ultimi mesi – Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, si appresta a fare un passo decisivo: la richiesta all’Onu del riconoscimento dello Stato della Palestina, cioè del 194.mo Stato sovrano membro dell’ONU.Avrà successo? Pare di sì: i voti per superare lo scoglio del 129.mo sì ci sarebbero, a meno di un voltafaccia da parte di qualche Paese che all’ultimo momento potrebbe essere convinto da chi è contrario. Ad essere contrari, infatti, sono gli Usa, ma anche alcuni Paesi dell’Europa, tra cui la Germania, l’Italia e la Polonia, mentre sono favorevoli Madrid, Londra e i Paesi scandinavi. L’Ue, insomma, come succede spesso, è divisa.Ma quale è la posta in gioco? Abu Mazen, in un discorso ai palestinesi, ha chiesto di abbandonare la violenza nei giorni della discussione all’Onu, per evitare di provocare ripensamenti in quanti hanno assicurato il loro sostegno, ma non si nasconde che il suo è un azzardo. Ha scelto la via, per così dire, istituzionale, cioè di passare attraverso un voto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove gli Usa potrebbero porre il loro veto. Gli Usa non sono contrari allo Stato palestinese, ma sono contrari alla via scelta, che non è quella dei negoziati tra i due Stati, Palestina e Israele. La dichiarazione unilaterale metterebbe gli interlocutori di fronte al fatto compiuto, che è diverso dalla firma di un accordo dopo aver studiato bene tutti i particolari, garanzia anche di una pace duratura.
La dichiarazione unilaterale comporta problemi, come vedremo fra poco. Dunque, se gli Usa porranno il veto, se ne occuperà l’Assemblea plenaria, composta da 193 Paesi, e qui il voto, come detto, potrebbe essere favorevole. Cosa succederebbe a questo punto? È vero che all’Onu ci sarebbe una bandiera in più, ma questo sarebbe l’unico risultato positivo. Tutti gli altri sarebbero di segno diverso. In caso di vittoria, automaticamente il contenzioso tra i palestinesi e gli israeliani sui territori occupati diventerebbe una miccia capace di far esplodere il conflitto. Infatti, tra un Paese occupato e un Paese occupante ci sarebbe materia nel migliore dei casi per la Corte dell’Aja, nel peggiore per un’impennata di odio. Abu Mazen chiederà all’Onu di riconoscere lo Stato di Palestina con i territori prima del 1967, prima cioè della guerra dei sei giorni combattuta da Israele da una parte, e dall’altra da Egitto, Siria e Giordania, e finita appunto in sei giorni con la vittoria schiacciante di Israele e l’occupazione di una serie di territori tra cui quelli, appunto, rivendicati dai palestinesi e su cui negli ultimi 40 anni ci sono stati gli insediamenti (Gerusalemme Est) di circa 500 mila israeliani che vi hanno costruito case e fattorie. L’altro risultato negativo sarebbe che mentre adesso esiste un seggio permanente per l’Olp che tutela tutto il popolo palestinese, anche quello della diaspora in Libano, Siria e Giordania, dopo, con lo Stato palestinese, la rappresentanza coprirebbe solo Cisgiordania e Gaza. Ad opporsi all’iniziativa di Abu Mazen è non solo Israele, ma anche Hamas, per il quale Israele deve sparire. Insomma, un bel pasticcio, a meno che – ed è la cosa da augurare – dopo la dichiarazione dello Stato di Palestina non ci si sieda ad un tavolo e si discuta seriamente per trovare quella soluzione condivisa che finora non è mai arrivata.