Addio al visionario della Silicon Valley che col suo genio ha rivoluzionato il mondo della comunicazione
Steve Jobs, il “visionario della Silicon Valley” è morto a 56 anni. Lo scorso 25 agosto aveva annunciato le sue dimissioni irrevocabili da amministratore delegato dell’azienda che ha fondato e che dall’orlo della bancarotta ha portato nell’Olimpo delle grandi. Quarantun giorni dopo è arrivata la tanto temuta quanto attesa notizia. A finirlo è stato quel male che per anni lo ha tormentato e lentamente consumato. Ma che non gli ha impedito di continuare a esercitare la sua straordinaria leadership e genialità. Caratteristiche che lo hanno portato, con le sue invenzioni, a rivoluzionare la vita di milioni di persone. L’annuncio arriva con uno stringatissimo comunicato del gruppo californiano. Ma in contemporanea sul sito appare una foto in bianco e nero di Jobs con la data di nascita e quella della morte. A seguire un messaggio: “Apple perde un genio creativo e visionario, e il mondo ha perso un formidabile essere umano”. “Quelli di noi che hanno avuto la fortuna di conoscerlo abbastanza e di lavorare con lui – si legge – hanno perso un caro amico e un mentore ispiratore. Steve lascia una società che solo lui avrebbe potuto costruire e il suo spirito sarà sempre il fondamento di Apple”. A prendere in mano le redini dell’azienda è stato già da tempo Tim Cook, ma Jobs lascia un vuoto incolmabile tra i suoi collaboratori, come tra i milioni di fan. Ora tutti, soprattutto i più giovani, lo conoscono come l’inventore della “tavoletta magica”. Con l’iPad e l’iPhone ha infatti rivoluzionato il mondo della tecnologia e delle comunicazioni, con l’iPod quello della musica. Ma fu lui che nel 1977 – dopo aver creato la Apple insieme all’amico Steve Wozniak – lanciò il primo personal computer della toria. La marcia era appena 1985, in polemica con l’amministratore delegato da lui stesso nominato. Quando fu richiamato nel 1996 l’azienda di Cupertino era in profonda crisi, e Jobs in quindici anni l’ha trasformata nella società più ricca del pianeta. Nel 2007 la rivista Fortune lo ha indicato come l’uomo d’affari più potente del mondo: il suo rivale di sempre, il fondatore di Microsoft Bill Gates, finì solo sesto. Nel 2010 – quando già la malattia lo aveva allontanato da ogni ruolo operativo in Apple – il Financial Times ha eletto Jobs uomo dell’anno, riconoscendo la sua capacità di riportare in vetta un’azienda raccolta sull’orlo del fallimento. Con l’iPhone e l’iPad ha realizzato il suo sogno del “piccolo schermo”, di un mondo al di là del computer e senza Windows. Non a caso il sorpasso sulla rivale Microsoft per valore di mercato è oramai da tempo compiuto. Sempre il Financial Times lo definì “la prima rock star dell’industria high-tech” per la sua abitudine – oramai copiata da tutti – di presentare ai suoi fan tutte le novità della casa dal palco di un teatro, ma anche per aver portato Apple in Borsa a soli 25 anni: prima di quanto non abbia fatto Mark Zuckerberg con Facebook. Qualcuno lo ha descritto come un “tiranno” nei confronti dei suoi collaboratori e dipendenti. Ma la verità – spiega la maggior parte degli osservatori – è che in un momento di grande crisi economica e occupazionale in America, Jobs, a differenza di tutti gli altri Ceo, ha continuato a creare posti di lavoro. E probabilmente la Apple ne continuerà a creare ancora malgrado la morte del suo “genio”, grazie alla sue ultime creature: l’ultimo modello di iPhone e la terza generazione dell’iPad che dovrebbe vedere la luce all’inizio del prossimo anno.